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Mafia nel Lazio, minacce in aumento: “Amministratori denunciate”

Il report di Avviso pubblico: ” Roma e Latina sotto tiro, episodi cresciuti del 50 per cento”

di SALVATORE GIUFFRIDA

Altro che fenomeno nascosto e strisciante: la mafia nel Lazio c’è e si vede. Anzi, è in aumento. Soprattutto da Roma in giù. E dopo Mafia Capitale, i centri più esposti alle infiltrazioni mafiose sono le piccole e medie città di provincia intorno a Roma e Latina: Pomezia, Anzio, Nettuno, Formia, Ponza. È sufficiente dare uno sguardo a uno degli indicatori più utili a misurare la capacità dei clan di infilarsi nella gestione di appalti e nell’economia di un territorio: le intimidazioni e le minacce contro gli amministratori locali.

Nel 2018 ne sono stati censiti più di 35, ritenuti gravi e attendibili: dodici in più rispetto ai 24 del 2017. L’aumento, preoccupante, è di almeno il 50%. E nel 2019 non va meglio: sono almeno 4 le intimidazioni censite nei primi tre mesi dell’anno, oltre ad alcuni attentati a imprese balneari e legate ai rifiuti da Anzio a Pomezia. L’allarme arriva dall’associazione antimafia Avviso pubblico, che raccoglie 470 Comuni e 10 regioni impegnate nella protezione degli amministratori locali, spesso i più esposti alle infiltrazioni mafiose. Avviso pubblico presenterà venerdì il rapporto nazionale del 2018, ma lancia l’allarme: degli oltre 35 casi nel Lazio, 20 sono avvenuti in provincia di Roma e almeno 10 in quella di Latina.

Nel 2017 erano rispettivamente 17 e 3. In un solo anno i casi nella provincia pontina sono più che triplicati e Roma è entrata nella classifica delle prime cinque province a maggior rischio di infiltrazione mafiosa. Poco più di 5 i casi fra Rieti, Frosinone e Viterbo, a rischio sono soprattutto le città sulla costa e intorno alla capitale: le aree di Anzio, Nettuno o Formia sono molto più permeabili perché il controllo sugli amministratori è più frastagliato e le opportunità di business sono svariate, a partire da appalti, gestione dei rifiuti e del patrimonio, attività balneari, commercio e trasporti.

E bisogna anche capire chi è una vittima e chi un colluso. “Dai dati del rapporto emerge che la provincia di Roma è tra le più bersagliate d’Italia – spiega Roberto Montà, presidente di Avviso pubblico – Non è normale finire nel mirino di criminali, mafiosi e cittadini violenti. Tutti gli amministratori sotto tiro devono denunciare “. Ad agosto la consigliera comunale di Anzio, Lina Giannino, trova le ruote della sua macchina squarciate da chiodi; a settembre l’assessore all’urbanistica di Formia, Paolo Mazza, è vittima di una aggressione per le pressioni sul rilascio di una autorizzazione: minacciati anche il sindaco e altri consiglieri; il 17 ottobre l’ex segretaria del Comune di Anzio, Marina Inches, riceve una busta con un proiettile; il 20 novembre a Colleferro un uomo è arrestato a causa di pressioni e minacce sul sindaco; il 28 dicembre a Ponza l’esponente dell’opposizione Danilo D’Amico è colpito con calci e pugni nei pressi della sua abitazione.

La lista potrebbe continuare. Il clima di violenza non accenna a diminuire neanche nel 2019. Minacce ad Artena il 19 gennaio contro il sindaco, a Nettuno a febbraio contro un candidato, a Sutri contro il primo cittadino e il leader dell’opposizione Lillo Di Mauro. Per non citare i quattro camion andati a fuoco di una società impegnata nella raccolta dei rifiuti a Pomezia.

Emblematico su tutti il caso di Marina Inches. La busta a lei indirizzata con un proiettile e un biglietto con scritto “stai zitta” è stata intercettata dai carabinieri. Fino a poco fa Marina era il responsabile dell’anticorruzione dell’ente e ha segnalato atti irregolari in vari settori dell’amministrazione. Che ad Anzio, anche secondo le inchieste, è a dir poco opaca soprattutto negli appalti e sulla gestione del patrimonio: ristoranti, palestre, stabilimenti balneari. ” La minaccia era finalizzata a farmi andare via – spiega Inches – non so quali interessi ho toccato. Il problema è che ci si può imbattere in situazioni poco chiare anche inconsapevolmente. L’importante è denunciare. Lo Stato fa quel che può, ma non basta. Manca la tutela, la paura c’è e anche la percezione che queste cose succedano molto spesso”. Dopo quella lettera minatoria Marina è andata via da Anzio e non lavora più in quel comune.

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