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Il delitto dell'Acquasanta, l'omicida confessa: "Aveva minacciato la mia famiglia"

La vittima è Francesco Paolo Maronia, 48 anni, parcheggiatore abusivo, ucciso con un colpo al petto da Giovanni Pizzuto.

“Aveva minacciato la mia famiglia”. Con questa semplice frase Giovanni Pizzuto ha spiegato i motivi per cui ha ucciso con una pugnalata al cuore il vicino di casa. Ventotto anni, un passato di furti e reati contro il patrimonio, Pizzuto ieri ha confessato subito l’omicidio di Francesco Paolo Maronia, 48 anni, posteggiatore abusivo dell’Acquasanta accoltellato ieri sera poco prima delle 20 proprio sotto il balcone di casa sua all’angolo fra vicolo Pipitone e vicolo Fontana.
Giovanni Pizzuto è stato sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio volontario nella notte dopo un lungo interrogatorio negli uffici della squadra mobile dove era stato portato pochi minuti dopo l’omicidio. A firmarlo è stato il pubblico ministero di turno Sergio Mistritta. Non è scappato Pizzuto, si è chiuso nella sua abitazione a pochi metri da quella della vittima. Lì lo hanno trovato gli agenti della squadra mobile che già prima delle 21 lo hanno fatto salire con le manette ai polsi su una volante. Appena ha visto gli agenti entrare in casa ha confessato l’omicidio. Ma per tutta la notte gli uomini della sezione omicidi della squadra mobile guidata da Rodolfo Ruperti hanno cercato riscontri alla ricostruzione fornita dal sospettato. A confermare la confessione sono stati i rilievi della polizia scientifica che hanno raccolto elementi decisivi a definire il quadro probatorio. Soprattutto le impronte trovate sul coltello hanno eliminato ogni altra ipotesi e all’alba Pizzuto è stato trasferito al Pagliarelli.

Palermo, uomo ucciso accoltellato in vicolo Pipitone

Un delitto che dunque è maturato per i forti dissidi fra i due vicini di casa, entrambi disoccupati ed entrambi pregiudicati per reati contro il patrimonio. Secondo gli inquirenti entrambi ieri sera avevano bevuto qualche bicchiere di troppo e la lite sarebbe nata per le minacce che Francesco Paolo Maronia avrebbe indirizzato alla famiglia dell’omicida. In preda ai fumi dell’alcol Giovanni Pizzuto ha impugnato un lungo coltello da cucina e ha affrontato la vittima sul marciapiede di vicolo Pipitone all’altezza dell’arco di vicolo Fontana. Lo ha colpito con una sola pugnalata. Violentissima, tanto da conficcargli il coltello nel petto fino al manico. Non ha nemmeno estratto il coltello, glielo ha lasciato nel cuore ed è tornato a casa.
I sanitari del 118 intervenuti pochi minuti dopo hanno trovato Maronia disteso a terra con  la lama ancora conficcata nel petto. Per il 48enne non c’è stato nulla da fare. A chiamare i soccorsi è stata una donna che abita nei palazzi malconci accanto al luogo dell’omicidio. In un primo momento al telefono ha detto alla centrale operativa del 118 che “un uomo è morto sparato in strada”.
Immediatamente è scattato l’allarme e in pochi minuti vicolo Pipitone si è riempito di lampeggianti, come vent’anni fa, quando la strada senza uscita del rione Acquasanta, a metà strada fra i Cantieri navali e Villa Igiea era il quartier generale della famiglia mafiosa dei Galatolo ed era stata ribattezzata “lo scannatoio dei Corleonesi”. Nel dedalo di ruderi del vicolo “regno dei Galatolo” per oltre un decennio negli anni ottanta e novanta sono stati torturati e uccisi i nemici e i traditori di Totò Riina durante la seconda guerra di mafia. Un vicolo simbolo del periodo più buio di Palermo. Da vicolo Pipitone partirono gli squadroni della morte che uccisero il giudice istruttore Rocco Chinnici, il segretario regionale del Pci, Pio La Torre, il commissario Ninni Cassarà. Due anni fa vicolo Pipitone è tornato sotto i riflettori degli inquirenti dopo le rivelazioni sul probabile attentato al pubblico ministero Nino Di Matteo del pentito Vito Galatolo che in quel budello a due passi dal porticciolo dell’Acquasanta ci era nato e cresciuto. Secondo il collaboratore di giustizia l’esplosivo, 200 chili di tritolo

arrivati in Sicilia dalla Calabria per uccidere uno dei pm simbolo della lotta alla mafia, sarebbe stato custodito in un nascondiglio proprio in vicolo Pipitone. Duecento militari della guardia di finanza rovesciarono come calzini tutti i palazzi del vicolo, ma l’esplosivo non venne trovato.
Fu l’ultima notte sotto i riflettori per l’ex roccaforte mafiosa. Ieri sera vicolo Pipitone è tornato ad essere un luogo di morte, ma senza Cosa nostra protagonista.

 

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