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Le influencer del futuro per le aziende sono le atlete

Mancavano i numeri? Stanno arrivando. Lo ha dimostrato il tutto esaurito lo scorso week end all’Allianz Stadium per Juventus- Fiorentina, lo scontro al vertice della classifica del campionato di serie A femminile. 39mila spettatori allo stadio e in tv durante la messa in onda su Sky Sport Serie A e Sky Sport 1 sono stati registrati 342.628 spettatori medi, con il 2,68% di share e 1.033.546 spettatori unici di cui 159 mila solamente durante il pre partita.

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Ma non si tratta solo del calcio. In ottobre per la diretta della finale dei mondiali di volley su Rai due si erano sintonizzati 6,3 milioni di telespettatori per un vertiginoso share del 36,1%. A sostenere le atlete di Davide Mazzanti sul finale di partita i telespettatori erano addirittura 8 milioni col 43,1% di share. Per avere un parametro di misura basti pensare che il match della squadra maschile più visto era stato era stato Italia-Serbia con i suoi 3milioni 261mila 199 spettatori.

Dati confermati anche da una ricerca Nielsen su un panel europeo. Fra gli intervistati quasi 7 persone su 10 dicono di essere interessate ad almeno uno sport al femminile e l’84% di coloro che sono fan sportivi lo sono anche delle atlete. Il record mondiale degli spettatori per una partita di club è stato aggiornato da poco: Atletico MAdrid – Barcellona a inizio marzo ha registrato 60.739 spettatori. Mentre a livello di nazionale il record è ancora quello registrato per i Mondiali del 1999 nella partita Stati Uniti-Cina (terminata 5-4 ai rigori) al Rose Bowl stadio con 90.185 spettatori.

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I numeri, quindi, non mancano. Ma non finisce qui, perché i potenziali sono molto più alti. Per Nielsen la popolazione di potenziali fan del calcio al femminile, ad esempio, conta ben 105 milioni di spettatori in otto Paesi presi in considerazione dalla ricerca, con gli Stati Uniti naturalmente in testa.

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“”Lo sport femminile era nato con l’intento sociale di aumentare la partecipazione delle donne alle attività sportive. Nel momento in cui questo movimento ha preso un suo abbrivio, si sono create opportunità di maturazione delle attività sportive e allo stesso tempo opportunità commerciali” commenta Marco Nazzari, managing director Europe Nielsen Sport, che prosegue: “Se si prende ad esempio il calcio, le squadre al femminile stanno generando opportunità alternative di sponsorizzazione e i club lo hanno intuito. Per questo motivo si inizia a puntare sulle squadre al femminile e a valorizzarle come nell’ultima occasione della partita Juventus-Fiorentina”. Un test importante saranno i prossimi mondiali di Francia secondo Nazzari: “Molte delle competizioni femminili stanno crescendo a doppia cifra in termini di notorietà. Un test sarà il mondiale femminile in Francia, ma dai commenti che si raccolgono in ambienti vicini al calcio e dal crescente interesse dello sport marketing per l’evento, credo sarà un’occasione di rilevanza notevole”.

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Non solo calcio, però, per le aziende in cerca di sponsorship nello sport. L’attenzione è diversificata in diverse discipline ed è soprattutto crescente. se nel 2013, infatti, sul totale delle sponsorship dei team e delle federazioni solo il 7% andava agli sport al femminile, ora quella quota è arrivata al 19%, con una crescita nel periodo del 37% dei deal e del 49% degli ammontari, secondo le rilevazioni Nielsen.

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Di pari passo con la notorietà degli sport al femminile, è in continua crescita anche la notorietà delle singole atlete. “La riconoscibilità deriva dai risultati sportivi. Certo al momento sono privilegiate le atlete di sport tradizionalmente praticati da entrambi i sessi come tennis e nuoto, perché c’è già una forte notorietà della componente femminile. Negli sport tradizionalmente maschili, la componente femminile sta iniziando ora ad affermarsi” spiega Nazzari, che prosegue: “La notorietà, intesa come riconoscibilità, è una cosa e l’essere influencer, invece, è un’altra. Per questa seconda non bastano i risultati sportivi. Se un’atleta vuole essere credibile, soprattutto con le nuove generazioni, deve dimostrare coerenza fra quello che comunica e quello che è e che fa. Non si può essere presenti sui social solo in occasione degli eventi sportivi, lo si deve essere anche con la propria vita e questo espone naturalmente a critiche senza filtri se si dimostra incoerenza”.

La differenza fra notorietà e capacità di essere influencer è ben rappresentata da Serena Williams. “E’ la più nota, ma anche molto controversa e non ha caratteristiche comunicative particolari. Non corrisponde, quindi, al profilo di un’influencer” commenta Nazzari, aggiungendo: “In Italia possiamo considerare influencer Federica Pellegrini (933mila followers su Instagram), Bebe Vio (699mila) o Valentina Vignali (2,1 milioni). D’altro canto, invece, Carolina Kostner è la seconda atleta italiana più nota ma in termini di capacità di essere influencer ci sono altre atlete più interessanti ”

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La scelta di un’influencer prende in esame diverse componenti: “accanto a dati meramente quantitativi, come numero followers, engagement, capacità di generare reach, le aziende guardano alla capacità delle atlete di essere in linea con i loro target di mercato e con i loro valori aziendali. Diventa importante, quindi, quali valori esprimi, come ti comporti nella vita, quali sono le opportunità e i rischi a cui il brand si espone con te” sottolinea Nazzari, aggiungendo: “In generale da una nostra analisi emerge come le atlete, rispetto ai colleghi, risultino essere più “inspiring”, “progressive”,”clean” e “family oriented”, mentre risultano molto meno “money driven”. Certo alcune di queste caratteristiche vengono influenzate dal fatto che lo sport femminile, in alcune discipline, non ha ancora raggiunto il medesimo livello professionistico di quello maschile e quindi viene percepito come meno competitivo e meno retribuito. Le Atlete femminili sembra percò rappresentare un migliore esempio per il pubblico rispetto a molti dei colleghi uomini”.

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