Intervista col marziano: Virgil Abloh racconta la sua home collection

Viene da un’altra galassia, Virgil Abloh. È funky. È Chicago, la Black culture, un’altra America. È il fondatore di Off-WhiteTM, con sede a Milano, che definisce vibrant city, direttore artistico Uomo di Louis Vuitton, ha lavorato per Fendi, e poi con Kanye West. Pochi sanno che è laureato in Ingegneria civile all’Illinois Institute of Technology, dove ha preso anche un master in Architettura. È nato nel 1980, ma parla a tutti, soprattutto alle nuove generazioni. E, da marziano, con i suoi 5,7 milioni e oltre di follower su Instagram, ha invaso il mondo del design, rinnovando forme e contenuti, strategie e messaggi.
«Per me tutto quello che faccio si riferisce a una sorta di modern land, a una nuova generazione nell’art-design. Alcune istanze sono semplici acquisizioni di una giovane brand identity, che informa ogni oggetto quotidiano, e dice qualcosa di questa generazione, non del passato. È il mio focus», racconta Virgil, al telefono da un luogo imprecisato (Parigi? Milano? Chicago?). Off-WhiteTM, nata nel 2013, non va messa su un piedistallo, come i brand che possono vantare un’eredità ben più radicata nel tempo. Così, con la stessa leggerezza, Virgil Abloh racconta la sua seconda HOME Collection, in collaborazione con 1stDibs. Più di 80 nuovi prodotti – zerbini, ombrelli, portaombrelli, coperte e cuscini, sgabelli, fermaporte, orologi a parete, sedie sdraio – disponibili anche nei negozi Off-WhiteTM.
«Mi piace 1stDibs per la modernità, per la capacità di mescolare il design classico con l’innovazione, è il partner giusto per il mercato online. In tempi di pandemia, poi, sappiamo che entrare in un negozio è più complicato, bisogna esplorare nuove modalità».
«Il mio modo di progettare non segue le categorie tradizionali, incrocia i linguaggi, senza contaminarsi» Virgil Ablohl
Nora Fehlbaum, Ceo di Vitra, lo ha scelto per rompere il piccolo cerchio del design. Ma come è possibile collaborare con la più sofisticata azienda del settore, Vitra, e con la più pop, Ikea? «Con un vocabolario e una firma precisa. Il mio modo di progettare non segue le categorie tradizionali, incrocia i linguaggi, senza contaminarsi. Ho usato la mia carriera per dimostrare che questo è possibile. Bisogna avere passione per lavorare nel design, perché richiede tempo, molto tempo». E qui una voce fuori campo ci avvisa che ci rimangono solo 5 minuti. Ci lasciamo con la parola “humanity”, quello che più gli interessa, e con l’American sentiment di positività, dopo la vittoria di Joe Biden. Virgil viaggia veloce lassù. Hey, babe, hurry up!
L’articolo originale è a pagina 30 del numero di gennaio di AD Italia.
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