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Il Comune fa chiudere il nuovo teatro di Caffeina: restano aperti il bistrot e la libreria

La sala del Teatro Caffeina
Dopo la visita, ampiamente prevista, di questo pomeriggio dei vigili urbani al nuovo spazio teatro Caffeina in via Cavour, inaugurato venerdì, la direzione ha deciso di chiudere lo spazio della struttura destinato al teatro. In sostanza, la sala da 320 posti circa dell’ex San Leonardo non sarebbe agibile, perchè mancante delle autorizzazioni amministrative al pubblico spettacolo.

Il condizionale è obbligatorio, perché di fronte alla richiesta presentata al Comune per mettere in piedi pubblici spettacoli – in via provvisoria – in quella sala, nessuna risposta è stata indirizzata alla gestione. L’autorizzazione, nonostante le richieste della stessa Fondazione Caffeina avanzate lo scorso venerdì a palazzo dei Priori, non è stata fornita dagli uffici comunali. In compenso, gli stessi uffici hanno spedito la polizia locale a effettuare un sopralluogo, questo pomeriggio, per chiedere la stessa autorizzazione (ovviamente mancante).
Da qui la decisione della direzione del teatro di questa sera – in via cautelativa: la domanda potrebbe anche esser stata accolta, ma non c’è stata la comunicazione – di interrompere la programmazione prevista nello spazio teatro, così come quella di questa domenica che doveva chiudere la tre giorni di eventi promossi per l’inaugurazione. Restano aperti, perché non soggetti alla stessa richiesta amministrativa, gli spazi del bar e della libreria con l’ampia sala multimediale.
CRONACA DELL’INAUGURAZIONE
Questa ragazzina ha portato un gatto, un cucciolo, dentro una borsa. Ci sarebbe da farsi prendere dalla tenerezza, e invece scatta la riflessione: al teatro Caffeina si può venire col gatto o col cagnolino, con la moglie o con l’amante – insieme magari no -, con la famiglia e coi colleghi oppure anche da soli, per fare nuove conoscenze. Il posto è fatto per questo. Lo hanno pensato così quelli della Fondazione, il presidente Andrea Baffo e Filippo Rossi, sin dalla prima idea nata con la curia, proprietaria di quello che nelle sue declinazioni precedenti si chiamava auditorium Giovanni XXI (la targa c’è ancora), e in viterbese spiccio “teatro San Leonardo”. Da venerdì è teatro Caffeina, come detto, rimesso a posto, riaperto e tanti auguri di lunga vita (in realtà, nel mondo dello spettacolo, si dovrebbe dire in un altro modo, ma è meglio sorvolare).
Il primo giorno di vita è rutilante, incalzante, il solito manicomio. Gente che corre di qua e di là. L’odore della vernice. I ritocchi degli ultimi minuti. Alcuni dettagli da perfezionare. Chi ha lavorato fino all’ultimo secondo si è andato a fare la doccia e torna per assistere al momento: operai, carpentieri, elettricisti, pittori, nessuno vuole mancare. Chi ha cercato la polemica assassina nei loro confronti è soltanto una trascurabile parentesi in una storia più grande di tutti, se si parla di cultura a Viterbo.
«Una sfida coraggiosa e da folli, come ci capita spesso – dice Andrea Baffo – Ma ce l’abbiamo fatta. Ora dobbiamo pensare a come riempire questo teatro, e le idee non ci mancano». Ringraziamenti alla direttrice artistica Annalisa Canfora, agli imprenditori Carlo e Riccardo Rovelli, alla truppa tutta, agli sponsor. «Perché questo è un teatro privato, cioè fatto da privati, per i viterbesi», precisa Baffo. Insomma: bisognerà far quadrare anche i conti, tra biglietti, donazioni e sottoscrizioni. Ma l’indotto ha già portato posti di lavoro, e le prospettive non mancano.
Sul palco salgono Chiara Gamberale all’ora dell’aperitivo e Aldo Cazzullo dopo cena. Poi suonano quelli dell’Hotel Supramonte per cantare ancora una volta Fabrizio De Andrè. La sala si riempie e si svuota, perché la gente gira, vede. Di sopra, al primo piano, la libreria («Oggi inaugurate due cose che non esistono quasi più, teatro e libreria», riassume Cazzullo) e la sorpresa: là dove una volta c’era il loggione, oggi c’è uno spazio da vivere, con tavoli, un divano, e la vista sulla sala di sotto attraverso un vetro insonorizzato: praticamente, un’enorme finestra sul teatro vero e proprio. Una vecchia vespa è diventata una libreria, grossi dipinti celebri alle pareti, citazioni dappertutto.
C’è un divano anni Cinquanta che ha una storia magica (cimelio di famiglia, venduto e ritrovato). Sembra di stare a Berlino o a Chicago (dove a teatro non si va solo per il teatro), alla faccia del provincialismo, che dovrebbe essere un valore. Viene da chiudere gli occhi e pensare alle cose che si potranno fare qui, con le scuole, le letture, le conferenze, o anche venire a prendere un té con gli amici in uno di quei pomeriggi bui d’inverno.
Più sopra ancora, da dove un tempo si proiettava qualche vecchia pellicola, la libreria per bambini o “giovani adulti”, come si dice. E poi, certo, se magna. Al piano terra, nel foyer, ecco il bistrot, dove offrono spritz e prosecco, supplì e pizza, ma si può anche spendere poco per bere bene (quattro euro i cocktail, per dire). Si tira tardi, mentre lo spettacolo va avanti e anzi non si finisce, perché oggi si replica (Riccardo Rossi, Luca Verdone tra gli altri)

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