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Draghi: i giovani non vogliono sussidi ma opportunità di successo

Il presidente della Bce a Dublino: «I governi devono ascoltare i giovani per il futuro dei loro Paesi e della democrazia». La disoccupazione giovanile resta 4 punti più alta rispetto al 2007, ricorda Draghi

Mario Draghi con il governatore della Banca centrale d’Irlanda Philip Lane al Trinity College di Dublino
Mario Draghi con il governatore della Banca centrale d’Irlanda Philip Lane al Trinity College di Dublino

«I giovani non vogliono vivere con i sussidi. Vogliono lavorare e allargare le proprie opportunità e oggi, dopo la crisi, i governi sanno come rispondere alle loro richieste e come creare un ambiente in cui le loro speranze possano avere una possibilità di successo», sostiene il presidente della Bce, Mario Draghi, in un discorso al Trinity College di Dublino, esortando quindi i governi «a rispondere alle loro richieste» per il futuro dei loro Paesi e della loro democrazia».

La disoccupazione giovanile nonostante sia scesa negli ultimi anni, «è ancora quattro punti percentuali più alta rispetto al 2007%», cioè all’inizio della crisi, ha ricordato Draghi, al suo intervento al Trinity College. «Dal picco del 24% nel 2013 è scesa al 19% circa nel 2016». Si tratta di un fenomeno «non recente. Era alta negli ultimi decenni, guidata sia dai fattori strutturali che dal lungo periodo. In Europa, il peggioramento del mercato del lavoro per i giovani è apparso negli anni Settanta, quando la disoccupazione è aumentata dal 4,6% all’11,1% entro la fine del decennio.

La disoccupazione giovanile, ha aggiunto, «non è solo strutturale ma anche altamente pro-ciclica. Durante la Grande Recessione, e la corrispondente crisi ciclica, la disoccupazione giovanile è salita notevolmente. Tra il 2007 e il 2013 aumenta di circa 9 punti percentuali nell’area dell’euro – due volte più del tasso di disoccupazione globale». E seppure il tasso di disoccupazione giovanile è migliorato, «molti giovani dell’area dell’euro stanno ancora studiando o non cercano attivamente un’occupazione. Il potenziale per le conseguenze sociali e economiche del mercato del lavoro è altrettanto elevato. Nel 2016, circa il 17% delle persone tra i 20 e 24 anni dell’area dell’euro non erano né in occupazione né in istruzione o formazione, mentre l’Irlanda era vicino a questa media dell’area dell’euro. In Grecia e in Spagna, i dati sono rispettivamente del 23% e del 21%».

Il problema della disoccupazione giovanile però non va affrontato alla radice solo per questioni di natura economica alla luce che i giovani danno in termini di produttività e innovazione ma anche per una ragione più fondamentale di giustizia ed equità sociale, ha detto il presidente della Bce. «Vi è una ragione più fondamentale — ha detto Draghi — per continuare ad affrontare questa sfida prioritaria con determinazione. Abbiamo visto come in molti Paesi il peso della crisi è caduto in maniera sproporzionata sulle spalle dei giovani il che ha lasciato un’eredità di speranze deluse, rabbia e in definitiva sfiducia nei valori della nostra società e nell’identità della nostra democrazia». Alcuni sostengono, ha argomentato Draghi, che «una più equa distribuzione di reddito e ricchezza è la risposta giusta per riportare entro il patto sociale quelli che hanno perso la battaglia della globalizzazione. Ma questo non può essere abbastanza per i giovani che sono il futuro delle nostre democrazie».

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