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Ecco dove nascono i raggi cosmici: ce lo indica un neutrino

La conferma da quindici telescopi in tutto il mondo: la particella arriva da un buco nero distante 4,5 miliardi di anni luce. Può risolvere un enigma che dura da quasi un secolo. E l’astronomia ora ha un’arma in più.
È BASTATO un neutrino, uno solo, per far voltare astronomi e astrofisici di mezzo mondo verso un angolo remoto dell’Universo e vedere da dove, quattro miliardi e mezzo di anni fa, un gigantesco buco nero ha eruttato raggi cosmici e particelle subatomiche. Quel neutrino, un granello di materia un milione di volte più leggero di un elettrone, ci ha “indicato la strada” per risolvere dopo quasi un secolo l’enigma dei raggi osmici: la loro origine.
L’approccio rivoluzionario dell’astronomia multimessaggero (lo studio dei fenomeni attraverso più “messaggi” che arrivano fino alla Terra) è stata la chiave per decifrarlo. Come accaduto per le onde gravitazionali, ancora una volta un evento violentissimo nel lontano universo si mostra a noi con impulsi diversi.

Una scoperta frutto del lavoro di centinaia di scienziati e decine di istituti di ricerca, con un fondamentale contributo italiano di Inaf, Infn e Asi oltre a diverse università, e che si è guadagnata la copertina di Science.
  IL VIAGGIO
Il neutrino è arrivato fino a qui attraversando un terzo del tempo cosmico alla velocità della luce, è passato dentro galassie, stelle, nebulose, ha superato i “Bastioni di Orione” e poi tutta la Terra senza toccare nulla sul suo percorso. Fino a che un atomo di ghiaccio nel più sperduto angolo del nostro pianeta, l’Antartide, ha fermato la sua corsa.
Un flash, catturato il 22 settembre 2017 dalle ‘gabbie’ dell’esperimento IceCube della National science foundation americana, ed è subito partita una “allerta neutrino”. Quindici osservatori, da terra e dallo spazio, hanno rivolto il loro occhio nella direzione dalla quale proveniva il piccolo messaggero e hanno scovato il responsabile. Un “blazar” ((TXS 0506+056), cioè una galassia attiva con un buco nero supermassiccio al centro, distante 4,5 miliardi di anni luce, in direzione della costellazione di Orione: “Per la prima volta è stata identificata la sorgente di un neutrino cosmico – spiega Patrizia Caraveo, direttore di ricerca all’Inaf – l’unica conclamata finora era il Sole e, per un breve momento, lo è stata una supernova nel 1987″.
Caraveo è anche responsabile dello sfruttamento scientifico dei dati del satellite Nasa Fermi, il primo telescopio ad aver risposto all’allerta. Il suo principale strumento (Lat) è italiano, finanziato dall’Agenzia spaziale con il contributo scientifico di Inaf e Infn, e osserva il cielo nei raggi gamma: “Fermi ‘spazzola’ il cielo ogni tre ore, è andato a vedere nei dati dei giorni precedenti e ha visto che una sorgente, in particolare, saliva di intensità, e ha continuato a osservarla: così ha inviato un’altra allerta con telegramma astronomico” racconta Caraveo.
Il telescopio ha quindi suggerito a tutti gli altri dove spostare lo sguardo: “Da dieci anni il personale di Fermi è di turno 24 ore su 24 per osservare il cielo e mandare informazioni se troviamo qualcosa di rilevante – spiega Elisabetta Cavazzuti, responsabile italiana per l’Asi di diversi programmi scientifici, tra cui proprio Fermi e NuStar, oltre che dell’italiano Agile – così Fermi ha fornito l’indirizzo del cielo che tantissimi altri telescopi sono andati a puntare”.
• L’INFORMAZIONE MULTIMESSAGGERO
Quel neutrino è stata la prima informazione giunta dal blazar e gli scienziati si sono subito mossi per cercare i fotoni, le radiazioni elettromagnetiche (luce visibile compresa) che potessero confermare la sua provenienza. Un po’ come essere colpiti da un sasso e girarsi di scatto per vedere chi l’ha lanciato: “È la prima volta che si ha una massiccia osservazione multimessaggera in un evento di neutrini – continua Cavazzuti – come è successo per le onde gravitazionali l’anno scorso. Non ci sono precedenti. Così come non abbiamo la certezza assoluta che quel neutrino venga proprio dal blazar che abbiamo osservato. Abbiamo calcolato una probabilità del 99 per cento, ma ancora non basta. Il valore che usiamo in questi casi, il sigma, è di 3: una ‘significatività media’. Solo oltre il 5 c’è la sicurezza”.
Dopo Fermi, Swift, NuStar della Nasa, il satellite Integral dell’Esa e Magic, telescopio terrestre con contributo italiano, ognuno con le sue capacità e caratteristiche, hanno osservato quella sorgente a diverse lunghezze d’onda. Un grandioso sforzo internazionale in cui i ricercatori italiani hanno avuto un ruolo da protagonisti: “Prima Fermi ha individuato raggi gamma dalla sorgente poi i telescopi Magic da Terra hanno rilevato energia molto maggiore, fino a 400 Gev (miliardi di elettronvolt) – conferma Barbara De Lotto, ricercatrice Infn università di Udine, all’epoca del rilevamento responsabile nazionale Infn per i telescopi Magic alle Canarie – la sorgente era conosciuta ma abbiamo osservato che le emissioni erano superiori alla norma. Per la prima volta si vede questo tipo di segnale associato a un neutrino”.
A calcolare la distanza della galassia inoltre è stata un’altra ricercatrice italiana, Simona Paiano, utilizzando il telescopio ottico più grande del mondo, il Gran telescopio Canarias, che è riuscito a decifrare lo spettro della poca luce visibile da quattro miliardi e mezzo di anni luce di distanza.
•IL MISTERO DEI RAGGI COSMICI
Da un secolo, da quando sono stati scoperti, ci si interroga da dove provengano i raggi cosmici. Una pioggia di protoni che investe il pianeta ma che, per loro stessa natura, vengono deviati dai campi magnetici in tutto il cosmo, per questo è impossibile stabilirne l’origine. “Ci vuole una macchina cosmica molto potente per accelerare protoni a energie così alte – sottolinea Caraveo – una macchina che produce neutrini e raggi gamma”. Per la prima volta una è stata individuata grazie a un singolo neutrino, che ci ha indicato la direzione in cui guardare proprio per la sua innata ‘indifferenza’: “Il neutrino è una particella che interagisce molto molto debolmente, viaggia indisturbata attraverso la materia e va dritta per la sua strada – conclude De Lotto – Averne trovato l’origine è un grande risultato frutto di uno sforzo internazionale enorme. Questo rende merito all’Infn che da anni investe in questo tipo di esperimenti sull’astronomia multimessaggero”.

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