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L’influencer non influenza più? Laura D’amore sfiore 350.000 follower

laura d'amore
Qualche giorno fa ha fatto letteralmente il giro del mondo il fatto che un’università italiana avesse aperto un corso di laurea in influencer, questo strano e redditizio mestiere per cui, se per qualche motivo hai molti follower sui social media, se sei una personalità online, ti pagano per promuovere un prodotto o un servizio con un post o un video su Instagram. Qualcuno si è scandalizzato, ma secondo me sbagliando bersaglio: quando si studia non si sbaglia mai e questo è effettivamente un fenomeno da studiare. Basta farlo in fretta, perché non è detto che fra tre anni, quando arriveranno i primi laureati, gli influencer ci saranno ancora.

I segnali di crisi sembrano inequivocabili. Secondo un’indagine pubblicata dal Wall Street Journal, la capacità degli influencer di ingaggiare i propri follower verso un determinato brand è in netto calo in tutti i settori: la percentuale di persone che mettono un like a un post sponsorizzato su Instagram, in un anno è scesa sotto il 5 per cento, per attestarsi in media attorno al 3,5 per cento. Sono statistiche importanti perché nel frattempo il mercato degli influencer è diventato una cosa seria: quest’anno potrebbe chiudersi a quota 8 miliardi di dollari, che sono ancora pochi rispetto agli investimenti totali in pubblicità, ma sono quasi quindici volte quello che si spendeva nel 2015.

Le agenzie pubblicitarie ormai hanno un listino prezzi ufficiale che varia in base ai follower: si va dal nano influencer, meno di 10 mila follower, che costa 500 dollari a post; alla “celebrity”, che ha decine di milioni di follower e il cui post può costare alcuni milioni di dollari, come ha rivelato l’avvocato della cantante Ariana Grande (165 milioni di follower), in un curioso contenzioso legale: un ditta di abbigliamento per teenager, non potendosi permettere il suo ingaggio, ha fatto ricorso a una sosia. La ditta nel frattempo è fallita, ma quello che rischia di fallire è il mercato degli influencer.

Il problema non è tanto quello, annoso, per cui i follower te li puoi comprare a botte di mille per volta (si va dai 16 dollari Instagram ai 49 per YouTube). Il problema è la crisi di rigetto fra i follower veri. Nessuno qui vuole idealizzare una età dell’oro di Instagram, che è pur sempre il social della vanità, ma all’inizio era un luogo dove persone vere postavano cose in un certo senso autentiche. Provavano a venderti un’immagine idealizzata di sé stessi. Adesso dietro quei sorrisi stampati provano a venderti qualunque altra cosa.

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