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“La Cina spia Apple e Amazon con un chip”. Ma i big tech negano

Secondo un report pubblicato da Bloomberg, sarebbero 30 le aziende infiltrate attraverso un componente infetto installato nei server. La replica: “Non ci risulta”


“LA CINA ha usato piccolissimi chip per infiltrarsi nelle società tecnologiche americane, incluse Apple e Amazon”. Così scrive Bloomberg BusinessWeekcitando alcune fonti, secondo le quali grazie ai chip le spie cinesi sono riuscite a raggiungere circa 30 aziende americane. I chip sarebbero stati inserititi nelle schede madre durante il processo di produzione da esponenti dell’Esercito di liberazione nazionale cinese. Grazie ai chip, gli hacker avrebbero avuto accesso a tutte le operazioni dei server con la possibilità di rubare dati e alterare le attività. L’attacco, stando alla ricostruzione, sarebbe stato scoperto nel 2015 sia da Apple – che l’avrebbe segnalata all’intelligence americana – che da Amazon.


•APPLE E SUPERMICRO: LA ROTTURA
In quel momento si stima ci fossero 7.000 server con schede Supermicro nella rete della Mela. Poco più di un anno dopo, Apple ha rotto i rapporti con il suo fornitore. Un attacco che si basa sull’hardware è più difficile da rilevare, potenzialmente più durevole e non riparabile con un semplice aggiornamento. Pechino si sarebbe introdotta nell’anello della filiera meno salvaguardato ma allo stesso tempo più ampio: dalla Cina, infatti, passa l’assemblaggio del 75% dei telefoni cellulari e del 90% dei pc.

Un attacco come questo – riporta Bloomberg – “è qualcosa di più grave rispetto agli incidenti di software al quale il mondo è sempre più abituato. Attacchi all’hardware sono infatti più difficili da fermare e potenzialmente più devastanti” perché un accesso di lungo termine per cui le agenzie di spie sono disposte a investire milioni di dollari e molti anni.

•I TESTIMONI DELLA MANIPOLAZIONE
Apple e Amazon Web Services però smentiscono seccamente le indiscrezioni di Bloomberg. “Apple non ha mai rinvenuto chip maligni o manipolazioni dell’hardware nei suoi server. Apple non ha mai contatto l’Fbi o altre agenzie riguardo simili incidenti. Non siamo a conoscenza di nessuna indagine dell’Fbi”, affermano da Cupertino. Stessa reazione del colosso dell’ecommerce: “Amazon non ha rinvenuto alcuna prova che sostenga la presenza di chip maligni o modifiche dell’hardware”.

Alle smentite, Bloomberg risponde affermando che “17 persone” hanno confermato la manipolazione dell’hardware. Un funzionario del governo e due interni di Amazon sono le fonti ad aver indicato il coinvolgimento del gruppo. L’accusa ad Apple sarebbe invece suffragata da sei funzionari e tre collaboratori di Cupertino.

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