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Mafia, blitz alla Sacra corona unita: 33 arresti. anche noti imprenditori

LECCE – Attività di narcotraffico e infiltrazione dei clan in alcuni settori economici del litorale di Gallipoli, in particolare quello ittico e del servizio di security presso i locali pubblici: è quanto avevano messo in campo i clan leccesi della organizzazione di tipo mafioso Sacra Corona Unita i cui presunti componenti – 33 in tutto – sono stati arrestati nella notte nel corso di un blitz del Ros. Si tratta di esponenti di due gruppi criminali federati al clan “Tornese” di Monteroni.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip su richiesta della procura distrettuale antimafia di Lecce, si contestano le accuse di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi e altri reati aggravati dal metodo mafioso. Tra le 33 persone raggiunte da ordinanze di custodia cautelare in carcere c’è anche un imprenditore di Gallipoli, Davide Quintana.
Gli investigatori hanno accertato che i due sodalizi criminali federati alla Scu facevano capo a due pregiudicati: uno a Vincenzo Rizzo, di 54 anni, operante nell’area di San Cesario, San Donato e Lequile, con influenza anche nel comune di Gallipoli, e l’altro a Saulle Politi, di 46 anni, attivo nei comuni di Monteroni, Arnesano, San Pietro in Lama, Carmiano, Leverano e Porto Cesareo.
Politi, in particolare, viene ritenuto dagli inquirenti personaggio di spessore della mafia salentina per via degli stretti contatti emersi con la cosca ‘ndranghetista’ “Mammoliti” di San Luca, in provincia di Reggio Calabria, la cui presenza gli investigatori dell’antimafia salentina, avrebbero documentato in occasione del suo matrimonio celebrato nel marzo 2016. I militari del Ros hanno arrestato Politi mentre era in vacanza con la famiglia sulla costiera amalfitana in un albergo di lusso.
I capitali provenienti dalle attività illecite sarebbero stati reinvestiti dall’organizzazione in attività imprenditoriali molto note nel tessuto economico locale, inerenti il servizio di security nei locali pubblici e stabilimenti balneari e soprattutto nella rivendita dei prodotti ittici.
Attraverso le sue due frange, il clan Tornese avrebbe quindi operato sinergicamente nel settore del narcotraffico attraverso un canale di approvvigionamento facente capo ad un gruppo di cittadini albanesi.
Il gruppo che faceva capo a Rizzo aveva interessi criminali nell’aria di Gallipoli attraverso la figura dell’imprenditore Davide Quintana, proprietario della “Ittica Gallipoli srl”, ritenuto il locale referente del clan Padovano. Quintana dovrà rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso. I proventi dell’attività di spaccio di stupefacenti messa in atto dalla rete che faceva riferimento a Quintana venivano in parte destinati – secondo quanto emerso dalle indagini – anche al sostentamento degli esponenti del sodalizio gallipolino detenuti.
Al gruppo facente capo a Rizzo vengono contestate anche una serie di estorsioni ai danni di attività commerciali di Lequile, San Donato e San Cesario di Lecce, mediante anche l’utilizzo di armi da fuoco. Nonostante i due gruppi criminali operassero in stretta sinergia tra loro, attraverso la presenza stabile sui rispettivi territori di competenza, l’inchiesta ha tuttavia documentato anche una fase di frizione tra i due clan per contrasti sorti in occasione dell’approvvigionamento di stupefacenti, connotata anche da attentati intimidatori.

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