EXITO STYLE

Nella periferia polveriera di Guidonia. "Qui non c'è convivenza ora può scapparci il morto"

Viaggio tra i ragazzi dell’Albuccione, gli scontri quotidiani con i rom tra roghi e degrado “Quando c’erano i mejo, ‘ste cose non succedevano. Ma ora so’ morti di droga o in carcere”

“Guardi che alla guerriglia ti ci portano le istituzioni e, prima o poi, se nessuno ci ascolta qui ci scappa il morto. Garantito “. Davide, capelli corti e tatuaggi ovunque, è uno dei tanti ragazzi che abita nei palazzi – metà comunali metà dell’Inps – di via dell’Albuccione. Edifici gialli, scrostati, luridi, con le panchine azzoppate, roccaforte del quartiere di Guidonia considerato la periferia estrema “quella praticamente dimenticata dall’uomo e da Dio”, insiste Davide, sollevando le risa dei coetanei attorno a lui. Gli stessi che, martedì notte, hanno partecipato alla sassaiola contro i rom dell’insediamento censito, ma abusivo di fronte casa loro. “Noi già siamo considerati scarti, se qui ci mandano gli scarti di Roma (il riferimento è ai nomadi, ndr) finisce che tra poveri, lasciati soli, vince er più prepotente. È normale, è la legge della strada, dico bene?”. Dimenticati dal mondo. Così si sentono i ragazzi dell’Albuccione. Ed è in quel preciso istante in cui l’abbandono si fa sempre più insistente, costante, prolungato nel tempo che scatta la legge della strada, la giustizia fai da te, le regole capovolte. “È normale che per un pacchetto di sigarette, non dico una catenina d’oro, un pacchetto di sigarette, la sera quando vai a buttare l’immondizia ti devi trovare con un coltello sotto al collo messo da questi?”. “Questi” sono sempre i bosniaci e i rom che popolano l’insediamento di fronte, insistendo su un terreno della Asl a cui i residenti hanno scritto decine di lettere negli anni, L’ultima 8 mesi fa. “Lei capisce che è lo Stato che ci fa diventare razzisti? – dice Laura Meddi, una giovane donna dai lineamenti induriti dalla rabbia -. Io mi vergogno di essere italiana. Mi vergogno di vedere i miei figli giocare in un parco nuovo di zecca distrutto dagli “zingari”. Oppure vedere che il sedere dei bambini sporco viene lavato alle fontanelle dove noi beviamo. O respirare aria malsana perché ogni santa sera fanno i roghi, perché bruciano il rame. Ma si può vivere così e amare il prossimo? Si può vivere vedendo che nessuno ci protegge e per loro invece va tutto bene?”. Una guerra tra poveri dove la miseria, la sporcizia, lo spaccio e l’indifferenza sono i parametri quotidiani con cui l’Albuccione convive e si misura. “La vuole sapere la cosa che più mi fa schifo? – si infila nella conversazione Mario, un ventenne tutto muscoli e malcelata dolcezza – Stai tutto il giorno col nervoso e con la rabbia perché nessuno ti si fila. Se chiami polizia o carabinieri c’arrestano a noi magari pè ‘na canna. E questi che ci sfidano facendo come gli pare, girando ubriachi in macchina che a momenti due sere fa investono mi madre e mi sorella, niente: non gli succede mai niente. Allora sai che c’è? Che se un giorno mi prende il matto, perché io questa rabbia non me la posso tenere dentro per sempre, ne ammazzo uno e mi faccio il carcere. Ma almeno c’è uno stronzo in meno che viene a comandare qui, a fare il malandrino in casa mia. Italiano o straniero che sia, non fa differenza. La prepotenza non la sopporto”. Disperazione, rassegnazione e distacco dallo Stato. Perché la verità “è che te ce fanno diventà cattivo. Lo Stato te ce porta. Qui, quando c’erano i mejo, ‘ste cose non succedevano. Ma ora i mejo o sono morti  di droga o stanno in carcere”. I migliori, quelli che riuscivano con le regole della strada, a mantenere la barra dritta nel quartiere, sono i pregiudicati. L’Antistato che in quel pezzo di mondo a parte, ai margini di Guidonia e ai bordi di Roma, si faceva rispettare “magari con una coltellata “. Perché quando lo Stato non c’è è l’esempio negativo a diventare idolo e modello. All’Albuccione, suo malgrado, è diventato così.

POST A COMMENT