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Moody’s taglia il rating. L’Italia declassata a Baa3: “Il deficit aumenterà molto mentre l’economia non decollerà”

L’agenzia statunitense porta il giudizio a un solo passo dal livello “spazzatura” e mette sott’accusa la ricetta del governo Conte per il rilancio del Pil: “Programma di riforme non coerente”. Adesso aumentano le possibilità di una nostra uscita dall’euro. L’outlook del Paese resta stabile


ROMA – Moody’s taglia il rating dell’Italia a Baa3 (da Baa2) con outlook stabile. Mentre il nostro Paese fronteggia la bocciatura della manovra in sede comunitaria, l’agenzia statunitense chiude il suo check up sulla situazione italiana iniziato il 25 maggio, due mesi e mezzo dopo le elezioni. E lo fa con un verdetto severo che porta il giudizio a un passo dal livello “spazzatura”.

La decisione di Moody’s è legata a un “cambio concreto della strategia di bilancio, con un deficit significativamente più elevato” rispetto alle attese.  L’agenzia considera “strutturali” e “difficili da invertire” le nuove spese che l’esecutivo italiano mette in campo: in particolare, il reddito di cittadinanza, il rilancio dei centri dell’impiego e anche la riforma della legge Fornero sulle pensioni (“che mette a rischio, nel lungo periodo, la sostenibilità del sistema previdenziale”).

Queste tre misure, da sole, costeranno uno 0,8 per cento del Pil per ognuno dei prossimi tre anni. Mentre un altro 0,7 del Pil sarà “mangiato” dal mancato aumento dell’Iva. Infine peseranno – tra lo 0,2 per cento e lo 0,3 – gli investimenti pubblici in aumento.

Sotto accusa anche la ricetta che il governo mette in campo per rilanciare l’economia. Più in concreto manca “una coerente agenda di riforme per la crescita”, e questo implica il prosieguo di una “crescita debole nel medio termine”. E ancora: Palazzo Chigi non mette in campo un “programma di riforme organico” che possa spingere “la mediocre performance della crescita su base sostenuta”.

PALAZZO CHIGI: BOCCIATURA? TUTTO PREVISTO

Il pronostico dunque è che la crescita del Pil italiano possa conoscere un’impennata, ma effimera. Effetto di una politica fiscale “espansiva”. Ma subito dopo questa illusoria accelerazione, la crescita si attesterà su un mediocre più 1 per cento. Anche perché il Paese dovrà pagare tassi di interesse crescenti per il suo debito, anche in ragione del declassamento delle agenzie di rating.

I RATING DELLE PRINCIPALI NAZIONI

In questo scenario – tra più spese correnti e minore crescita economica – l’Italia rischia di confermare il debito pubblico al 130 per cento del Pil. Anzi: di aumentarlo tradendo le attese internazionali di una riduzione. E un debito così alto rende Roma molto più vulnerabile a possibili “schock esterni”.

Moody’s guarda con allarme alle tensioni che si sono scatenate tra il governo grillino-leghista e la Commissione europea a Bruxelles: le possibilità di un’uscita dell’Italia dall’euro sono al momento “molto basse”, ma potrebbero aumentare “se le tensioni fra Roma e le autorità europee” sulla manovra  “dovessero subire una ulteriore escalation”.

L'agenzia Ansa dà notizia del verdetto di Moody's

L’agenzia Ansa dà notizia del verdetto di Moody’s

Se Moody’s conferma l’ouulook è per i punti di forza dell’economia tricolore. In particolare, tra questi:
– un’economia molto ampia e diversificata;
– una solida posizione esterna con ingenti avanzi delle partite correnti;
– una posizione di investimento internazionale pressoché equilibrata.

Le famiglie italiane hanno peraltro un alto livello di ricchezza, un importante cuscinetto contro gli shock futuri e anche una potenziale fonte di finanziamento per il governo.

L’agenzia di rating riconosce che i piani del governo contengono anche elementi positivi. Il programma di investimenti pubblici può aiutare il Pil, a condizione che le procedure messe in campo accelerino per davvero i cantieri. Allo stesso modo, Moody’s crede che una riforma fiscale potrebbe creare nuovi posti di lavor. Attualmente l’Italia combina “elevate aliquote fiscali con una bassa raccolta di entrate (a causa di molte deduzioni ed esenzioni)”, e a causa che dell’evasione.

La “flat tax” è un passo in questa direzione. Tuttavia – come sottolineano il Fondo Monetario Internazionale, l’Ocse e  la stessa Confindustria – una riduzione delle imposte dirette d”eve essere compensata da aumenti di altre tasse, preferibilmente legate al consumo, in modo da essere considerate durature e credibili in un Paese fortemente indebitato come l’Italia”.

Mancano all’appello – denuncia ancora Moodys – riforme strutturali da troppo tempo attese come: 1) lo snellimento della pubblica amministrazione; 2) l’accelerazione dei processi in sede civile; il rilancio dell’Università.

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