Perché la Milano calcistica è diventata cinese? Per calcolo politico e opportunità economica certo, ma anche per passione. Una passione nata 39 anni fa, quando l’Inter fu la prima squadra italiana e tra le prime a livello internazionale, a sbarcare in Cina. Ad ammirare sugli spalti e forse addirittura ad accogliere all’aeroporto quel Sandro Mazzola leggenda del calcio pure in Cina, c’era un giovane studente di Pechino che 35 anni dopo sarebbe diventato il presidente di una Cina grande potenza. Fu forse proprio dal calcio d’angolo pennellato da Mazzola per il colpo di testa e il gol di Scanziani che Milano rimase impressa nell’immaginario di Xi, già allora appassionato giocatore di calcio, sport che praticava a scuola. Poi arrivarono gli anni ’80, il Milan di Berlusconi e la prima partita in Cina dei rossoneri nel 1994 e anche l’altra metà di Milano diventò famosa in Cina.

el partito comunista, tenendo a freno – ma non troppo – la sua passione calcistica, mentre diventava il paladino della lotta alla corruzione. Una passione che è diventata anche calcolo politico, quando si è trattato di lanciare il marchio Cina nel mondo e cambiare l’immagine internazionale del paese prima con le Olimpiadi di Pechino e poi con la grande offensiva nel calcio, in Europa e in patria. Sì, anche in patria perché lo sport e il calcio in particolare sono anche un ottimo strumento di consenso politico, in un paese dove il partito non può più contare sul collante di una diffusa ideologia comunista. E per questo che il presidente non può certo apparire il tifoso di una singola squadra, ma solo l’appassionato di uno sport. Eppure si sussurra nell’elite cinese  e nelle discussioni su forum e blog cinesi che il presidente abbia sempre conservato, se non una passione, una forte simpatia per l’Inter e la Milano calcistica in generale.

Inter-Milan, Caracciolo: “Il sogno cinese di Xi Jinping è nerazzurro”

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Una passione che però passa in secondo piano quando si parla di politica e di gestire un paese di oltre un miliardo di persone. E ci si accorge che il via libera, anzi l’incitamento a investire nel calcio, viene sfruttato dai nuovi miliardari cinesi per una mega fuga di capitali, cui bisogna dare un rapido freno alla vigilia di un congresso del partito comunista (al via il 18 ottobre, tre giorni dopo il derby ‘cinese’ di Milano) che dovrebbe sancire il prolungamento del potere di Xi e il suo ingresso nel gotha dei leader cinesi, vicino a Mao e addirittura sopra a Deng. Ecco allora il dietrofront di pochi mesi fa e l’ordine di frenare gli investimenti all’estero e la fuga di capitali: secondo i dati diffusi dal Ministero del Commercio nei primi sei mesi del 2017, infatti, gli investimenti all’estero sono calati del 45,8% rispetto allo stesso periodo del 2016 e dell’82% addirittura nel settore cultura, sport e entertainment in generale (-82,5%).

Inter-Milan, Aquaro: “La passione cinese per il Milan di Berlusconi”

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E’ il 10 giugno 1978. Due giorni dopo la vittoria in Coppa Italia contro il Napoli, con i mondiali in Argentina in corso, l’Inter parte alla volta della Cina: prima squadra italiana a giocare nel paese. Sono passati pochi anni dallo storico viaggio di Nixon e Kissinger e appena due dalla morte di Mao e l’arresto della Banda dei Quattro e della loro politica del terrore. Deng Xiaoping, appassionato di calcio, sta prendendo il potere e vuole usare lo sport per aprire lentamente la Cina al mondo occidentale: arriva quindi sulla scrivania di Sandro Mazzola fresco dirigente nerazzurro – si è ritirato da un anno – e leggenda del calcio anche in Asia, un invito dell’associazione degli allenatori cinesi.

Mazzola in Cina del 1978: “29 ore in aereo e avevo paura di volare”

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Più che una tournée sembra una sfida. A livello internazionale è ancora Taiwan a essere riconosciuta come la Cina legittima e per raggiungere Pechino bisogna usare le aerolinee pachistane, le uniche autorizzate a sorvolare il territorio cinese. L’allenatore nerazzurro Eugenio Bersellini decide – con la moglie – di andare dal notaio per fare testamento. Lui, il presidente Fraizzoli e 17 giocatori si imbarcano quindi su un Boeing 707 e dopo 29 ore e tre scali intermedi (Atene, Damasco e Rawalpindi in Pakistan) arrivano a Pechino alle 17.10 ore italiane (23.10 locali) di domenica 11 giugno, accolti da un gruppo di giovani rappresentanti del partito comunista. Non c’è tempo per smaltire il cambio di fuso orario e la stanchezza del viaggio. Il giorno dopo 80mila persone assistono al pareggio (1-1) tra l’Inter e la nazionale cinese. Per l’occasione torna in campo, a un anno dal ritiro, Sandro Mazzola che gioca un tempo della partita. Sugli spalti ad assistere il giovane Xi Jinping, attuale presidente cinese, all’epoca 25enne studente dell’università di Pechino e già appassionato di calcio.

“E’ gente seria, affidabile, attenta, decisa a imparare e farsi largo. Ancora pochi anni e saranno all’avanguardia” il commento di mister Bersellini, lasciando la Cina.


Inter-Milan, il derby 'cinese' di Xi Jinping

Sui siti social cinesi è di recente comparsa questa foto del 1978 in cui Xi Jinping e il padre sono davanti a un aereo (per esempio sul sito hupu.com). Un anonimo ha scritto questo commento: “L’11 giugno 1978, la Cina ha accolto per la prima volta nella sua storia una squadra di calcio straniera. Il 12 giugno questa ha svolto un partita amichevole con la nazionale cinese nello stadio degli operai di Pechino. In quel momento c’era uno studente della Tsinghua University che amava il calcio, ha assistito la partita e poi si è innamorato di questa squadra. Quella squadra era l’Inter e il giovane universitario si chiamava Xi Jinping.” Inizialmente si è pensato che l’aereo nella foto fosse quello che portava i calciatori dell’Inter a Pechino, ma invece si tratta di un errore del blogger che ha invece usato una foto dello stesso anno, ma che ritrae il padre di Xi Jinping con il figlio, dopo la nomina a capo della provincia del Guangdong. In ogni caso però Xi, se non era tra i giovani comunisti che accolsero i giocatori dell’Inter, era sicuramente allo stadio.

Quel giorno nacquero in Cina numerosi tifosi dell’Inter. «Ricordo l’emozione per quelle maglie nere e azzurre, mi parvero bellissime» ha raccontato Gong Lei, ex calciatore cinese, oggi direttore sportivo della Suning Sports, società attraverso cui il colosso Suning Holding ha acquisito l’Inter. Gong Lei era allo stadio «Ero senza biglietto e volevo vedere i grandi calciatori italiani – le parole del dirigente cinese, che all’epoca aveva 12 anni e mezzo – conoscevo un passaggio segreto e al mattino mi infilai sotto una tribuna, restandoci nascosto per tutto il giorno, fino alla sera quando cominciò la partita».
La tournée non va benissimo per la squadra nerazzurra, due giorni dopo viene sconfitta da una rappresentativa di Pechino e dopo un altro pareggio con Cina, stavolta a Hangzhou, arriva l’unica vittoria a Canton prima di trasferirsi a Hong Kong. I giocatori si allenano pochissimo tra una trasferta e una visita turistica. Le partite in Cina vedranno anche l’esordio in nerazzurro di Evaristo Beccalossi, appena acquistato dal Br, e di Walter Zenga, portiere delle primavera (Bordon era ai mondiali in Argentina). Tre mesi dopo la nazionale cinese venne in Italia per uno stage tecnico. Naturalmente, come primo avversario scelsero l’Inter: si arrivò così all’amichevole giocata a San Siro il 10 settembre 1978. Finì 6-2 per i nerazzurri.

1978: i calciatori dell’Inter vengono accolti all’aeroporto di Pechino

1978: Altobelli in azione durante la tournée cinese

1978: giovani calciatori cinesi ammirano Sandro Mazzola

La Cina tra calcio e geopolitica

Il piano di Xi per trasformare il paese in una potenza calcistica ha innescato i colossi dell’imprenditoria cinese. Aziende proprietarie di squadre della Repubblica Popolare e quelle estranee al settore hanno cominciato a investire rapidamente e pesantemente all’estero, con due obiettivi. Primo, diffondere i brand cinesi fuori dai confini nazionali tramite il calcio. Secondo, elevare la qualità tecnica e manageriale delle squadre della China Super League (Csl, la massima serie cinese) per stimolare indirettamente i connazionali e gli stranieri a seguire il campionato del Dragone, soprattutto, in televisione.

I tre desideri di Xi Jinping: “Qualificarsi a un’altra Coppa del Mondo, ospitare la competizione e vincerla”.

I diritti ad essa collegati e il merchandising sono la principale fonte di affari. Non a caso la conglomerata Dalian Wanda, che gestisce migliaia di cinema e alberghi in Cina, controlla Infront Media, società svizzera che possiede i diritti televisivi della Serie A italiana e di altri campionati europei. Wang Jianlin – il proprietario – possiede anche il 25% dell’Atletico Madrid.
Il via libera alle imprese del Dragone ha quindi permesso a Suning (già proprietaria del Jiangsu) di acquisire l’Inter, al Consortium Rossoneri guidato da Li Yonghong di rilevare il Milan e ha accelerato la campagna acquisti di giocatori (soprattutto latinoamericani) ed allenatori (soprattutto europei). Tra gli esempi più illustri rientrano Carlos Tevez, il calciatore più pagato al mondo (oggi allo Shanghai Shenhua), e Marcello Lippi, che ha guidato il Guangzhou Evergrande alla vittoria della Champions League asiatica nel 2013 e ora allena nazionale cinese, con cui ha mancato la qualificazione ai mondiali di Russia 2018.

Ottobre 2015: Xi Jinping in visita nel Regno Unito, in un selfie con il premier David Cameron e il calciatore del Manchester City Sergio Augero

Xi Jinping il 19 febbraio 2012 a Dublino durante un evento di calcio gaelico

5 luglio 2017: Xi Jinping e la moglie (a sinistra) assistono a una partita di calcio giovanile con Angela Merkel a Berlino

Negli ultimi sei mesi, l’eccessivo zelo delle aziende della Repubblica Popolare per il calcio è tuttavia finito nel mirino di Pechino, che ad agosto ha divulgato delle direttive per tracciare più chiaramente la traiettoria generale degli investimenti cinesi all’estero. In sostanza, queste mirano a impedire che le imprese cinesi, tramite operazioni finanziariamente rischiose, accumulino grandi debiti per investire fuori dai confini nazionali e favoriscano la fuga di capitali. Oggi il debito totale delle aziende cinesi è pari a 18 trilioni di dollari (169% del pil).
Leggi anche il Bollettino Imperiale di Limes:
Oltre Inter-Milan, l’ascesa della Cina nel calcio è appena iniziata

Le direttive restringono (richiedendo dei permessi speciali) le operazioni in settori quali sport, intrattenimento, immobili, hotel e cinema. Sono invece completamente vietati gli investimenti relativi a tecnologia militare cinese, gioco d’azzardo, industria del sesso e quelli che danneggiano la sicurezza nazionale e violano gli accordi internazionali firmati da Pechino. Già prima della pubblicazione delle linee guida, il regolatore cinese aveva fatto capire alle aziende che la musica stava cambiando e chiesto informazioni sulle attività di Fosun, che possiede il britannico Wolverhampton (e il cui presidente Wu Xiaohui è stato arrestato lo scorso giugno), del gruppo assicurativo Anbang, della conglomerata Hna Group, di Li Yonghong e di Dalian Wanda. Quest’ultima ha pure annunciato la vendita di alcuni dei suoi asset esteri poco profittevoli e di
voler puntare sullo sviluppo del mercato interno per “adeguarsi al trend di sviluppo nazionale”.
Liberi da vincoli sono invece gli investimenti di natura strategica condotti dalle imprese statali nell’ambito della Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta), il grande progetto infrastrutturale e commerciale lanciato da Xi Jinping nel 2013 e oggi colonna portante della sua politica estera. Tra i settori in cui è possibile fare acquisti rientrano energia, infrastrutture, tecnologia, commercio, cultura e logistica.
Le imprese statali, in fase di riforma, trainano ora le attività lungo le nuove vie della seta. Nella prima metà del 2017, queste hanno condotto acquisizioni all’estero per 28,7 miliardi di dollari, sorpassando i 26,6 miliardi totalizzati da quelle private, che avevano guidato negli ultimi due anni l’economia della Repubblica Popolare.


Xi e il sogno cinese

Al momento, la riforma delle imprese di Stato prevede: la loro trasformazione in società a responsabilità limitata entro fine anno; la fusione tra aziende pubbliche grandi e piccole per crearne di più efficienti; l’adozione della cosiddetta “partecipazione mista”, che consiste nell’accesso di aziende private a quote di quelle statali in difficoltà economiche per risanarne i debiti; l’eliminazione di quelle improduttive. Queste misure servono anche a ridurre la sovracapacità industriale accumulata dalla Cina in settori quali energia (vedi l’inquinante carbone) ed infrastrutture.

L’educazione al calcio in Cina dovrebbe iniziare con i bambini” Frase di Deng Xiaping più volte citata da Xi Jinping

Il piano di riforma dovrebbe decollare definitivamente dopo il 19° Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese (Pcc), che inizierà il 18 ottobre e marcherà il secondo mandato di Xi alla guida del paese.
Durante i suoi primi cinque anni da presidente, questi ha condotto una campagna anticorruzione per eliminare le mele marce e mettere fuori gioco i politici che si opponevano a questo genere di cambiamenti per preservare la loro rete di potere. Durante il prossimo Congresso, Xi promuoverà membri della sua cordata ai vertici del Pcc per avere mano libera nella realizzazione delle riforme.

Xi Jinping è diventato anche un personaggio dei cartoni animati, e non a caso è un calciatore. La serie intitolata “Dada e il calcio” è diventata virale sul Web cinese. “Xi Dada” significa “Zio Xi” ed è un soprannome dato al presidente dai media della Repubblica Popolare

L’obiettivo di lungo periodo è ridurre la dipendenza del paese dall’export, potenziare il mercato interno e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Elementi indispensabili per perseguire il sogno del “risorgimento della Cina”.
Xi potrebbe anche lasciare un’impronta indelebile nella storia del Partito. È probabile che al Congresso si decida di inserire il suo “pensiero” (sixiang) nello statuto del Pcc accanto a quello del “grande timoniere” Mao Zedong e a un gradino superiore rispetto alla “teoria” (lilun) del “piccolo timoniere” Deng Xiaoping.
Per via della rapidità con cui ha consolidato il suo potere, in Occidente alcuni ipotizzano che Xi possa guidare la Cina anche dopo il termine del secondo mandato nel 2022. Siamo per ora nel campo delle speculazioni. Difficilmente l’attuale leader potrà farlo in veste di presidente poiché la Costituzione della Repubblica Popolare non prevede un terzo mandato. Un’alternativa è che Xi rimanga alla guida del Pcc, il quale tuttavia prevede la regola informale del ritiro a 68 anni da ruoli ufficiali. Oppure potrebbe continuare a tirare le fila di quest’ultimo senza avere una carica specifica. Molto dipenderà dallo spessore del successore che Xi sceglierà. A prescindere da ciò, Pechino continuerà a perseguire il “sogno cinese” del risorgimento del paese. Sogno di cui l’ascesa calcistica fa ormai parte.
Fonti:
State Council issues guideline on overseas investment, State Council of the People’s Republic of China
Inter-Cina 1978: l’esordio di Beccalossi e il ritorno sui campi di Mazzola, www.tuttocalcioestero.it
L’Inter con la Cina nel destino, il racconto del tour 1978, www.ilposticipo.it
Inter e Cina: Tra passato, presente e futuro, www.inter.it