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Dopo lo stop Ue, Alitalia in alto mare. A rischio anche gli stipendi di febbraio

La compagnia di bandiera brucia 50 milioni di cassa al giorno e il suo salvataggio in attesa della dismissione potrebbe costare altri 1,7 miliardi di euro. Intanto cresce l’impazienza di Ita e di altri player.

Un futuro cupo e di cui non si scorgono i contorni. Una traversata in acque agitate, praticamente al buio. È questa la situazione di Alitalia in attesa che si capisca quale delle tre ipotesi di salvataggio mettere in campo: il nuovo bando, il conferimento diretto alla newco Ita o la nazionalizzazione degli asset.

In attesa che il nuovo governo decida, però, le casse sono sempre più vuote. Potrebbe servire un altro miliardo e settecento milioni di euro per salvare Alitalia in attesa della dismissione. E a rischio ci sono anche gli stipendi di febbraio.

Conto salato

Servono 200 milioni di euro per gestire la società fino alla cessione. Alitalia brucia cassa con un ritmo di 50 milioni di euro al giorno.

I 200 milioni si sommano ai 900 milioni di prestito ponte, ai 400 milioni stanziati dal governo Conte a gennaio e ad altri 200 milioni per l’emergenza Covid.

A queste cifre si aggiungono anche i 350 milioni di euro l’anno della cassa integrazione per i 6.800 dipendenti.

L’alt di Bruxelles

Ieri, intanto, un’altra tegola è arrivata dalla commissaria Ue alla concorrenza Margrete Vestager.

“A breve daremo il nostro parere sui due prestiti ponte da 1,3 miliardi. Ma di certo le regole non cambiano anche se in Italia ora ci sarà un nuovo governo: serve discontinuità netta tra le due società ed eventuali nuovi aiuti per la crisi Covid devono essere proporzionati al danno subito”.

La commissaria ha fatto capire che l’ipotesi di una cessione diretta degli asset di Alitalia a Ita non è gradita a Bruxelles come non lo è la possibilità di stanziare altri fondi pubblici per pagare gli stipendi.

Le tre ipotesi

Sul tavolo per salvare ancora una volta Alitalia ci sono tre alternative.

  • Da una parte il nuovo bando di gara. In questo caso servirebbero almeno sei mesi per ottenere un risultato dopo il nulla di fatto dell’asta dell’anno scorso.
  • La seconda ipotesi, già bocciata da Bruxelles, è il conferimento diretto degli asset alla newco Ita. La nuova compagnia è pronta e il suo piano industriale è già stato scritto ed esaminato. L’ipotesi è che il lavoro della newco iniziasse già a marzo, ma così non è stato.
  • La terza eventuale soluzione è l’acquisizione da parte dello stato degli asset Alitalia con contemporaneo azzeramento del debito nei confronti delle casse pubbliche.
Le manifestazione di interesse dell’anno scorso

Nel bando di gara lanciato lo scorso anno erano state raccolte otto manifestazioni di interesse, sia per tutti gli asset sia per le divisioni handling e manutenzione.

A presentare il bid erano state anche Almaviva e la società sudamericana Synergy Group Corp. di proprietà di Germán Efromovich.

E mentre nelle scorse settimane Ryanair ha scritto al governo italiano sollecitando una gara vera per la cessione degli asset di Alitalia, nei giorni scorsi è arrivata dal nulla un’offerta statunitense capitanata da Flavio Robert Paltrinieri che riunirebbe un gruppo di investitori disponibili a investire 10 miliardi di euro per mettere le mani sugli asset di Alitalia.

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