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Conti pubblici, il monito di Cottarelli: "Senza Monti e Fornero il debito sarebbe al 145% del Pil"

L’ultimo dossier dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto dall’ex commissario alla Spending Review. Senza la stretta fiscale del 2012 l’indebitamento sarebbe cresciuto ancora più rapidamente. Un messaggio al governo che invece punta ad utilizzare la leva del deficit per finanziare una parte delle misure espansive del suo programma



Fra i 108 e i 125 miliardi di euro: a questa cifra da brivido ammonterebbe l’onere per le finanze pubbliche del famigerato “contratto” che Lega e M5S sono tuttora impegnati a onorare – fra flat-tax, penali per opere pubbliche “riviste”, riforma della Fornero, reddito di cittadinanza – malgrado la ferma opposizione dello stesso ministro dell’Economia, Giovanni Tria. E’ l’ultimo calcolo dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, fondato e diretto da Carlo Cottarelli presso l’Università Cattolica di Milano. Solo una minima parte di questa somma sarebbe recuperabile con manovre di rientro, il grosso finirebbe inevitabilmente ad aumentare il deficit e il debito pubblico. Con conseguenze potenzialmente rovinose, specialmente per il rapporto debito/Pil, tenuto sotto stretta osservazione da Bruxelles e dai mercati. Questo è il senso dell’ennesimo “memento” che Carlo Cottarelli lancia al governo, e questa volta utilizza l’arma della dimostrazione scientifica per documentare i pericoli per il debito di manovre avventate e troppo costose.
L’ultimo dossier del Cpi, che Repubblica è in grado di anticipare e verrà pubblicato durante questo week-end sul sito dell’Osservatorio , si intitola “L’andamento del debito dopo la stretta fiscale del 2012”. “Il riferimento all’epoca del governo Monti, anche se può sembrare obsoleto, è utile per comprendere la situazione attuale”, spiega Cottarelli. “Allora ci fu una decisa stretta fiscale con la legge Fornero, la reintroduzione dell’Imu, l’aumento dell’Iva, dell’Ires e delle accise su benzina e alcolici. Si disse: sono misure recessive. Però senza quella stretta il rapporto fra debito e Pil sarebbe aumentato ancora più rapidamente e oggi sarebbe fra il 142 e il 145 per cento, con conseguenze drammatiche per l’Italia. Lo spread sarebbe molto più alto, il credito bancario più difficile, l’isolamento internazionale del Paese ancora peggiore, i rapporti con la Bce compromessi”.

È come una dimostrazione “al contrario”: tutte le voci che si levano a favore di misure di espansione in deficit senza coperture (e quindi foriere di aumento del debito) dovrebbero riflettere. Allora il pericolo fu scampato, guai a rimettersi sulla stessa china oggi, è il messaggio di Cottarelli. Quanto all’ipotesi che misure espansionistiche agendo sul denominatore e quindi alzando il Pil influiscano favorevolmente sul rapporto con il debito, “non si è mai verificata in nessun Paese”, taglia corto Cottarelli. Insomma, il debito se non è arrestato seccamente e possibilmente ridotto corre sempre più veloce, con un effetto di accumulo degli interessi “imprendibile” da qualsiasi aumento del Pil. Se si finanziano in deficit le misure espansive, come vorrebbero fare le forze politiche che sostengono l’attuale governo, il debito, spiega Cottarelli, aumenta ancora più rapidamente a causa appunto dell’alto livello del deficit e non solo per l’anno di riferimento ma per tutti gli anni successivi per lo stesso effetto accumulo. In una delle simulazioni, il Cpi ha anche provato a prevedere un aumento permanente del Pil con moltiplicatori sempre positivi: ma comunque non era sufficiente perché il rapporto debito/Pil si abbassasse.
Il debito pubblico, riconosce Cottarelli, è cresciuto dal 116,5% del Pil a fine 2011 al 131,8 di fine 2017, un aumento avvenuto in un periodo di presunta “austerità fiscale” (che peraltro per tutti gli anni successivi tanto “austera” non è stata): “Questa circostanza – si legge nel dossier coordinato da Silvia Gatteschi, uno dei ricercatori della Cattolica che lavorano con Cottarelli – viene addotta dai sostenitori di politiche di espansione fiscale per sostenere che viceversa le manovre restrittive sono controproducenti: per effetto di queste politiche il Pil scende, sostengono, e il rapporto tra debito pubblico e Pil aumenta.
Per rispondere a quest’obiezione, e per capire cosa sarebbe successo al debito/Pil se non ci fosse stata la stretta fiscale, abbiamo condotto una simulazione utilizzando stime dell’effetto della stretta fiscale sull’economia, i cosiddetti moltiplicatori fiscali”. Questi moltiplicatori vengono indicati dal ministero del Tesoro per ogni misura che comporti aumenti di spesa: investimenti pubblici, sussidi a investimenti privati, consumi intermedi, occupazione pubblica e gli altri tipici veicoli di intervento statale sull’economia. Lo stesso è valido per le misure di entrata (cioè di aumento delle tasse, il caso preponderante con il governo Molti dato che le misure si sono riversate sulle entrate per quattro quinti). L’Osservatorio Cpi ha utilizzato gli stessi moltiplicatori pubblicati dal Mef nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza del settembre 2017, che agiscono nei due sensi: in aumento in caso di espansione, in diminuzione in caso di restrizione (caso Monti). I moltiplicatori delle entrate ovviamente agiscono in modo opposto: all’aumento della pressione fiscale il Pil diminuisce, a una riduzione della pressione aumenta.
“Il rapporto debito/Pil, in assenza della stretta operata da Monti, una manovra restrittiva pari al 2,4% del Pil stesso – conclude lo studio – sarebbe cresciuto più rapidamente di quanto accaduto, arrivando nel 2018 al 142,1 per cento (circa 11 punti in più di oggi). Se si usasse per tale stima la valutazione contenuta nel Def 2012 della potenza restrittiva di quella manovra (3,1 punti di Pil) la simulazione porta a un rapporto del 145,4%. Cosa sarebbe successo all’economia italiana in presenza di una tale dinamica del debito? Cottarelli non esita a valutare un destino greco per il Belpaese: “Il “whatever it takes” di Draghi e il quantitative easing non sarebbero stati possibili in presenza di una mina-Italia di tali proporzioni innescata”, dice Cottarelli. “La crisi si sarebbe approfondita andando probabilmente fuori controllo, con una caduta del Pil nonostante la presenza di politiche fiscali espansive ancora peggiore di quella che c’è stata, con tutte le conseguenze nefaste che si possono immaginare”.

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