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La tutela dell’ambiente è un diritto costituzionale: cosa cambia adesso?

La tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità è oggi inclusa nella Costituzione italiana. La riforma è stata approvata lo scorso 8 febbraio dalla Camera dei Deputati dopo che alcuni mesi prima, il 3 novembre, anche i senatori si erano espressi favorevolmente. Una novità che segna un passaggio storico ed evidenzia come l’attenzione non soltanto dei cittadini, ma anche della politica sia oggi rivolta con decisione al futuro del Pianeta.

Cosa cambia con questa riforma? Ne abbiamo parlato insieme a Ivan Manzo, membro del Segretariato di ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile.

Tutela dell’ambiente in Costituzione: cosa cambia?

La riforma costituzionale ha portato alla modifica di due articoli. In particolare, l’Articolo 9 che già includeva la tutela del patrimonio paesaggistico, storico e artistico, ora prevede anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, mentre l’Articolo 41 che oggi recita: “L’iniziativa economica privata (…) non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente” e che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

Tanti gli elementi interessanti di questa riforma, in primo luogo il riconoscimento di una dignità autonoma all’ambiente circostante che non viene considerato solo dal punto di vista umano ma in sé. L’ecosistema, infatti, deve oggi secondo la Costituzione essere tutelato in quanto tale, non come risorsa. Si tratta di una differenza sostanziale rispetto al passato, confermato anche dall’evoluzione delle sentenze della Corte Costituzionale.

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Negli anni Settanta e Ottanta, infatti, l’ambiente era tutelato perché considerato “strumento dell’uomo” oppure semplice “materia”. Tuttavia a partire dalla decisione n. 67/1992 e soprattutto con due sentenze del 2016 e del 2018, l’ambiente stesso viene definito come “valore costituzionalmente protetto”. La riforma costituzionale va ad affermare questo cambiamento e a inserirlo nella principale legge dello Stato.

Sono molte le questioni che, alla luce della nuova Costituzione, potranno essere affrontate o riaperte: ad esempio, i processi legati all’inquinamento industriale, l’impiego di animali in condizioni di sofferenza e quindi la tematica del benessere animale, l’accoglienza dei rifugiati per questioni climatiche.

Una riforma storica: il punto di vista dell’ASviS

L’Italia non è il primo Paese a mutare il paradigma relativo alla tutela dell’ambiente, che è protetto dalla Costituzione anche in Finlandia, Belgio, Grecia, Portogallo, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Francia. Tuttavia, è un importante segno di impegno che conduce verso uno sviluppo più green, come ci spiega Ivan Manzo dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile.

La notizia è passata quasi sotto silenzio, ma questa riforma costituzionale segna alcuni cambiamenti di grande rilevanza: come li avete accolti in quanto ASviS?

I.M:: “L’Alleanza ha accolto con grande soddisfazione l’introduzione nella Costituzione Italiana dei principi fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente e la tutela delle future generazioni. Un atto non solo dal grande valore simbolico, ma che rappresenta un cambiamento fondamentale che ci spinge verso l’orizzonte della sostenibilità indicato dall’Agenda 2030. La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi sono ora diritti costituzionali, principi chiave con cui si garantisce il benessere dei cittadini di oggi e delle future generazioni.

Purtroppo la notizia, come lei sottolinea, ha avuto poco risalto mediatico, sia perché non è stata motivo di scontro tra le forze politiche, vista l’ampia maggioranza che ha approvato la modifica, sia perché ne è stata sottovalutata la reale portata per il benessere dei cittadini. Anche per questo motivo, come ASviS stiamo realizzando un’ampia azione di sensibilizzazione culturale su questi temi.”

sementi biologiche

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Come ASviS avete avuto un ruolo attivo nel processo che ha portato a questa riforma. Qual è stata la strada che ha portato all’approvazione?

I.M.: “Fin dalla nascita, sei anni fa, l’ASviS ha avviato un dialogo costante e trasversale con le forze politiche affinché il concetto di sviluppo sostenibile venisse incluso nella Costituzione italiana. Un iter lungo che abbiamo seguito con attenzione. Insieme alla pressione esercitata dalle associazioni coinvolte, la nostra azione è stata determinante, visto che ha aiutato il Parlamento a trovare un punto di condivisione sfociato nel testo approvato.

Questo percorso dimostra quanto sia determinante la corrispondenza tra partecipazione attiva e avanzamenti istituzionali. È una vittoria per la democrazia.”

Una volta inserite queste forme di tutela in Costituzione, principale fonte normativa del Paese, che impatto si immagina possa avere sulle imprese e, in particolare, su quelle del settore agroalimentare?

I.M: “Con la modifica costituzionale viene messo nero su bianco che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all’ambiente. Inoltre viene specificato che l’attività economica, pubblica e privata, debba essere indirizzata a fini di tipo sociale e ambientale. Viene dunque sancito che non bisogna recare danni significativi all’ambiente.

È una considerazione che interessa tra l’altro l’agricoltura. Un settore che, nonostante alcuni positivi segnali di cambiamento, emette grandi quantità di CO2 e ha ancora ampi margini di miglioramento rispetto all’uso di fertilizzanti e pesticidi. L’inserimento di questi principi può guidare le strategie aziendali, che devono guardare sempre di più allo sviluppo sostenibile come approccio per creare nuovi modelli di produzione e consumo. Di fianco a ‘nuove’ imprese, per essere virtuosi, servono poi anche nuove leggi, nuove regole, e azioni – collettive e individuali – coerenti con la carta costituzionale.”

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Che ruolo auspicate possa avere l’agricoltura che, da un lato, vede tutelata la sua azione di presidio dei territori e, dall’altro, è chiamata a incentivare programmi di sviluppo sostenibile?

I.M.: “Le imprese agroalimentari, come detto, hanno un enorme potenziale per ridurre il proprio impatto. Se per esempio parliamo di sprechi, l’ottimizzazione della filiera agricola potrebbe consentire grandi risparmi di acqua, una risorsa sempre più preziosa visto l’aumento delle temperature e della siccità.

La custodia dei territori e lo sviluppo sostenibile devono andare di pari passo, cogliendo le opportunità e le tante soluzioni che abbiamo a disposizione. Prendiamo il caso dell’agri-fotovoltaico, una tecnologia innovativa che permette di combinare l’agricoltura alla produzione di energia rinnovabile. Una pratica in grado di consentire lo scambio di energia tra impresa e comunità riuscendo a centrare diversi obiettivi. Di tipo ambientale, visto l’abbattimento delle emissioni climalteranti. Di natura economica, vista la riduzione della bolletta energetica. Senza dimenticare quello, di cui si sente parlare poco, legato al tema della democrazia e della partecipazione. La condivisione di queste pratiche, infatti, consente la decentralizzazione dell’attuale modello energetico e consegna le ‘chiavi dell’energia’ in mano alle imprese e alle comunità.

Non dimentichiamo poi che la condivisione è sinonimo di presidio e di tutela del territorio. Le soluzioni sostenibili insomma ci sono, dobbiamo metterle in pratica anche in ‘campo’ agricolo.”

Sapevate che la Costituzione tutela l’ambiente?

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