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Igor, l'agente ferito dal killer: "Un incubo che mi angoscia ancora"

L’8 aprile di un anno fa l’omicidio della guardia volontaria Verri. Parla l’agente che era con lui. Si finse morto per salvarsi
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BOLOGNA – “Un incubo che ancora mi angoscia”: così Marco Ravaglia, l’agente di polizia provinciale gravemente ferito esattamente la sera di un anno fa da Norbert Feher alias Igor Vaclavic, ricorda in una videointervista alla Nuova Ferrara l’uccisione della guardia ecologica volontaria Valerio Verri. I due stavano svolgendo un servizio di pattuglia antibracconaggio nelle Valli del Mezzano quando si imbatterono nel killer che appena una settimana prima aveva ammazzato a Budrio (Bologna) il barista Davide Fabbri.
“Con Valerio ci conoscevamo da una decina d’anni, eravamo quasi una coppia di fatto”, dice con un sorriso abbozzato Ravaglia, che quella sera dopo essere stato ferito a colpi d’arma da fuoco si finse morto, trattenendo anche il respiro, e ancora oggi non si è completamente ristabilito. “Da un anno e mezzo facevamo con continuità quel servizio, avevamo una sintonia assoluta. Il fatto di poter difendere la natura, i nostri luoghi era una cosa che ci entusiasmava”. “Quando sono sceso dalla macchina – aggiunge Ravaglia ricordando quei terribili momenti – (il killer) mi ha sparato, io sono caduto per terra, Valerio ha detto quella frase (‘Cos’hai fatto, hai sparato ad un agente della polizia provinciale?’), poi ho sentito un altro colpo e più niente. Voleva vedere se ero vivo, mi ha girato la testa con un piede, mi ha portato via la pistola e se n’è andato. Un momento prima pensavo di morire, un secondo dopo mi sono attaccato alla vita con le unghie e con i denti. Il chirurgo dopo l’intervento ha detto a mia moglie che sono un miracolato”.
Per Igor – dice l’agente – ci vuole “l’ergastolo, e che lo sconti fino all’ultimo giorno. La pena di morte no, sono sempre stato contrario”. E sul fatto che il killer fosse in libertà: “La legge prevedeva questo e lo hanno messo fuori”.
“Il vuoto che ho provato e che provo ancora. Il dolore, lo smarrimento, la paura, l’incredulità, il ‘non è  possibile’, e poi ancora il dolore. Ecco quello che ho sentito e visto negli occhi e nel cuore della mia famiglia”. Lo ha scritto ieri, in un messaggio su Facebook, Francesca Verri, figlia di Valerio, il volontario che un anno fa fu ucciso nel Mezzano, provincia di Ferrara, da Norbert Feher, il serbo catturato in Spagna a metà dicembre. “Non è cambiato niente, non potrà mai cambiare niente. Oggi come un anno fa. Ti Amo Papà”, aggiunge Francesca.

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