Acciaccati, fessurati, sgretolati, i ponti d’Emilia soffrono più della schiena di un facchino. Da sempre mediatori tra una sponda e l’altra, minacciano ogni giorno di interrompere bruscamente e tragicamente le comunicazioni.
In qualche caso ciò è già avvenuto come a Colorno, nel parmense, tanto che il grande fiume creatore della valle Padana, è diventato un confine invalicabile incarnando il paradosso di un mondo globalizzato dove risulta problematico passare dall’Emilia alla Lombardia.
Dal settembre scorso, il ponte che collega Colorno, meta turistica per la splendida reggia, con Casalmaggiore, comune rivierasco di sponda cremonese, è chiuso creando enormi problemi non solo ai numerosi pendolari tra le due sponde, ma altresì alle merci che ora sono costrette a scegliere l’autostrada A21 oppure sconfinare in territorio mantovano scavalcando il Po a Viadana.
Il ponte più vicino, quello di Ragazzola, sempre nel parmense, è anch’esso quasi fuori uso al punto da costringere il traffico a senso unico alternato. Parte dei pendolari ha scelto il treno, ma la linea non è certo di quelle ottimali per frequenza e comodità.
Perdipiù, dal cantiere del ponte, coevo di quello di Genova crollato martedì, non giungono notizie rassicuranti: riaprirà, salvo contrattempi, nel maggio del prossimo anno e i tecnici delle due Province hanno già fatto sapere che la ristrutturazione servirà a ridare solo una decina di anni di vita aggiuntiva a questo vecchio manufatto ormai compromesso da cui passano ogni giorno, tra auto e camion, 14 mila veicoli.
Il Governo ha stanziato 6 milioni, così come per Ragazzola, ma ancora si deve cominciare a lavorare visto che si è appena concluso il bando per la ristrutturazione. Riaprirà a ottobre, invece, l’altro grande malato di Pontelagoscuro, collegamento essenziale sul Po tra le province di Ferrara e Rovigo. La struttura, datata 1949, sta per essere rimessa in piedi dopo quattro mesi di lavoro e si appresta a sopportare il suo carico di 30 mila veicoli al giorno.
Le grandi cure per i vecchi ponti, ancorché tardive, non scongiurano gli spettri del passato dove tragedie come quella di Genova sono state per fortuna solo lambite.
A Piacenza, si è riunito il comitato operativo per la viabilità correndo al capezzale delle campate che scavalcano il Po una delle quali, il 30 aprile del 2009, crollò in seguito alla piena e fece precipitare quattro auto tra le acque. Intanto il Codacons diffida i prefetti di Parma e Reggio invitandoli a effettuare verifiche.
E mentre a Bologna è ancora aperta la ferita inferta al viadotto del raccordo per Casalecchio a Borgo Panigale, ovunque in regione è scattato il controllo dei cavalcavia dove sono avvenuti distacchi di parte del calcestruzzo. In particolare sono state condotte verifiche su quelli di Modena e su quelli della Ferrara- mare, in questi giorni molto frequentata, oggetto di polemiche feroci tra la Provincia e alcuni esponenti leghisti.