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Mondo di Mezzo, atto secondo Buzzi e Carminati a sentenza


Sarà pronunciata oggi, nell’aula bunker di Rebibbia, la sentenza di Appello del maxi processo Mafia capitale. La camera di consiglio si riunirà per decidere in mattinata. E la decisione ruoterà tutta sui motivi per cui la procura di Roma ha deciso di rivolgersi ai giudici di secondo grado: la mafiosità o meno dell’associazione che fa capo all’ex Nar Massimo Carminati e al re delle cooperative rosse Salvatore Buzzi.

Come avvenuto in primo grado, la decisione dei giudici si giocherà tutta sull’articolo 416bis del codice penale: nel primo processo cadde perché, come si legge nelle motivazioni, l’applicazione letterale del 416bis non era possibile.

La procura generale, nella requisitoria del marzo scorso, ha chiesto condanne pesantissime con il riconoscimento della mafiosità per gli imputati a processo: 26 anni e mezzo nei confronti di Carminati e 25 anni e 9 mesi per Buzzi.

In primo grado i due furono condannati rispettivamente a 20 e a 19 anni di carcere per associazione a delinquere semplice e detenuti dal dicembre del 2014.
“Chiediamo che venga ripristinato il reato di associazione di stampo mafioso nelle forme pluriaggravate nelle quali viene contestato ” , aveva sottolineato il procuratore generale Antonio Sensale ai giudici della Corte d’Appello di Roma, al termine della requisitoria. “Riteniamo sussistente anche l’aggravante dell’articolo 7 ( metodo mafioso) per le estorsioni e gli episodi corruttivi contestati”, ha aggiunto il rappresentante della pubblica accusa.

“Carminati è un boss, così come lo chiamano i criminali nelle intercettazioni, riconoscendolo come capo e obbedendogli in virtù del potere criminale che gli riconoscono”. Aveva detto il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini. “I testimoni e le vittime delle intimidazioni, quando sono venuti in aula, hanno avuto paura a parlare ” , ha aggiunto il magistrato, sottolineando l’influenza di Carminati sul presunto sodalizio.

La pubblica accusa, di cui fa parte il pm Luca Tescaroli, che ha affiancato per tutto il processo d’appello i colleghi della procura generale, ha poi chiesto 24 anni per Riccardo Brugia, 18 anni per Matteo Calvio, 17 anni e mezzo per Paolo Di Ninno, 16 anni e 10 mesi per Agostino Gaglianone, 18 anni e mezzo per Luca Gramazio, 17 anni per Alessandra Garrone, 14 anni e mezzo per Franco Panzironi. Una richiesta complessiva di 430 anni di carcere per 43 imputati.

“Non si tratta di stabilire se a Roma c’e’ o no la mafia, ma se questa organizzazione criminale rientra nel 416 bis e se ha operato con il metodo mafioso – hanno specificato i magistrati che si riconosce dall’uso della violenza e dell’intimidazione, dall’acquisizione di attività economiche e dall’infiltrazione nella pubblica amministrazione”

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