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La bufera che ha investito Alan Friedman per l’insulto a Melania Trump in diretta tv

AGI – È bufera sulle parole pronunciate ieri da Alan Friedman, nel giorno del giuramento del nuovo presidente americano Joe Biden, durante la trasmissione di Rai Uno ‘Uno Mattina’, con cui il giornalista ha definito ‘escort’ la moglie del presidente uscente Melania Trump, per poi correggersi un attimo dopo con il termine “moglie”.

La condanna da parte della politica è unanime e bipartisan. E i conduttori della trasmissione, in una nota, si dissociano e stigmatizzano: “Nella puntata di Uno Mattina di mercoledi’ 20 gennaio, il giornalista Alan Friedman (…) si è lasciato sfuggire un’affermazione sessista nei confronti di Melania Trump apostrofandola come una escort. Di fronte a questa affermazione a dir poco improvvida la conduttrice del programma, la giornalista Monica Giandotti, ha stigmatizzato l’affermazione di Friedman dicendo che la sua era un’affermazione molto forte e grave”.

Nella puntata odierna della trasmissione, riporta ancora la nota, i due conduttori Monica Giandotti e Marco Frittella hanno ulteriormente preso le distanze: “Ieri in questi studi si è verificato uno spiacevole incidente, un ospite in collegamento ha rivolto un insulto sessista ad una donna. Durante la diretta abbiamo sollevato il nostro disappunto e sottolineato l’accaduto. E vogliamo oggi ribadire che Uno Mattina è il frutto del lavoro di una squadra il cui obiettivo è informare nel rispetto di tutte le opinioni, degli ospiti e del pubblico che ci segue da casa”.

Nel mirino delle critiche, però, oltre a Friedman finiscono anche gli stessi conduttori: “C’è un dovere alla serietà, al rispetto e alla responsabilità che va esercitato sempre. Le risatine dei conduttori presenti in studio Giandotti e Frittella hanno rappresentato un’ulteriore offesa non solo alla signora Trump ma anche a tutti i telespettatori e telespettatrici, non solo donne. Se la direzione di Rai Uno pensa che sia sufficiente una nota, evidentemente non ha chiara la gravità dell’episodio. Per restituire dignità e autorevolezza all’informazione targata Rai servono scelte concrete, provvedimenti precisi”, afferma Valeria Fedeli, capogruppo Pd in commissione di Vigilanza Rai.

Intanto il direttore di RaiUno, Stefano Coletta, sarà ascoltato dalla commissione di Vigilanza Rai. L’audizione, che era già in agenda, è stata anticipata su richiesta dell’opposizione dopo il ‘caso’ Friedman.

“Surreale che nessuna paladina del femminismo sia intervenuta. Cosa sarebbe accaduto se a essere definita così fosse stata un’esponente di sinistra?”, chiede su Twitter Giorgia Meloni. “Lascia allibiti che sul canale principale del servizio pubblico si consenta la gratuita umiliazione di una donna, ma ancor più raccapricciante e’ il silenzio dei conduttori e degli altri ospiti anziché la pretesa di immediate scuse e la censura in diretta”, dichiarano i senatori della Lega in commissione d’inchiesta sul Femminicidio Marzia Casolati, Gianfranco Rufa e Pietro Pisani.

Forza Italia, con Alessandra Gallone, componente della commissione di Vigilanza Rai, annuncia: “Presenterò immediatamente un’interrogazione in commissione di Vigilanza Rai chiedendo chiarimenti al riguardo”. Il renziano Michele Anzaldi si rivolge ai vertici dell’azienda: “Perché l’ad Salini e il direttore Coletta continuano a non dire nulla?”. Per Isabella Rauti, componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, è “gravissimo quanto accaduto. Un insulto gratuito e inaccettabile rivolto nella rete principale dell’azienda pubblica e rispetto al quale riscontro per l’ennesima volta il silenzio delle femministe in servizio permanente”.

Massimiliano Capitanio, deputato Lega e segretario della Vigilanza Rai, dice: “È ora di mettere un freno alla misoginia di sinistra in Rai. Dopo che Fabio Fazio ha permesso, con il sorriso, che Luciana Littizzetto umiliasse Wanda Nara con la frase sul ‘pomello della sella’, adesso ci tocca ascoltare Alan Friedman che apostrofa Melania Trump come ‘escort'”.

Aggiunge Roberto Calderoli: “Ancora più grave a mio avviso è il silenzio della Rai, dei suoi vertici, e quello delle donne della sinistra che ancora una volta tacciono quando ad essere offesa o insultata è una figura femminile ritenuta di destra e dunque dalla parte sbagliata”.

“Melania escort di Trump? Come al solito, per attaccare l’uomo potente di turno, si attacca con pesanti offese la donna al suo fianco. Ora e’ il turno di Alan Friedman. Questo e’ un gioco vigliacco che le donne sono stanche di subire”, afferma la senatrice del Movimento 5 stelle Alessandra Maiorino, capogruppo in commissione d’inchiesta sul Femminicidio. “Purtroppo questo siparietto è andato in onda sulla tv pubblica – aggiunge – senza che nessuno in studio reagisse in maniera appropriata. C’è un confine alle cose che si possono dire, c’è un confine che segna la differenza tra la battuta e l’insulto sessista. Siamo stanche che questo confine venga ripetutamente superato salvo poi accampare flebili scuse. Si rispetti una volta per tutte la dignità delle donne e se si vuole criticare Melania Trump, la si critichi nella sua azione da First Lady, non con queste basse insinuazioni da bar”, conclude la pentastellata.

Le scuse di Friedman

“Chi sbaglia deve ammetterlo. Ho fatto una battuta infelice, chiedo scusa”, scrive su Twitter Friedman. Ma nonostante le scuse non si placano le critiche al giornalista e, più in generale, agli atteggiamenti e le affermazioni sessiste contro le donne: “Spero che il caso Friedman che dà della ‘escort’ a Melania Trump sia la goccia che farà traboccare il vaso e che diventi un tabù rivolgere insulti sessisti alle donne di cui non ci piace il pensiero”, scrive sui social Mara Carfagna, vicepresidente della Camera.

Sulla vicenda interviene anche la componente Pluralismo e Libertà all’interno dell’esecutivo Usigrai: “Tacciono ancora i vertici della rete e della testata (…) Ed è indubbiamente troppo debole la dissociazione dell’Usigrai. Il segretario si è limitato a condannare l’ospite della trasmissione”, si legge in una nota. “Troppo flebile; e troppo ambigua è la posizione del segretario che, utilizzando i profili social personali, presta il fianco all’interrogativo: parla un collega o il responsabile del sindacato? Non si contano, in casi analoghi, i feroci interventi di biasimo dei vertici dell’Usigrai nei confronti di altri colleghi conduttori che evidentemente – per il segretario e la maggioranza – sono figli di un dio minore. Conveniamo sul fatto che siano stati ammonimenti opportuni, ma ci sembra il minimo chiedere che non si proceda a corrente alternata“.

Quanto al merito della questione, Pluralismo e Liberta ricorda anche “la ‘vicenda Botteri’, in quel caso testimonianza di uno zelo da parte della maggioranza Usigrai (peraltro in presenza di ben piu’ morbidi riferimenti a un’acconciatura della collega…) che non si ravvede minimamente oggi. Noi crediamo che “fare sindacato” sia difendere o condannare tutti; non entrando nel merito delle scelte editoriali, ma intervenendo prontamente e omogeneamente nel momento in cui si verificano questi episodi, a dir poco incresciosi. Riteniamo che solo questo approccio, senza pregiudizi verso chi “osa” esprimere altre sensibilita’, – conclude la nota – permetta di vedere e fronteggiare i mille nodi, strettamente legati alla professione, da sciogliere”, conclude la componente Pluralismo e Libertà.

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