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Instagram, se gli influencer non influenzano più come prima

Un’analisi evidenzia l’ormai bassissimo coinvolgimento dei follower, in calo nell’ultimo triennio e specialmente nei post sponsorizzati. Fine di un’era o ‘selezione naturale’?di SIMONE COSIMI

INFLUENCER, influencer ovunque. Eventi, anteprime, appuntamenti speciali ma anche fenomeni più o meno bizzarri – c’è perfino l’influencer sudafricana Belle Delphine che vende l’acqua in cui ha fatto il bagno alla modica cifra di 30 dollari per 20 centilitri – o (in)sensati. Sui social network l’evoluzione della specie è stata così rapida e diversificata che ormai se mancano gli influencer un qualsiasi evento o lancio di un nuovo prodotto sembra destinato a fallimento garantito. Peccato che gli effetti di chi ha molti follower sui social, in particolare su Instagram, non sembrino essere – a conti fatti – troppo esaltanti per chi li paga profumatamente. Più moda che sostanza, forse.

Così, almeno, sembrerebbe sentenziare un’indagine firmata da Mobile Marketer sulla base di dati InfluencerDB secondo la quale le timeline di Instagram, cioè le bacheche su cui scorrono le foto e i video, sarebbero talmente affollate di post sponsorizzati – così intendendo anche quelli legati a eventi, prodotti o servizi promossi dagli utenti più popolari dietro accordi di vario genere con i brand – da non riuscire più a sfondare l’attenzione degli utenti. Insomma, c’è un traffico bestiale e i follower sembrerebbero essersi “raffreddati”. Secondo l’analisi, infatti, l’engagement di quel tipo di contenuti sarebbe in calo. Anzi, navigherebbe su livelli minimi. Ruoterebbe intorno al 2,4% dal 4% di tre anni fa. Per l’azienda engagement significa numero di cuoricini raccolti da un post rapportati alla cifra totale dei follower di un determinato account. Soglie davvero molto basse.

Instagram, se gli influencer non influenzano più come prima

Gli #sponsored post, i contenuti sponsorizzati o pubblicitari – per i quali diversi garanti della concorrenza e del mercato hanno nei mesi scorsi ripreso gli influencer più popolari, è accaduto anche con l’Agcom italiana nell’estate del 2017 – non sembrerebbero funzionare poi troppo. Fra i travel influencer, per esempio, tipicamente quelli di maggior successo con i loro affascinanti giri del mondo che non finiscono mai e i panorami mozzafiato pubblicati a cadenza quotidiana, quel tasso è sceso al 4,5% dall’8% del 2018. Qualcuno, non a caso, si sta chiedendo se non ci siamo stufati di invidiare scatti supercool di qualche paradiso tropicale al lunedì mattino in ufficio o immaginare schiere di gente che gira il mondo senza meriti ben precisi o qualità evidenti.

L’aspetto curioso è tuttavia un altro. Sembra infatti che gli influencer dal seguito più ridotto, chiamiamoli ‘microinfluencer’ da poche migliaia di follower, se la cavino meglio in termini di coinvolgimento dei propri seguaci. Chissà, forse perché riescono a seguire in modo più attento la community. Se quel tasso è infatti di appena il 3,6% fra chi vanta oltre 10mila follower, che su Instagram è la soglia base per poter attivare una serie di servizi aggiuntivi come lo swipe-up con i link, sale invece al 6,3% per quelli che contano fra 5 e 10mila affezionati e all’8,8% per chi sfoggia cifre più basse, fra mille e 5mila fan.

Forse è il segnale che quel genere di approccio ha ormai saturato Instagram, e infatti alcuni osservatori notano come – da TikTok in giù – sia forse il momento, per chi intende vivere di questo tipo di popolarità, di scavare su altre piattaforme per cercarsi un nuovo pubblico e soprattutto una quota di attenzione e reale coinvolgimento. Che poi, più del numero assoluto dei follower, costituiscono la più preziosa materia prima da rivendere ai brand quando si organizzano campagne pubblicitarie o simili operazioni di marketing digitale.

I numeri dell’analisi si riferiscono al primo trimestre del 2019, quindi è probabile che possano subire dei cambiamenti, ma la tendenza appare chiara. Non tanto per le megastar e le celebrità da milioni di follower quando per chi coltiva un’audience più ristretta ma pur sempre significativa e grazie alla quale vive o spera di farlo. Fra l’altro, le cifre si ampliano se si considerano i post non sponsorizzati: si scende all’1,9% dal 4,5% dello stesso periodo di riferimento. Dopo gli influencer che si occupano di viaggio, i cali più corposi sembrano essere legati ai personaggi che si occupano di bellezza, moda, cibo, stile di vita, sport e fitness. Il tutto considerando anche il tasso di affollamento, che rende ancora più complesso coinvolgere gli utenti. Del totale degli influencer analizzati, infatti, il 5% posta di viaggi, il 7% di bellezza, il 12% di cibo e il 25% di moda.

Difficile dire se si tratti della fine di una breve era che ha illuso una generazione di poter vivere di belle foto e qualche consiglio (spesso a pagamento) o se si tratti di una fase di ‘selezione naturale’ dopo la quale il quadro tornerà a stabilizzarsi. E i tassi di coinvolgimento a salire. Moltiplicazione degli account, veri o aspiranti tali, calo della fiducia, imbottigliamento delle bacheche, ancora poca chiarezza nella gestione delle proprie attività commerciali (tanto che in Gran Bretagna è stato deciso che sopra i 30mila follower occorre rispettare le regole pubblicitarie tradizionali, per esempio quella che vieta alle celebrità di promuovere farmaci e medicinali): probabilmente un mix di questi fattori ha condotto ai numeri di una scena che sembra essere a un passo dal mutare forma.

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