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La politica cede il posto alla tecnica

Mattarella ha calato il suo asso. Mario Draghi è il gigante che si erge davanti a una classe politica minuscola, indegna, forse, anche di incontrarlo in questi giorni di consultazioni. Certo che, mentre da una parte c’è chi esulta per la chiamata dell’italiano più autorevole nel mondo e dall’altra c’è chi urla al complotto dei poteri forti, una riflessione andrebbe fatta su quanto sta accadendo in questi giorni.

Stiamo assistendo al fallimento della nostra classe dirigente che, ancora una volta, si dimostra impreparata ad assumersi le responsabilità, o di governare o di chiedere nuove elezioni.

Chiariamo subito un punto. Mario Draghi è quanto di meglio il panorama nazionale – ed internazionale – può offrire al nostro Paese. Quello che fa male, però, è la motivazione per cui sia stato chiamato dal Presidente Mattarella.

Facendo un piccolo passo indietro, fin dal 2018 abbiamo assistito a quanto di più imbarazzante il Parlamento – trasformato in circo – potesse offrire. Maggioranze improbabili, crisi di governo, scissioni, e ancora crisi.

Uno scenario avvilente che avrà, sicuramente, contribuito a far riflettere il Presidente Mattarella nella sua scelta di commissariare la politica in favore della tecnica.

I partiti, con i loro leader, hanno dimostrato di anteporre l’interesse particolare a quello generale del Paese e tutto questo, nell’anno della vaccinazione, della presidenza del G20 e del recovery plan non è più possibile.

In molti hanno detto, commentando queste giornate, che con Draghi “torna la competenza”. Un’espressione che fa rabbrividire. La competenza dovrebbe essere un requisito minimo per governare un Paese. Non è un discorso accettabile quello della competenza ma mi rendo conto, con rammarico, che, di questi tempi, di uomini capaci, in politica ce ne sono ben pochi.

E allora ci si affida a Mario Draghi, consci che quello che sta avvenendo è una implosione della politica e una degenerazione della democrazia.

Sarebbe stato molto più giusto un governo Draghi figlio di una maggioranza politica, generata dopo legittime elezione. Ma questo è solo l’auspicio, nulla più, di chi crede che in questa malconcia democrazia qualcosa possa essere ancora salvato.

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