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Grasso e Boldrini contro gli attacchi Pd “Noi imparziali, basta vederci in aula”

Polemica sulla discesa in politica dei due presidenti. Rosato: “La seconda carica dello Stato deve essere super partes”. Orlando: “È un passaggio all’opposizione senza precedenti Piero Grasso, Sergio Mattarella e Laura Boldrini

Una campagna elettorale, due Presidenti delle Camere, mille scintille tra le sinistre pronte alla guerra. Nell’aria, quel profumo di elezioni che amplifica lo scontro. «Il duplice impegno di Grasso e Boldrini – ragiona nel cuore della Camera Ettore Rosato, potente capogruppo renziano – è oggettivamente una novità. E in un certo senso “scopre” le istituzioni. Non chiediamo le dimissioni, né penso che non possano fare politica. Rilevo però che esiste una differenza enorme tra la seconda e la terza carica dello Stato, perché il Presidente del Senato può trovarsi a ricoprire temporaneamente l’incarico di Capo dello Stato. Per questo deve essere super partes».
Il fondo di Eugenio Scalfari/ I democratici e la sinistra
Quanto può stare stretta la casacca istituzionale a chi ha deciso di guidare un partito alle prossime elezioni, ecco il dilemma. E soprattutto: imboccare il sentiero della leadership politica non consiglia le dimissioni? È il tema sollevato ieri su Repubblica da Eugenio Scalfari, ed è al centro del dibattito tra le due sinistre.
Per Grasso, il nodo semplicemente non esiste. Preferisce «non entrare nella polemica», fanno sapere ambienti della Presidenza, anche perché l’unico metro di giudizio è l’imparzialità nella gestione dell’Aula, non certo la neutralità assoluta. E però, ricordano, non è certo il primo Presidente del Senato a fare politica. Per il resto – dicono – parlano i risultati, ad esempio l’unanimità con cui ieri la giunta presieduta da Grasso ha licenziato il testo di riforma del regolamento.
L’altra sponda è occupata da Boldrini. Che reagisce così, ufficiosamente: «Non è certo la prima volta che i Presidenti delle Camere fanno incursioni nel politico, pur in un quadro di riconosciuta terzietà. È sempre successo, almeno negli ultimi quindici anni». C’è chi ricorda che nel passato i suoi predecessori erano però anche leader di partito. «È vero – sostiene – ma il diverso curriculum non può diventare una ragione per non intervenire nel dibattito pubblico». E poi c’è sempre il richiamo alla gestione dell’Aula: «Ho sempre garantito terzietà. Si potrebbero fare tanti esempi, ma bastano quelli delle ultime caldissime settimane, quando di fronte alla richiesta avanzata da sinistra di non far porre la fiducia sulla legge elettorale, la scelta è stata quella di non opporsi alla decisione del governo, anche facendosi carico delle polemiche che sono seguite».
Non esiste un “manuale del Presidente”, certo. E però il nodo resta, e fa discutere: non si è più liberi lasciando lo scranno istituzionale? Il Pd di Matteo Renzi non sembra intenzionato a chiedere un passo indietro dei due Presidenti. Pesano ragionamenti e precedenti. E pesa, confessata sotto voce alle latitudini del Nazareno, anche la voglia di spendere l’arma polemica della partigianeria istituzionale contro i probabili “avversari in casa” della prossima campagna elettorale. Giorni fa, per dire, il braccio destro renziano Matteo Richetti ha stroncato le «fesserie» anti-Grasso di alcuni renziani dopo le elezioni siciliane.
Ciononostante, segnala un problema: «Come ho già ricordato in un post, ho fatto il Presidente del “parlamento regionale” dell’Emilia Romagna e per il mio modo di concepire il ruolo di garanzia e super partes che viene affidato a questi incarichi, non mi sarei mai permesso di dire “non c’è più” a nessuna forza politica». Si riferisce all’affondo di Grasso contro il Pd che «non esiste più», essendosi fermato a «quello di Bersani e di Sel». A sinistra l’aria che tira è esattamente questa, cordialmente ricambiata. «Immaginare che il ruolo di presidente delle due Camere si debba limitare a un esercizio notarile di quella funzione – attacca l’Mdp Francesco Laforgia – è una strana idea della democrazia».
Per paradosso, però, sono i pontieri dem che lavorano davvero alla coalizione di centrosinistra a vivere come un ostacolo all’unità l’attivismo di Grasso e Boldrini. Sentite Andrea Orlando a Radio Radicale: «L’assenza di una proposta politica chiara – sostiene – ha creato spazi che hanno prodotto tentazioni e un effetto collaterale di distorsione degli equilibri istituzionali. Non trovo un precedente storico rispetto a un passaggio all’opposizione di tutti e due i Presidenti in una forma così esplicita e forte».
Se la sinistra si lacera, a destra si sorride di uno strappo che Piero Fassino proverà a ricucire contro ogni legge della fisica. E certo, il vicepresidente

del Senato Roberto Calderoli apprezza per davvero l’operato di Grasso, ma forse soffia anche un briciolo sul fuoco dello scontro a sinistra quando assicura: «Gli attacchi contro il Presidente sono gratuiti e inopportuni. Mai come ora sta dimostrando la sua terzietà».

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