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Corte d’Appello, Fede assolto per crac Mora: «Leciti i soldi da Berlusconi»

I «prestiti», in più tranche e per quasi tre milioni di euro, che Silvio Berlusconi concesse a Lele Mora, ormai otto anni fa, «erano di per sé del tutto leciti». E «la circostanza» che una parte di quei soldi sia stata poi girata dall’ex talent scout ad Emilio Fede, «come corrispettivo per la sua intercessione» con l’ex premier o «per altri motivi», è penalmente irrilevante. Lo ha scritto la Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso maggio, ribaltando la condanna di primo grado a tre anni e mezzo di carcere, ha assolto l’ex direttore del Tg4 dall’accusa di bancarotta fraudolenta in concorso con Mora, che aveva già patteggiato per il crac della sua Lm Management. Per la Corte, presieduta da Giuseppe Ondei, infatti, prima di tutto non c’è nemmeno la prova che Fede – in secondo grado assistito dagli avvocati Gustavo Pansini e Giuseppe Toraldo – sapesse che all’epoca Mora era formalmente un «imprenditore individuale» e che come tale poteva fallire.

Il giornalista, in particolare, era imputato per aver tenuto per sé 1,1 milioni di euro dei 2 milioni e 750 mila versati nel 2010 da Berlusconi, in tre fasi, e destinati, invece, a salvare la società dell’ex talent scout. Nel processo di primo grado aveva testimoniato anche il leader di FI, spiegando che quei versamenti a Mora, attraverso il suo fidato ragioniere Giuseppe Spinelli, erano stati «un mio atto di generosità, di cui poi non mi sono più interessato». Per i giudici d’appello, come si legge nelle motivazioni, prima della dichiarazione di fallimento «come imprenditore individuale» dell’aprile 2011, Mora «poteva essere plausibilmente considerato», tanto «da Berlusconi come da Fede», alla stregua «di un imprenditore le cui società versavano in gravi difficoltà economico-finanziarie».

Tanto che quei prestiti dell’ex premier, arrivati nel 2010 e «in parte dirottati» dall’allora talent scout al giornalista, «risultavano funzionali, nella prospettiva di chi li aveva erogati, ma anche dello stesso Fede, a consentire al titolare indiscusso delle società in crisi di ripianare la situazione debitoria». Ciò, però, non è avvenuto, precisa la Corte, «per la dispersione di quelle risorse, almeno in parte, per finalità extra-societarie, come riconosciuto dallo stesso Mora», che le ha sperperate. Fede, tuttavia, secondo la Corte, incassando parte di quel prestito per aver fatto da intermediario, non era consapevole (o almeno manca la prova che lo fosse) «di concorrere nella sottrazione dei beni» ai creditori della società di Mora. Da qui l’assoluzione. La Corte ha anche revocato la condanna di Fede al pagamento di un milione di euro a favore della procedura fallimentare della Lm Management, parte civile nel processo

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