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Chikungunya nel Lazio, i dubbi dei cittadini sulle donazioni: "Rischi? Non ci risulta"

Chikungunya nel Lazio, i dubbi dei cittadini sulle donazioni: "Rischi? Non ci risulta"
(ansa)

Poche e confuse le informazioni arrivate nei vari centri e ambulatori dopo gli ultimi casi d’infezione riscontrati

«Lei in che distretto abita? ». Domande di rito per i donatori di sangue in piena emergenza da Chikungunya con disagi e caos a catena. Indicazioni fumose soprattutto sulle “zone proibite” mentre sul sito dell’Asl Roma 2 non c’è alcuna comunicazione sul divieto imposto dall’Istituto superiore di sanità. Sono infatti 10 i nuovi casi di contagio registrati nella giornata di ieri, 27 in totale nel Lazio, i pazienti che hanno contratto il virus trasmesso dalle zanzare e che si manifesta con febbre alta e reumatismi. Ma non c’è alcun allarme nelle sedi dell’associazione volontari italiani sangue (Avis) di Roma e provincia. E nella sede di Frosinone addirittura c’è chi ignora tutto: «Non c’è nessuna allerta — esclama una voce al centralino — Zanzare? No, può donare tranquillamente».

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A Latina, invece, l’Avis è più “social”: le restrizioni si comunicano attraverso la pagina Facebook. Nel secondo giorno del blocco alle donazioni ai romani registrati nei centri della Asl Roma 2, centinaia di residenti nella zona sud-est della capitale, si sono comunque presentati agli ambulatori, ignari della chiusura varata a seguito della nuova direttiva emergenziale decisa dal Centro nazionale sangue (Cns) in accordo con la Regione. Uno stop che riguarda 1,2 milioni di utenti: senza il loro apporto, il sistema trasfusionale del Lazio, il più in difficoltà del Paese, rischia di andare in tilt. Eppure la corsa alle donazioni negli altri distretti sanitari aperti al pubblico: le Asl Roma 1 e 3, non c’è stata. «L’andamento delle donazioni è perfettamente in linea con quello di una qualsiasi altra giornata — ripete la caposala nell’atrio dell’ambulatorio dell’ospedale Santo Spirito — 7 persone al giorno. Una media né più alta né più bassa dell’ordinario».

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Numeri ai quali si aggiungono gli 8 donatori di Civitavecchia e 26 al San Filippo Neri. In via del tutto precauzionale, le sacche di sangue vengono giudicate «buone», solo se al quinto giorno dalla data della donazione il paziente (contattato telefonicamente dai medici) certifica di non aver avuto sintomi di febbre o altre patologie. E intanto cresce la confusione nei centri per la raccolta. Quando ci si presenta per donare, gli operatori vogliono capire la zona di residenza. A quel punto inizia la ricerca. Ma gli angoli di città da controllare sono tanti, da San Vittorino a Torrenova, passando per Spinaceto e Tor Vergata (ma

le indicazioni della circolare interna sono generiche). Il centro donatori in via Cristoforo Colombo è Roma Est: zona dove c’è il divieto e dove è consentita sola la donazione di plasma e piastrine, previo percorso di monitoraggio. Eppure lo stesso quadrante per il centralino dell’Avis comunale di Roma diventa «zona Nord, quindi si può donare — dicono — ma non nei centri trasfusionali degli ospedali Sant’Eugenio e Pertini

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