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Ma anche voragini e tratti franati, vegetazione incolta e illuminazione inesistente in alcune zone.

Mappa del degrado dei percorsi dedicati alle due ruote della Capitale. La ciclabile (forse) più corta del mondo di Antonio Crispino.

e piste ciclabili a Roma sono lastricate di buone intenzioni. E’ dal 2010 che si fanno grandi annunci e si prevedono interventi radicali, tipo il «Piano quadro della ciclabili di Roma Capitale». A cui sono seguite modifiche, integrazioni e aggiornamenti per «l’inserimento sistematico e in via prioritaria delle infrastrutture per la ciclabilità nella programmazione ordinaria delle trasformazioni del territorio». A quel piano si rifanno sistematicamente tutte le amministrazioni, compresa quella a cinque stelle che nel manifesto per Roma Capitale auspicava, appunto, «i necessari adempimenti per dare concreta attuazione al Piano quadro della ciclabili di Roma». Lettera morta.

Milano-Roma: confronto umiliante sui numeri

Persino i dati riportati negli anni sono sempre gli stessi. Si cita l’esempio della città di Milano che negli ultimi dieci anni ha incrementato del 149% la ciclabilità delle strade con il 4,1% dei veicoli in accesso al centro rappresentato da biciclette. E poi il confronto umiliante con Roma: solo lo 0,4% degli spostamenti viene effettuato in bici. A Roma esistono cinquanta percorsi ciclabili, trentatré su strada e diciassette nel verde. Si va dai 32 km della dorsale Tevere agli appena 600 metri della Casal Palocco – Liguria. Ma percorrere in bici alcuni di questi tratti è davvero proibitivo. Li attraversiamo – casco in testa – con Fausto Bonafaccia, presidente di BiciRoma, una delle tante associazioni di ciclisti nella Capitale. Partiamo dalla Magliana facendoci spazio tra le erbacce che ormai invadono tutta la corsia. Nel tratto che collega la Magliana all’Eur si attraversa una grande discarica abusiva.

La discarica e i roghi tossici

Ci sono centinaia di frigoriferi e lavatrici, materiale di risulta e plastiche. Ci passiamo proprio mentre un gruppo di Rom sta incendiando i gas refrigeranti, altamente tossici. “Ci danno otto centesimi al chilo per smaltirli. Ci paga un italiano”, dice uno di loro. Poco distante, sul Lungotevere della Magliana, c’è una bici tutta dipinta di bianco appoggiata a un lampione. Ricorda Marco Artiaco, morto l’8 ottobre dell’anno scorso. La vegetazione incolta gli aveva impedito di notare che la pista ciclabile si interseca con via Pian due Torri. Terminò i suoi giorni a 47 anni investito da un furgone dei rifiuti. Ma la lista dei ciclisti falcidiati è davvero lunga.

Roma, la ciclabile più corta del mondo
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Gli incidenti mortali

Due anni fa sulla Cristoforo Colombo, Gianfilippo Milani, classe 1962 è stato investito da un autobus. Lo scorso aprile un altro ciclista di 65 anni è stato travolto da un Suv nei pressi di Corcolle. Domenico Bernardini, ex dirigente scolastico, è rimasto sull’asfalto dopo essere stato colpito da un autocarro mentre andava in bici in direzione Ostia. Solo per citarne alcuni. Mentre non si contano i feriti. In via del Cappellaccio, invece, si rischia l’intossicazione. E’ la strada obbligata per i ciclisti che vogliono passare dalla pista sul viadotto della Magliana alla via Ostiense. Le arcate del ponte sono annerite dall’ennesimo rogo. Brucia una distesa impressionante di rifiuti.

Il dormitorio sotto il ponte del II secolo a.C.

Nel punto in cui la pista ciclabile passa sotto la via Ostiense c’è un ponte del II secolo avanti Cristo. E’ ridotto a ricettacolo di immondizia e rifugio per i senza tetto. Proprio lì il Comune di Roma aveva montato delle telecamere di sorveglianza ad alta tecnologia. «Furono installate dieci anni fa. Proprio in questo punto fu aggredito un ciclista. Morì dopo un’agonia di cinquanta giorni in ospedale. Erano collegate con la sede della polizia Locale dell’Eur – ricorda Fausto Bonafaccia -. Ora non funzionano più ma anche quando funzionavano nel fine settimana le telecamere venivano disattivate perché la caserma dei vigili era chiusa e nessuno guardava le immagini». Sul Lungotevere alcuni ciclisti ci fanno notare la carcassa di una Vespa 50: «Non c’è illuminazione, le strade sono piene di buche, finisce che per scansare qualcuno cadi in acqua».

Scarsa illuminazione stradale

Dopo il tramonto è praticamente vietato il tratto di ciclabile che si trova nei pressi di piazza Casimiri, al quartiere Trieste. Nel sottopasso di via dei Prati Fiscali un gruppo di ciclisti ha rischiato la decapitazione. «Ci segnalarono che all’uscita del tunnel misero un filo metallico teso all’altezza della faccia. Fortunatamente se ne accorse in tempo», esclama Bonafaccia. Tra assenza di segnaletica, asfalto sbriciolato e ostacoli ogni cento metri (non a caso le biciclette montano pneumatici antiforatura) si arriva al ponte Salario. La pista ciclabile era stata riaperta appena un anno fa in seguito a una frana. Appena qualche settimana dopo la conclusione dei lavori il tratto è franato nuovamente lasciando una voragine lunga una trentina di metri.

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