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‘La paranza’ di Saviano emoziona Berlino: “Per quei ragazzi la vita è un videogame in cui non si vince mai”

Calda accoglienza per l’unico film italiano in concorso. Un romanzo di formazione che racconta l’ascesa di un gruppo di adolescenti nel mondo della camorra. “La loro aspettativa di vita è come quella del Medioevo, 24 anni”dalla nostra inviata ARIANNA FINOS

Alla Berlinale sbarcano i ragazzini della Paranza. Eccolo, unico italiano in concorso, La paranza dei bambini tratto dal libro di Roberto Saviano che firma la sceneggiatura con Maurizio Braucci e il regista Claudio Giovannesi. Nella città tedesca sono arrivati anche gli otto giovanissimi interpreti del film – titolo internazionale Piranhas – che racconta la parabola di un gruppo di adolescenti che si prende armi in pugno soldi, vestiti, potere, nel napoletano Rione Sanità. Applausi in sala alla proiezione, calda l’accoglienza nella sala stampa affollata dalla stampa internazionale al regista, agli sceneggiatori e soprattutto ai giovani interpreti che stasera saranno sul tappeto rosso ma già ieri sera hanno festeggiato in un ristorante italiano, di persona sembrano ancor più ragazzini che sullo schermo, affiatati come una banda di fratelli. Il film, da domani in sala in Italia con Vision, è davvero il benvenuto alla rassegna tedesca che negli ultimi anni ha dimostrato sempre di apprezzare lo sguardo sulla realtà del nostro cinema a partire dai premi ai Taviani nel 2012 con Cesare deve morire e nel 2016 a Gianfranco Rosi con Fuocoammare.

Berlinale, Saviano: “I ragazzi della ‘Paranza’ amano molto ma perdono tutto”

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Ma all’incontro internazionale non si è parlato solo di cinema. Un giornalista austriaco ha fatto una domanda a Saviano sulla revoca della sua scorta e la risposta dello scrittore, che nei prossimi giorni sarà protagonista alla Berlinale di una masterclass: “Non dipende da me. Bisogna capire cosa sta succedendo in Italia. È una cosa molto grave, è stata tolta ad un altro giornalista, Sandro Ruotolo, grazie però all’impegno mio e di altri è stata rimessa. La situazione politica è seria. Al di là della questione sulla mia sicurezza la scorta non è un privilegio, è un dramma. Ci sono decine di giornalisti sotto protezione e sono stati uccisi due giornalisti in Europa. Il mio punto di vista resta sereno, continuerò a raccontare e non mi farò intimidire da queste minacce che il ministro dell’interno sistematicamente fa. E penso che ci dovrebbe esser un’attenzione politica rispetto al fatto che Salvini è l’unico politico in occidente che indossa la divisa della polizia non solo in occasioni pubbliche, cosa che rappresenta un’aggressione alla democrazia”.

Dal libro al film, con fragilità. A Giovannesi tocca spiegare il lavoro fatto sulla trasposizione. “Fin dal primo incontro con Roberto e Braucci abbia cercato di individuare il tema preciso che guidasse la scrittura e la messa in scena: abbiamo dato fragilità ai personaggi per concentrarci sulla loro vita emotiva. Sono ragazzi che dall’incoscienza del gioco arrivano alla guerra, rinunciando alla loro adolescenza. Questo criterio ci ha guidato sempre, a partire dalla scelta degli attori fino alla fine della lavorazione. L’altro elemento importante era trovare la misura nel raffigurare la violenza, che nel libro è mediata dalle parole. Lavorando con le immagini l’idea era di non essere ricattatori ed esibizionisti, non ci interessava la violenza come spettacolo, fine a se stessa. Doveva essere in funzione del tema”.

Nel Rione Sanità di Napoli sul set de ‘La paranza dei bambini’

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Scelta condivisa da Saviano: “Questo film non è solo il racconto di una generazione criminale, ma di una generazione. Cosa conta oggi: follower denaro, aspetto fisico. L’idea che chi crede che possa esistere altro o ha i soldi o è fesso. E i ragazzini di periferia – la Napoli centro del Rione Sanità è un mondo ancora popolare – hanno desideri e volontà che non sono quelli da ghetto, sono gli stessi di ragazzi milanesi, francesi, berlinesi. La differenza è che questi ragazzi hanno come lampada di Aladino la pistola, a cui chiedere e da cui ottenere qualunque cosa, anche se poi il gioco si trasforma in dramma e guerra”. Rispetto a quando ha scritto il libro, Napoli non è cambiata, spiega lo scrittore: “La situazione è peggiorata, la camorra chiede il pizzo ovunque, le organizzazioni si riprendono i territori. C’è una responsabilità nazionale ed europea, il Sud è staccato da qualunque progettualità e l’emigrazione è l’unica risposta che le giovani generazioni possono avere”.

‘La paranza dei bambini’, al Festival di Berlino la guerra degli adolescenti di Napoli

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Non un baby Gomorra. Giovannesi spiega la preoccupazione di “non fare l’ennesima Gomorra, uno spin off, un Gomorra Junior. Non volevamo replicare un modello che esiste già. Gomorra, la serie, è cinema noir, la violenza è in funzione del genere, noi invece raccontiamo l’adolescenza di chi fa una scelta criminale. E non è un film su Napoli. Qui non siamo a Scampia, ma nei quartieri raccontati da Eduardo e De Sica, ma l’idea era di allontanarci dalla cronaca, da un punto di vista sociologico e o di denuncia, che personalmente trovo inutile. Noi volevamo raccontare il presente, i desideri dei consumi che ci sono nelle metropoliti di tutto il mondo, l’illusione di poter agire in giustizia, di fare il bene attraverso il male”.

‘La paranza dei bambini’ – Il backstage in anteprima

La scalata al cielo. “I ragazzi sono euforici – se si vuole parlare di euforia del crimine – nella consapevolezza di scalare il cielo attraverso le loro scelte. La pistola per poter spendere 500 euro a sera in un locale, prenderti le scarpe, i vestiti”, racconta Saviano. “Il racconto del crimine, al cinema e nelle serie, permette di spogliare le mediazioni che esistono nella vita quotidiana. Il crimine ti fa comprendere dinamiche che affronti nella realtà di tutti i giorni, anche fuori dal contesto criminale, che si riassume nell’essere fottuti o fottitori. Giovannesi nel film consegna grazia a questi ragazzini che sono innocenti. So che è scivoloso parlare di criminali innocenti, ma nella realtà ci sono quindicenni che hanno sparato e ammazzato e un ragazzino di dieci anni in quel contesto sente che può crescere prendendo la pistola. Questi ragazzi hanno talento nel gestire migliaia di euro, e con i soldi riescono a ottenere quel che vogliono, la felicità di una casa, una Playstation, l’illusione di vivere nel paese dei balocchi: vivono completamente e poi muoiono subito, in questo senso si può parlare di euforia del crimine. È come giocare con un videogame, dal quale però non puoi più tornare indietro”.

'La paranza' di Saviano emoziona Berlino: "Per quei ragazzi la vita è un videogame in cui non si vince mai"

Angeli con la pistola. Per trovare i giovani protagonisti del film ci sono volute 4mila audizioni. Il protagonista Francesco Di Napoli, faccia bellissima e innocente, al primo provino neanche si era presentato. “Di solito non succede che la produzione ti viene a cercare, sei tu che vai. Loro hanno visto delle mie foto sul cellulare di mio cugino e sono venuti da me al lavoro. Io non pensavo che fosse una cosa seria, non te lo immagini. Così la prima volta non mi sono presentato, la seconda mi sono venuti a prendere. Ma solo dopo gli otto mesi di prova quando siamo andati a Cinecittà ho capito che era tutto vero”. Il regista Giovannesi racconta le difficoltà del casting: “Il protagonista doveva avere tre caratteristiche che abbiamo trovato solo in Francesco. L’innocenza del volto, che è l’aspetto meno realistico del film, i volti dei veri boss sono diversi dal suo. Noi volevamo che l’innocenza interiore fosse riflessa nel volto. Poi la conoscenza diretta delle tematiche del film, che solo chi come lui viene da quei quartieri conosce. E poi la capacità innata di portare la verità dei sentimenti in scena”. Francesco conosce, nel suo quartiere, chi ha scelto di lavorare nel sistema “dipende dalla mentalità che tu hai. Io avevo la possibilità di fare quella vita, ma ho scelto di andare a lavorare. Io li definisco stupidi, loro pensano che lo siamo noi. Funziona così, a Napoli”, dice il giovanissimo attore, che ha come piano B di diventare pasticcere e ha comprato la casa alla sua famiglia.

Senza padri. Saviano: “Abbiamo deciso di tenere i genitori lontani dalla storia per un motivo. Se oggi ai 40enni toglie la possibilità di uno stipendio, sostenere un mutuo, progettare una vacanza togli loro autorevolezza verso i figli. Ecco l’ambiguità dei genitori verso i paranzini: sanno che da quello status arriverà la possibilità di avere il mutuo dalla banca, e cedono loro la stanza grande, quella che è riservata al capofamiglia. Tutto questo arriva dritto dalle intercettazioni delle indagini sui paranzini. Questi dettagli di cronaca ci hanno aiutato a restituire la verità del racconto”. L’assenza dei padri, rimanda per Giovannesi quella di ogni tipo di figura guida, istituzioni comprese. E infatti i ragazzini-attori che spiegano perché loro hanno detto no al crimine insistono sul fatto che la scelta e la responsabilità spetta gli stessi ragazzi. “Questo perché abbiamo tolto loro persino la speranza, il pensiero che le istituzioni debbano far fronte alla assenza totale di possibilità dei ragazzi”. L’alternativa di cui parlano i ragazzi è il sogno, sogni piccoli come aprire un negozio di barbiere, fare il pasticcere, che sono comunque la visione di un futuro “che non esiste per i ragazzini criminali. Per la prima volta con la paranza ragazzini sono entrati ai vertici delle organizzazioni criminali, ma la loro aspettativa di vita è pari a quella di un uomo del Medioevo. Muoiono entro i ventiquattro anni”.

fonte:repubblica.it

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