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Ex Jugoslavia, Ratko Mladic condannato all'ergastolo per il genocidio di Srebrenica

Ex Jugoslavia, Ratko Mladic condannato all'ergastolo per il genocidio di Srebrenica
(afp)

L’ex generale ha dato in escandescenze durante la lettura della sentenza. Accolti dieci degli undici capi d’accusa per i massacri avvenuti durante la guerra dei Balcani. Il suo legale ha annunciato ricorso

L’AJA  – “Imputato Ratko Mladic, il Tribunale internazionale delle Nazioni Unite la condanna all’ergastolo per genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra”. Dopo la lunga lettura dei capi d’accusa, il presidente della Corte Aphons Orie, freddo e impassibile, ha letto la sentenza.
Nel contempo Mladic, il macellaio di Srebrenica, dava in escandescenze, gridava al processo politico, insultava i giudici come bugiardi, diceva di sentirsi male.
Cosí si è concluso pochi minuti fa l’ultimo e il più atteso processo al Tpi (il Tribunale internazionale per i crimini di guerra) per le guerre che portarono alla fine dell’ex Jugoslavia. A fine anno il Tribunale si autoscioglierà.
La sentenza esaspera le persistenti divisioni nell’ex Jugoslavia: per i bosniaci musulmani e croati Mladic è un mostro, per i serbi di Bosnia, come ha detto il loro leader, il falco Milorad Dodik nemico del presidente europeista della Serbia Aleksandar Vucic, “il generale resterà sempre il nostro eroe, come un de Gaulle”.

Ex Jugoslavia, Ratko Mladic condannato all'ergastolo per il genocidio di Srebrenica

Secondo il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Raad al-Hussein, “Mladic è l’incarnazione del Male ma non è sfuggito alla giustizia”.
Questo processo e questa sentenza, ha continuato in tono ammonitorio il giudice Orie, sono una lezione al mondo: “Un avvertimento che chi perpetra simili crimini non sfuggirà alla giustizia, non importa quanto possano essere potenti o protetti, non importa quanto il procedimento legale potrà durare”.
Ratko Mladic è stato riconosciuto dai giudici colpevole di ben dieci degli undici capi d’accusa. Tra questi ecco i più importanti: responsabile del massacro di Srebrenica chiamato dalla Corte “genocidio” (termine contestato da Belgrado), crimini contro l’umanitá, crimini di guerra, l’aver avuto un ruolo da protagonista in un’associazione criminale con lo scopo di eliminare la popolazione non serba dalla Bosnia, operazioni sanguinose di pulizia etnica, responsabilità in stupri, stermini, stupri di massa, ruolo decisivo nel bombardamento d’artiglieria effettuato dalle forze serbe di Bosnia per mesi contro la capitale bosniaca Sarajevo, nei mesi di assedio che portarono alla morte di diecimila civili.

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Invano Mladic, presentatosi in aula a sorpresa (molti credevano che avrebbe disertato la seduta) in giacca scura cravatta rossa e camicia bianca, ha cercato di disturbare  l’ultima seduta del tribunale. Prima facendo chiedere ai suoi legali un’interruzione per farsi misurare la pressione, dicendo di sentirsi male, poi ritrovando tutta la sua energia e dando in escandescenze, con urla d’insulti contro la Corte.
Adesso il 75enne “boia dei Balcani”, anziano, mal ridotto e malato, finirà i suoi giorni in una cella. Ha già vissuto molto di piú della maggior parte delle sue migliaia di vittime, gli 8372 uomini e adolescenti maschi massacrati a Srebrenica e i civili macellati dalle cannonate a Sarajevo, e le vittime in altre stragi a motivazione etnica in Bosnia.

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La guerra di secessione della Bosnia-Erzegovina contro la Jugoslavia, che da Stato federale come il maresciallo Tito l’aveva lasciata morendo era divenuta uno Stato centralista dominato dai serbi e dal loro leader ultrà Slobodan Milosevic, fu la terza dopo il breve conflitto con la Slovenia e il lungo, sanguinoso conflitto con la Croazia.
Truppe di caschi blu delle Nazioni Unite difendevano, ma con poche armi e mezzi, i luoghi più a rischio, come l’enclave musulmana di Srebrenica. Circondata da preponderanti forze serbobosniache guidate da Mladic, Srebrenica era difesa solo da pochi soldati olandesi.
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Invano il loro comandante generale Thom Karremans chiese un intervento aereo Nato per salvare i civili. Alla fine la città capitolò. Mladic minacciò, in caso di raid degli F-16 dell’Alleanza, di sterminare tutti, civili e caschi blu. Presa la città, consentí ai soldati olandesi di evacuarla, e di partire insieme alle donne e ai bambini. Ma trattenne tutti i maschi, adulti o adolescenti.
Il massacro, crudele, preciso, scientifico come una strage nazista, avvenne l´11 luglio del 1995. 8372 persone innocenti furono uccise con colpi alla nuca o raffiche di mitra e le loro salme ammassate in fosse comuni.
Anni dopo, con il reperimento di oggetti personali, esami del Dna, e diecimila elementi di prove e testimonianze di superstiti raccolte dagli inquirenti del tribunale internazionale, 6930 vittime furono identificate.
La guerra in Bosnia, poi la ribellione del Kosovo, portarono alla fine della Jugoslavia e alla caduta di Milosevic. Ma il suo erede liberamente eletto a Belgrado, l’europeista e democratico Zoran Djindjic, fu assassinato da uomini del vecchio regime.
Solo da pochi anni col giovane leader Aleksandar Vucic la Serbia si sta riformando e modernizzando decisa a entrare in Europa e a fare i conti col suo passato. Ancora oggi in Bosnia e Croazia e Kosovo migliaia di vedove e madri di adolescenti uccisi chiedono giustizia.
Per anni Mladic riuscí a nascondersi, prima nei bunker atomici rimasti dall’era di Tito in Bosnia, poi a Belgrado, protetto dai servizi segreti serbi: viveva nella sua bella casetta, da tranquillo pensionato tra passeggiate e partite di ping pong.
Solo molto più tardi la Serbia si decise a collaborare all’esecuzione del mandato di cattura internazionale contro di lui. Fuggendo di qua e di lá nascosto e protetto da complici ed ex commilitoni, alla fine Mladic fu arrestato nel maggio 2011 nel villaggio serbo di Lazarevo, 80 km a nordest della capitale Belgrado. “Avete trovato chi cercavate, sono io il generale Ratko Mladic”, disse agli agenti speciali, malconcio ma arrogante e fiero dei crimini per cui oggi è stato condannato.
Mladic comunque presenterà ricorso contro la sua condanna: lo ha annunciato la sua squadra legale. “È certo che ricorreremo in appello e l’appello avrà successo”, ha dichiarato l’avvocato Dragan Ivetic.

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