EXITO STYLE

L'ex terrorista Battisti fermato in Brasile: provava a fuggire in Bolivia

L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) bloccato dalla polizia stradale federale durante un controllo. I suoi legali presentano ricorso: “Non ci sono le motivazioni per la prigione”
RIO DE JANEIRO – Cesare Battisti è stato fermato dalla polizia brasiliana mentre cercava di fuggire in Bolivia. Il caso è diventato una priorità per la nostra sede diplomatica in Brasile. Già latore di una richiesta ufficiale da parte dell’allora primo ministro Matteo Renzi, l’ambasciatore Antonio Bernardini si è subito attivato per cercare di capire come e perché fosse stato arrestato l’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo), poi diventato un brillante scrittore di noir in Francia, condannato in contumacia a due ergastoli per omicidio e concorso in omicidio di quattro persone nei lontani anni ’80 del secolo scorso.
Fermato per un controllo casuale dalla polizia stradale (Pfr) lungo la grande arteria che porta verso la frontiera con la Bolivia, nello stato del sudovest di Mato Grosso do Sul, Battisti fornisce agli agenti i suoi documenti ufficiali. Ormai è un residente a tempo indeterminato in Brasile. Non gode più dello stato di “rifugiato politico” che gli era stato concesso nel 2010 dall’allora presidente Luiz Inàcio Lula da Silva. Una volta arrivata a Planalto, Dilma Rousseff aveva ceduto in parte alle pressioni italiane e pur confermando il no all’estradizione aveva depennato quella formula che le era sembrata eccessiva.
· IL FERMO ALLA FRONTIERA
Gli agenti sono sospettosi. Quella strada è battuta dai trafficanti di coca; c’è un flusso costante di auto e camion che fanno la spola tra la Bolivia e il Brasile portando carichi di neve non solo destinati al mercato interno ma diretti più a nord, verso gli Usa e a est verso l’Europa. Cosa ci fa quell’uomo, italiano, in un posto simile? Battisti non batte ciglio. Spiega che sta andando a pesca. In un fiume vicino. Conferma di voler restare in Brasile. Non ha alcuna intenzione di attraversare la frontiera. I poliziotti lo lasciando andare. Ma restano dubbiosi. Il nome di Battisti è famoso. Basta un controllo sul terminale per capire di chi si tratta. Lo seguono a distanza. Vedono che si dirige verso la frontiera. Ha chiaramente intenzione di andare in Bolivia. L’ex terrorista si presenta al posto di confine di Corumbá. Gli addetti alla frontiera chiedono nuovamente i documenti, lo invitano a scendere dall’auto, a dichiarare cosa sta trasportando, se ha dei contanti. Gli agenti della stradale hanno già avvertito i colleghi.
Battisti a questo punto è diventato un obiettivo. Ha la residenza in Brasile, vive a Rio Preto, vicino a San Paolo. Ha una moglie, una terza figlia: entrambe brasiliane. Ma è pur sempre un latitante. Per la giustizia italiana deve scontare l’ergastolo. Da almeno 15 anni c’è una battaglia per farlo estradare. Ma è anche vero che il Brasile lo ha già messo dentro per essere entrato nel paese con documenti falsi, che si è fatto 7 anni dietro le sbarre. Ufficialmente è pulito. Ha scontato la sua condanna e la domanda di estradizione è prescritta dal 2013.

Farlo andare in Bolivia sarebbe un brutto colpo per il governo Temer. Soprattutto adesso che l’Italia ha da poco depositato una nuova richiesta nella quale si chiede di rivedere la domanda di estradizione, accolta nel 2009 dal Tribunale Superiore Federale, la massima istanza giuridica del paese, ma poi negata da Lula proprio l’ultimo giorno del suo secondo mandato.
Battisti dice di non dover dichiarare nulla. La polizia federale, addetta al controllo delle frontiere, insiste. L’italiano ammette di avere del denaro. Lo tira fuori. Ha cinquemila dollari e 2 mila euro. In contanti. I poliziotti lo fermano. Fanno ulteriori controlli. Probabilmente chiamano i colleghi di San Paolo, si consultano con i superiori. Battisti, nel frattempo chiama i suoi avvocati. Dice loro che lo vogliono arrestare. Ammette di aver voluto andare in Bolivia. Un gesto avventato. Una chiara fuga.
Qualcuno lo ha consigliato male. Ma davanti alle voci, rilanciate dal quotidiano O Globo, che svelano la nuova richiesta di estradizione italiana, ha preferito prendere il largo. Il clima è cambiato, potrebbe essere rispedito a casa. Magari in Messico, dove aveva vissuto a lungo, a Puerto Escondito, prima di approdare in Brasile, o in Francia dove era rimasto per 20 anni protetto dalla dottrina Mitterrand, quella che consentiva alla galassia della lotta armata degli Anni 80 e 90 di godere di asilo, e dalla quale era fuggito quando l’arrivo di Chirac aveva cancellato quel beneficio.
LEGGI Brasile favorevole a richiesta italiana di rivedere lo status di rifugiato
Gli agenti lo accusano di esportazione illegale di valuta. Ma si sa che si tratta di un’accusa risibile. Per entrare o uscire dal Brasile si possono portare fino a 10 mila dollari. La cifra trovata addosso a Battisti è inferiore. L’ex terrorista e scrittore finisce comunque dentro. Nelle prossime ore ci sarà l’udienza di convalida e il suo destino sarà affidato alle mani del giudice di Corumbà.
· LE REAZIONI ITALIANE
La notizia finisce su tutti i siti. Non solo brasiliani. Dall’Italia arriva una pioggia di reazioni. Lo vogliono tutti. Da Renzi che lo definisce “un terrorista, un criminale” e ricorda che “più di un anno fa nel mio primo incontro con il presidente Temer, ho posto la questione a nome del governo italiano”. Per aggiungere: “Come cittadino e come segretario del PD chiedo a tutti di far sentire la nostra voce: non c’è alcun asilo politico possibile per Battisti”.

https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fmatteorenziufficiale%2Fposts%2F10155304760299915&width=500

Giorgia Meloni, dei Fratelli d’Italia, rincara la dose. “Ora l’Italia pretenda la sua immediata estradizione egli faccia scontare la sua pena fino all’ultimo giorno”. E su Facebook il leader del Movimento nazionale, Gianni Alemanno, scrive: “L’arresto di Battisti è una bellissima Notizia. Lo aspettiamo a braccia aperte in italia”.
· IL RICORSO DEGLI AVVOCATI
Gli avvocati della difesa si attivano. Fanno subito ricorso al Tribunale Superiore e chiedono un provvedimento urgente di scarcerazione. “Non ci sono i presupposti per l’arresto. Non vediamo nessuna possibilità di accogliere la richiesta di estradizione”.
La battaglia è solo iniziata. Ci sono i pareri favorevoli, sebbene informali, dei ministri della Giutizia, Torquato Jardim, e degli Esteri, Aloysio Nunes Ferreira. E quello tacito, ma importante, dello stesso presidente Temer. L’ultima parola spetterà a lui. E’ l’unico che può revocare la scelta di Lula e Rousseff. Bisognerà vedere se ha la voglia e la forza politica di farlo.

POST A COMMENT