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Fratelli Chiodi costruzioni L'Aquila: Molte sono le ditte che ripartiranno in italia dopo il COVID 19

“Con molto buon senso, da parte di tutti gli addetti alla sicurezza, soprattutto dei lavoratori stessi che, secondo me, nel caso specifico, sono i primi responsabili di sé stessi”.
Così, secondo l’ingegnere Antonio Masci, impegnato nella ricostruzione post-terremoto e componente della Commissione criteri infrastrutturali e sportivi–organizzativi della Figc, si deve procedere alla riapertura dei cantieri il 4 maggio prossimo, quando in modo graduale dovrebbe prendere avvio la cosiddetta fase 2 dell’emergenza Coronavirus.
Ingegner Masci, che ruoli ricopre attualmente da professionista?
Un po’ come tutti i professionisti impegnati nell’ambito dell’edilizia e prevalentemente sui crateri sismici 2009 e 2016/17, spazio da progettista, direttore dei lavori a coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione e in molti casi, sono stato incaricato quale committente o responsabile dei lavori, insomma, sono un classico libero professionista.
Leggiamo anche sui media che lei è membro della Commissione Criteri Infrastrutturali e Sportivi–Organizzativi della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Come vi state organizzando?
Su questo argomento specifico, non sono persona utile e deputata a rispondere in quanto esiste un ottimo presidente di Commissione (Claudio Garzelli, ndr) oltre che, ovviamente, al presidente della Federazione (Gabriele Gravina, ndr).
Il suo ruolo nelle Diocesi?
Per quanto attiene alla Diocesi di L’Aquila, sto ultimando il cantiere di Sant’Emidio, in piazza Duomo, in qualità di responsabile dei lavori, coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, per una porzione e attendo l’inizio del cantiere relativamente alla Chiesa di San Marco, sempre in qualità di responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. Per quanto attiene alla Diocesi di Teramo–Atri, sono stato selezionato quale presidente dell’Ufficio tecnico diocesano e per la Ricostruzione ovvero un sistema di gestione implementato, rispetto a quello che utilizzammo qui a L’Aquila fino all’intervento della legge 125/2015, che decretò, di fatto, il passaggio da soggetto attuatore dalle Diocesi al Mibac circa la ricostruzione e restauro del patrimonio culturale ecclesiastico, prevalentemente danneggiato dal sisma. Nelle altre Diocesi, ho incarichi quale consulente specializzato nei processi di ricostruzione dei beni culturali ecclesiastici danneggiati dal Sisma ed incarichi di progettazione.
Come mai a L’Aquila la Diocesi non è più soggetto attuatore e, ad esempio, Teramo, Ascoli Piceno, Camerino, ecc., lo sono?
Tutte le Diocesi non sono più soggetti attuatori solo ed esclusivamente per gli edifici di culto danneggiati dal sisma 2009 che, dall’entrata in vigore della legge 125/2015, sono di attuazione pubblica e non più “privata – diocesana” ma hanno la facoltà di esserlo per quegli edifici danneggiati dal sisma 2016/17 che attraverso la pubblicazione dell’ordinanza del commissario straordinario per la ricostruzione n.84 – Sisma 2016 – ha meglio legiferato le procedure circa la ricostruzione degli edifici di culto in fatto di affidamenti ai professionisti e alle imprese, cosa che qui a L’Aquila, non avevamo e che comunque abbiamo sempre gestito, in linea con il Codice degli appalti pubblici 163/06, vigente nel 2009, intuendo che quella sarebbe stata l’unica strada per una quanto più ampia tutela, cosa che poi abbiamo visto darci ragione, dopo 10 anni, con l’ordinanza n.84.
Lei parla di ruoli da committente, responsabile dei lavori, coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione e di tutela. Come ci si può tutelare per la ripresa dei cantieri edili prevista per il 4 maggio 2020 in fatto di prevenzione al Covid-19?
Premesso che non sono un legale ma un semplice consulente tecnico d’ufficio di tribunali e di parte per diverse committenze pubbliche e private, oltre che diretto interessato nella filiera degli eventuali “responsabili” in caso di infortunio in cantiere e che dunque si potrebbe trovare davanti ad un giudice, posso solo dire che le responsabilità, all’interno di un cantiere edile, sono attribuite in base al ruolo ricoperto.
Ovvero? Chi possono essere i responsabili in caso di contrazione del virus Covid-19 ed ancor peggio in caso di decesso causato dallo stesso virus?
Vorrei intanto ricordare che il “Covid-19”, è stato inquadrato dal decreto “Cura Italia”, come infortunio sul lavoro. Per me è aberrante, forse perché potrei esserne coinvolto direttamente e rischiare di andare a processo perché un addetto di cantiere, fa causa al datore di lavoro per aver contratto il virus in cantiere o peggio ancora, decede e magari, dopo l’orario di lavoro, è passato a bere una birra in un bar o è stato contagiato in ambienti non di lavoro. Come si può dimostrare davanti ad un giudice il luogo di contrazione del virus? Come ci si può difendere? La giurisprudenza sono certo ci aiuterà, aihmé, con le prime sentenze…. Tornando all’infortunio sul lavoro, inteso come infortunio grave ovvero con prognosi oltre i 40 giorni e/o ancor peggio, con il decesso, certamente il datore di lavoro dell’impresa presso la quale è assunto l’addetto, il datore di lavoro dell’eventuale impresa appaltatrice e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (Csp-Cse), vanno diretti al processo penale. I direttori di cantieri/capi cantiere, i preposti/capi squadra e il committente e/o responsabile dei lavori, possono certamente andare in giudizio penale, in base alla gravità dell’infortunio – certamente con la morte dell’addetto – e in base a come gli organi di vigilanza – Asl prevalentemente, inquadrati in quel momento come autorità di polizia giudiziaria – inquadrano “il reato”, dunque molto soggettivo, per esperienza personale da entrambe le parti. Se un giudice mi chiedesse di redigere una consulenza tecnica per un eventuale infortunio grave o decesso da Covid–19, oppure fossi parte imputata quale Csp, Cse, committente o responsabile dei lavori, ovviamente con avvenuto accertamento del contagio o decesso nelle aree di cantiere, altrimenti non sarei in grado di accusare o difendere alcuno in quanto, non saprei dimostrare in quale luogo, l’addetto, abbia contratto il virus, potrei solo far riferimento al Testo unico sulla Sicurezza e Salute sui luoghi di lavoro, D.Lgs. 81/08 e ss.mm.ii. nonché alla giurisprudenza in fatto di contrazioni di virus sui luoghi di lavori, aspetto questo, a mio parere, molto controverso in quanto il Covid-19 non è un virus o una malattia invalidante causata dalle lavorazioni, in questo caso oltre che edili, in genere, tipo un cancro diagnosticato per possibile contatto aereo con i materiali aereiformi contenuti nell’amianto – altre malattie inerenti le cosiddette “cause di lavoro”, ben riconducibili ad un determinato ambiente di lavoro.
Dunque come si procede per riaprire i cantieri il 4 maggio prossimo?
Con molto buon senso, da parte di tutti gli addetti alla “sicurezza”, soprattutto dei lavoratori stessi che, secondo me, nel caso specifico, sono i primi responsabili di sé stessi e vorrei ricordare l’art. 20, comma 1, del D.Lgs. 81/08 e ss.mm.ii. che recita “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”. Cosi come il Governo centrale ci ha in qualche modo reso responsabili singolarmente di ogni nostra azione, dal divieto di assembramento, alla corsetta al parco, alle autocertificazioni sugli spostamenti, sono fermamente convinto che il primo responsabile debba essere il lavoratore stesso, soprattutto quando non è in cantiere in quanto, dubito che un datore di lavoro che scalpita per riaprire un cantiere il 4 maggio e dar da mangiare alla propria famiglia ed alle famiglie dei suoi dipendenti, possa omettere qualche misura di prevenzione concertata principalmente con i “poveri” Cse, per forza di cosa tenuti a studiare anche questo nuovo tipo di infortunio sul lavoro, per quanto oggi vi sia poca legislazione in merito o forse nulla nel campo edile in quanto non vi è stata una modifica integrazione del D.Lgs. 81/08, oppure a dimettersi.
Dunque i lavoratori come primi responsabili?
Certamente si, in quanto, se il Cse ha aggiornato il Piano di Sicurezza e di Coordinamento (Psc) – art. 92, comma, 1 lett.b, D.Lgs. 81/08 – con le procedure di contenimento e prevenzione descritte nei Decreti in vigori e promulgandi; ha trasmesso l’aggiornamento al committente o al responsabile dei lavori (quest’ultimo, qualora nominato altrimenti gli obblighi di presa in considerazione del Psc e Fascicolo dell’opera in virtù dei suoi obblighi di cui all’ all’art. 90, comma 2. restano in seno al Committente e dunque la trasmissione di tali aggiornamenti all’impresa appaltatrice, resta suo onere), quest’ultimo lo trasmette – art. 101 – al datore di lavoro dell’impresa appaltatrice che lo mette a disposizione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls o Rlst) al fine di proporre modifiche integrazioni ai sensi dell’art. 102, comma 1; lo stesso datore di lavoro aggiorna il Piano operativo di sicurezza (Ps) –a successiva firma, già prevista ad oggi, anche del medico competente, Rspp ed Rls o Rlst – come elemento complementare e di dettaglio del Psc, inserendo anche i verbali di avvenuta formazione/informazioni specifica ai direttori di cantieri/capo cantieri, dei preposti/Capi squadra nonché di tutti gli addetti circa il “Protocollo aziendale Covid -19”, inteso anche come aggiornamento/modifica del Documento Valutazione dei Rischi aziendale (Dvr), torniamo al principio d cui all’art.20 del D.Lgs 81/08 circa la responsabilità soggettiva del lavoratore che, non può contrarre il virus in cantiere, salvo diverse sue “abitudini” durante l’orario di lavoro. Fuori dal cantiere, sfido chiunque a poterlo ricondurre la contrazione del Covid-19 all’interno di un cantiere con un protocollo “normalizzato”, salvo anomalie o cattiva fede soggettiva direttamente riscontrata dai responsabili del cantiere, preposti e direttori di cantiere, che dovranno vigliare un pochino di più sugli atteggiamenti degli addetti in fatto di rispetto del nuovo protocollo aziendale.
E per i subappaltatori/fornitori?
Già contemplato nella legislazione vigente. Nei contenuti dell’All.XV al D.Lgs. 81/08 e ss.mm.ii, ovvero circa i contenuti del Psc, è contemplata la modalità di accesso delle persone, dei mezzi e delle forniture in genere in cantiere ed è successivamente dettagliata nei Pos. Per quanto riguarda i subappaltatori, il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice, deve verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione – art. 97, comma 3, lett. b). mentre per i fornitori, per quanto mi riguarda, nei cantieri ove sono presente, mi sembra di buon senso, condividere con i datori di lavoro delle imprese, la possibilità di controllare, attraverso il suo direttore di cantiere o preposto, l’avvenuto aggiornamento del Dvr aziendale da parte del fornitore per l’accesso in cantiere con successiva consegna/presa visione del “Pos di cantiere” al fine di verificare l’attuazione dei protocolli “anti covid-19 – esterni al cantiere”.
Lei crede che tutti i cantieri che ripartiranno il 4 maggio, adottino queste procedure?
Per quanto mi riguarda, ne sono convinto. Qui a L’Aquila, ripartiranno importanti cantieri come Sant’Emidio (Consorzio ricomprendente il palazzo vescovile, seminario, ecc., in Piazza del Duomo) con la ditta Costruzioni Iannini ed Archeores, il Palazzo dei Baroni Cappa a San Nicandro con la ditta Carlo ed Ettore Barattelli, diversi aggregati a Pizzoli e fuori regione con la ditta F.lli Chiodi, aggregati con la ditta Rosa Edilizia, De Simone Costruzioni, De Santis Costruzioni e sono certo che tutti i datori delle aziende citate, tra l’altro tutte aquilane, salvo Archeores (Avezzano, ndr), conoscendoli molto bene personalmente e professionalmente, hanno sempre avuto più a cuore la salute dei propri dipendenti ed alla propria incolumità/tutela, piuttosto eludere le norme e soprattutto finire sotto processo per un virus ancor più subdolo che, in questo caso, sia annida anche nella soggettività di controllo degli organi di vigilanza e di giudizio nei fori e che, ahimè, saranno comunque loro a farci notare dove abbiamo sbagliato con il Covid-19 e a dettare le nuove regole

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