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l telescopio spaziale di Nasa ed Esa ha fornito prove che corroborano l’ipotesi degli astronomi

l telescopio spaziale di Nasa ed Esa ha fornito prove che corroborano l’ipotesi degli astronomi. Kepler 1625b, un gigante gassoso a 4.000 anni luce da noi, possiede un ‘compagno’, un satellite naturale grande come Nettuno, il primo mai scoperto fuori dal Sistema solare


C’E’ una nuova luna là fuori, molto, molto lontana e molto diversa da come ce la potremmo immaginare. Due indizi non sono ancora una prova, ma quella che potrebbe essere la prima esoluna mai scoperta sembra sia proprio lì, attorno a un pianeta a 4.000 anni luce da noi.

Il primo annuncio risale a più di un anno fa, nel luglio del 2017, quando, analizzando le osservazioni del telescopio spaziale ‘cacciatore di esopianeti’ Kepler, i ricercatori della Columbia University avevano annunciato la probabile scoperta del satellite naturale di un pianeta al di fuori del Sistema solare. Lo fecero usando il sistema del transito, osservando cioè il calo di luminosità della stella (Kepler 1625) al momento del passaggio del pianeta, un gigante gassoso che ha dieci volte la stazza di Giove. I loro calcoli sono pubblicati sulla rivista Science Advance.

I risultati della prima indagine erano talmente promettenti che gli autori dello studio, David Kipping e Alex Teachey, hanno ottenuto di poter usare un altro formidabile strumento, il telescopio Hubble, per cercare ulteriori conferme. E le hanno trovate.

“COME UN CANE AL GUINZAGLIO”
Hubble è molto più preciso di Kepler perché il suo ‘occhio’ è molto più lungo e copre un angolo di cielo più circoscritto. Anche il ‘vecchio’ ma affidabile telescopio di Nasa ed Esa ha puntato il suo obiettivo nella regione del cielo tra le costellazioni della Lira e del Cigno e osservato il transito del pianeta, il cui nome è Kepler 1625b. Ma, poco dopo, ha notato anche un secondo transito, cioè un altro calo di luminosità, che corrisponderebbe al passaggio del satellite naturale: “Una luna che segue il suo pianeta come un cane al guinzaglio il suo padrone – sottolinea Kipping – sfortunatamente l’osservazione programmata di Hubble è finita prima che fosse possibile misurare completamente il transito della luna”.

Secondo i ricercatori la presenza di una luna è la spiegazione più naturale del secondo calo di luminosità: “È stato un momento sconvolgente vedere la curva di luce, il mio cuore ha cominciato a battere più velocemente – ricorda Teachey – ma sapevamo che il nostro lavoro era continuare a cercare ogni possibile modo in cui i dati potevano ingannarci fino a escluder ogni altra spiegazione plausibile”.

Hubble, inoltre, ha fornito qualche dettaglio in più che corrobora l’ipotesi di Kipping e Teachey. Il pianeta ha iniziato il suo transito un’ora e un quarto prima di quanto ci si aspettasse. Questo, secondo gli scienziati, è un ulteriore indizio della presenza di un altro oggetto che, con la sua attrazione gravitazionale, influisce sull’orbita del pianeta facendo sì che si trovasse dove non ci si aspettava: “Una civiltà extraterrestre che osservi la Terra e la Luna transitare davanti al Sole noterebbe anomalie simili nel periodo di transito della Terra” sottolinea ancora Kipping.

•UNA LUNA GRANDE QUANTO NETTUNO
Ma chi si dovesse aspettare un sorgere di luna piena su un orizzonte extraterrestre rimarrebbe deluso. Infatti Kepler 1625 non ha un orizzonte convenzionale. È un gigante gassoso, talmente massiccio da essere quasi una ‘stella mancata’. E il suo satellite è più o meno simile, solo molto più piccolo. La sua massa è simile a quella di Nettuno, circa l’1,5% della massa del pianeta. Tra i due c’è più o meno lo stesso rapporto che c’è tra la Terra e la Luna.

Nel nostro sistema solare si contano oltre 200 satelliti naturali in orbita attorno ai rispettivi pianeti. Trovare la prima esoluna era dunque solo questione di tempo perché gli strumenti di cui dispongono gli astrofisici sono sempre più sensibili e le misurazioni sempre più precise. E non potevano che essere due giganti gassosi i primi a farsi “scoprire”, data la loro massa così enorme e quindi più facili da individuare e misurare.

Per arrivare a scoprire una nuova Luna (con la ‘L’ maiuscola), invece, servirà ancora tempo e telescopi ancora più potenti che possano scovare non solo i piccoli pianeti di taglia terrestre, ma anche le loro compagne, ancora meno massive. Le speranze sono affidate, ancora una volta, al James Webb space telescope della Nasa, strumento dalle potenzialità enormi il cui lancio tuttavia, programmato inizialmente per ottobre 2018, è slittato addirittura a non prima di maggio 2020.

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