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Gioco d’azzardo, stop a sponsorizzazioni sportive e agli influencer

iente più influencer che inviteranno a scommettere su questa o quella partita. Così come dai prossimi campionati, in Italia, non ci saranno più squadre e relativi campioni con la maglietta legata a prodotti di gioco. Stop anche ai gadget, a manifestazioni o eventi che mettono in palio prodotti brandizzati con i principali operatori del gioco pubblico. È quanto emerge dalle linee guida pubblicate sul sito dell’Autorità per le garanzie nelle comuunicazioni (Agcom) sulle regole attuative del divieto di pubblicità diretta e indiretta del gioco pubblico introdotto dal decreto sul lavoro del luglio scorso.

Il divieto assoluto
Le linee guida dell’Agcom, come ricorda l’agenzia specializzata Agiprones, sono state messe a punto dopo un intenso lavoro di confronto con tutti i soggetti coinvolti nel settore del gioco pubblico, dalle associzioni di categoria , al movimento genitori, dalle federazioni della stampa ai singoli concessionari. I principi cui si è ispirata l’Authority sono stati «il contrasto del gioco illegale» e «la riconoscibilità dell’offerta autorizzata rispetto a quella illegale», nonché la trasparenza dei servizi offerti «in modo da favorire decisioni consapevoli» e «la protezione rafforzata delle categorie vulnerabili, con particolare riferimento ai minori e ai giocatori patologici». In questo senso nessuna deroga al divieto di pubblicità per sponsorizzazioni o comunicazioni commerciali del gioco, così come al product placement (la presenza di prodotti di gioco con finalità commerciale in film, serie e programmi tv), la distribuzione di gadget brandizzati dei prodotti di gioco, l’organizzazione di eventi con premi costituiti da prodotti brandizzati, le manifestazioni a premio, la pubblicità redazionale e la pubblicità, diretta e indiretta, effettuata dagli “influencer”.

Sì alle quote in Tv e ai cartelli delle vincite
È comunque lunga la lista delle esclusioni dal divieto di pubblicità. In Tv resterà possibile la televendita di beni e servizi di gioco a pagamento, a condizione che «non abbia finalità prevalentemente promozionale». Sarà ancora possibile, all’inizio o all’intervallo delle partite effettuare «servizi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi competitors» in quanto per le linee guida Agcom non sono da considerarsi come forme di pubblicità. Resisteranno anche i cosiddetti “spazi quote”, ossia «le rubriche ospitate dai programmi tv o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker, purchè non vi sia alcuna forma di invito al gioco». In sostanza si potrà “informare” il telespettatore ma senza invogliarlo in alcun modo la gioco: su un risultato la quota è x si potrà dire o far scorrere in video, mentre sarà vietato dire o scrivere se punti su una squadra vinci x. Non scompariranno da bar e tabacchi i cartelli, anche scritti a penna, delle vincite più importanti: scrivere qui vinti 1.000 euro non è pubblicità. Così come non rientrano nel divieto, scrive sempre l’Agcom, le comunicazioni dei punti vendita di gioco e sui siti web degli operatori, «sulle caratteristiche del prodotto e del servizio di gioco offerto», come «le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti» e «le informazioni rilasciate su richiesta del cliente». Secondo il garante queste indicazioni sono «funzionali a consentire scelte di gioco consapevoli».

I siti web
Nessun divieto per i domini dei siti. Sono esclusi dal divieto i cosiddetti servizi gratuiti di indicizzazione mediante algoritmo forniti direttamente dai motori di ricerca o dai marketplace (Apple Store, Google Play) in grado di consentire all’operatore di gioco di avere un posizionamento migliore nei risultati di ricerca dell’utente, una volta che quest’ultimo abbia già inserito la specifica query relativa al gioco a pagamento nel motore di ricerca o nel marketplace.


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