EXITO STYLE

CI SONO I FONDI DEL PIANO ANTIDISSESTO, PERCHE’ NON VENGONO SPESI?

cansalamone
Quanto accade in Italia, quanto accaduto in Sicilia e a Sciacca, dimostrano che non c’è un’attenzione ai problemi sempre più frequenti di dissesto idrogeologico, eppure i soldi per mettere in sicurezza il territorio ci sono.  C’è alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, una struttura di missione contro il dissesto idrogeologico che ha messo in campo dal 2014, quasi otto miliardi di euro da spendere entro il 2023 per rinforzare argini, costruire scolmatori e casse d’espansione per le piene, allargare i canali tombati, tirar su muri di contenimento. Per fare, dunque, ciò che avrebbe evitato le stragi da nubifragio del passato.
Poi però uno va a vedere quanto è stato effettivamente speso sul territorio per il Piano “Italiasicura” , così si chiama il Piano lanciato dal governo Renzi nel maggio 2014, e si ritrova davanti a una cifra che racconta di un Paese che non vuol imparare da se stesso e dal suo passato: spesi appena 114,4 milioni di euro. Meno dell’1,5 per cento del totale a disposizione.
Se si continua con questo ritmo, per investire i quasi otto miliardi recuperati dai bilanci di ministeri e agenzie, servirebbero quasi 200 anni. Visto quello che accade sempre più spesso è una situazione che non ci possiamo sicuramente permettere. Il clima cambia più velocemente e le situazioni tragiche di nubrifagi, alluvioni si ripetono sempre più spesso. In queste condizioni bisogna essere più veloci nel proporre progetti e soluzioni che possono anticipare le prossime bombe d’acqua. Finora il denaro utilizzato è stato trasferito dallo Stato alle Regioni ed è servito ad aprire soltanto alcuni cantieri nelle città metropolitane.
Il passo con cui avanza il Piano  “Italiasicura” è comunque troppo lento e qualcuno deve dare spiegazioni. Il capo della Struttura di missione, Erasmo De Angelis , dichiara che si è potuto autorizzare solo le opere di cui avevamo i progetti esecutivi, fornitoci dagli enti locali. L’Italia, continua De Angelis, sconta un ritardo storico sulle progettazioni, non ha la cultura della prevenzione. La cantierizzazione pesante ci sarà tra il 2018 e il 2019.
In effetti, sfogliando gli 8.926 interventi “necessari e prioritari” segnalati dalle Regioni quando fu lanciato il Piano, si nota che pochissimi sono corredati di un progetto esecutivo: appena il 6 per cento. Per il resto delle emergenze, solo in Sicilia 962,  siamo al punto zero. Cantieri non se ne vedono, operai con i caschetti gialli nemmeno, neanche volendo lo Stato potrebbe mettere i soldi perché le norme impongono che il trasferimento avvenga solo quando si ha la certezza di cosa si va a finanziare. Accanto alle lista delle opere, e alla cifra che ogni Regione vorrebbe dallo Stato (quella sì, è indicata per tutte), una sfilza di etichette che ne certificano la lontananza dalla realizzazione: “progetto preliminare”, “studio di fattibilità”, “in fase istruttoria”. Pochi “definitivi”, pochissimi “esecutivi”.  Le solite cose all’italiana, dove la lentezza della burocrazia la fa da padrona.  Ad esempio parlando di Sciacca dopo l’alluvione del novembre del 2016, cosa si è fatto o si sta facendo per mettere in sicurezza il torrente Cansalamone e gli altri torrenti come il San Marco, Foce di Mezzo e Bagni. Quello che desta più preoccupazione ed è più pericoloso, è il Cansalamone. Qui due possono essere gli interventi da programmare: o realizzare a monte una cassa d’espansione che serva ad attutire le piene, oppure, e questa sembra l’intenzione dell’amministrazione comunale, come ci ha riferito qualche settimana fa, l’assessore ai lavori pubblici, Giuseppe Neri, di rifare la condotta che passa sotto la strada e sfocia allo Stazzone. Qualunque sia la soluzione, bisogna fare presto, i soldi come abbiamo visto ci sono.
POST A COMMENT