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Il caso Oriocenter e l’affondo Cisl «Terra di contraddizioni storiche»

La cattolica Bergamo e le riflessioni sull’attacco del sindacato dopo il successo del centro commerciale a Natale

Non c’è più una Bergamo cattolica in grado di incidere sulle dinamiche sociali? Oppure quelle dinamiche sono ormai andate oltre gli schemi, anche di fede, che sicuramente in passato hanno influenzato e anche fatto nascere associazioni, iniziative di solidarietà e formazioni sindacali? Il tema è contenuto in quell’affondo, quasi inaspettato, con cui la Fisascat (Commercio) Cisl, ha commentato le conseguenze, praticamente nulle, dello sciopero indetto a Oriocenter a Natale e Santo Stefano. Tutti i negozi aperti e i clienti non sono mancati, con conseguente amarezza del sindacato per la «cattolica Bergamo che segue più agevolmente i richiami del consumismo a ogni costo degli inviti del Papa al rispetto dei tempi del lavoro e del riposo».

L’ex segretario generale della Cisl Savino Pezzotta sottolinea subito che «i contrasti e le diversità, a Bergamo e nella Bergamasca, non sono comunque mai mancati. Viviamo in una terra cattolica che ha votato e vota Lega Nord da tempo, in un città che ha anche saputo accogliere ed è cresciuta grazie a una comunità valdese protestante di un certo rilievo». Già, una città in cui oltre a viale Papa Giovanni è centralissima anche via XX Settembre (il 20 settembre del 1870 e della breccia di Porta Pia), dove il Municipio fu donato da uno dei discendenti di quelle grandi famiglie non cattoliche arrivate dalla svizzera, che gravitavano a Bergamo anche per la grande importanza, a livello commerciale, della fiera di Sant’Alessandro.

«La secolarizzazione c’è da un pezzo, anche qui — prosegue Pezzotta —. Quindi, porre il tema della nostra fede per leggere i fatti di Oriocenter secondo me, oltre che leggermente integralista, è anche piuttosto sbagliato. Bisogna chiedersi semmai perché lo sciopero dei lavoratori non ha avuto i suoi effetti, da un lato, e interrogarsi, dall’altro, sui paradigmi di un centro commerciale come Oriocenter: si va lì ormai anche solo per passeggiare, e si va un po’ meno in via XX Settembre, non è più solo questione di consumi e consumismo».

«Non voglio nemmeno dibattere sul punto specifico — commenta don Cristiano Re, direttore dell’ufficio della Pastorale sociale e del Lavoro, della Diocesi —. Le persone sono “intere”, non si possono considerare cattoliche quando vanno a messa, e non esserlo più se vanno al centro commerciale. Ma questo è per dire che la questione va probabilmente oltre la nostra fede e riguarda in realtà certi stili di vita: bisogna capire se ci vanno bene o se vogliamo modificarli, con le loro probabili conseguenze».

Concorda anche uno degli storici docenti di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo, Ivo Lizzola: «Non vedo una disobbedienza al Papa in quella massa di clienti, o di utenti, a Oriocenter. Il Pontefice pone il tema di contraddizioni profonde del nostro tempo, ma non punta di certo ad arringare le folle per una protesta. Sta naturalmente alle donne e agli uomini, a una società, modificare certi atteggiamenti. Sono nodi che vanno ben oltre la fede, che la secolarizzazione ci ha insegnato a distinguere in modo netto dalle abitudini culturali e quotidiane di ognuno. Aver smarrito la dimensione del tempo, ad esempio con consumi a qualsiasi ora e lavoro sempre più frequente nei festivi, c’entra poco con il proprio credo, sbandierare la fede su un caso del genere è un po’ ingenuo».

Concorda il collega di Sociologia, Stefano Tomelleri: «La distanza tra visione cattolica, da un lato, usi e costumi dall’altro, è un dato indiscutibile da un pezzo. Ma qui siamo di fronte a un interrogativo chiaro che prescinde dalla fede e va anche oltre il territorio bergamasco: in questa società è ancora possibile una solidarietà di tipo collettivo? In realtà sembra di vivere un tempo in cui i problemi posti da una categoria o da un gruppo di persone possono suonare semplicemente come un fastidio per gli altri, senza in realtà che ci sia un vero e proprio conflitto, perché non esistono clienti che sono andati a Oriocenter per mettere in difficoltà i lavoratori che avevano scelto di aderire allo sciopero, questo è chiaro. Eppure non vengono più riconosciuti i temi di una categoria o dell’altra, c’è un individualismo che allo stesso tempo è omologante e va oltre dinamiche di un certo tipo, appartenenti al passato».

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