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Cartoline da Lesbo, l'"Hottspott" bar di Niki aperto ai rifugiati

Prima ancora che l’isola di Lesbo entrasse nel vocabolario europeo come isola ‘hotspot’ in seguito all’accordo tra Europea e Turchia, Niki aveva deciso chiamare il suo locale HottSpott. Un luogo diventato negli anni punto di riferimento per i migranti in arrivo sull’isola greca…

Si chiama “Cartoline da Lesbo” la rubrica che pubblichiamo: è una finestra sull’isola greca diventata negli ultimi due anni la testa di ponte delle ondate di profughi dirette verso l’Europa. Gli articoli sono scritti da Allegra Salvini, 22 anni, studentessa fiorentina fresca di laurea triennale in Scienze politiche (indirizzo internazionale) e volontaria per una ong a Lesbo nel grande campo profughi di Moria. Qui la prima puntata  Qui la seconda puntata   Qui la terza puntata Qui la quarta puntata Qui la quinta puntata Qui la sesta puntata Qui la settima puntata
Tra ombrellini giapponesi vintage, un grammofono americano e distese di orecchini anni 50, ecco che scorgo Androniki nel suo grazioso negozietto di antiquariato nel centro di Mitilene. Niki, come preferisce essere chiamata, è un’elegante e sorridente signora cinquantenne greca, nata e cresciuta a Lesbo. Ogni pomeriggio, chiusa la saracinesca del suo negozio, prende il suo tappetino di yoga e viene anche lei alle lezioni di Dino di cui vi ho raccontato nella puntata numero sei. E così ci siamo conosciute! Ma lo yoga non è l’unica cosa che abbiamo in comune. Niki ha vissuto a Firenze per quasi nove anni come giovane studentessa e parla un italiano perfetto.

Insomma, il giorno in cui entro nel suo negozio per intervistarla mi accoglie con una limonata fresca e accarezzando il suo cane mi racconta della storia dei suoi ultimi anni qui a Lesbo, quando la ‘crisi dei rifugiati’ è iniziata. Prima ancora che l’isola di Lesbo entrasse nel vocabolario europeo come isola ‘hotspot’ in seguito all’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia nel 2016, Niki aveva già avuto l’ispirazione o forse l’intuizione di chiamare il suo locale HottSpott. Niki e suo marito infatti avevano un bar che si affacciava sulla passeggiata lungo il porto di Mitilene. Hottspott, aperto nel 1989, non era soltanto un bar, ma un posto famoso per le sue serate di musica.
È stato il primo a diffondere un po’ di jazz, a invitare artisti stranieri, ma soprattutto è stato l’unico locale dentro al quale non s’è mai sentito nemmeno l’eco del bouzouki, strumento tradizionale caratteristico della musica greca, e forse è anche per questo che era così frequentato… Negli anni ’90 Hottspott era diventato un locale molto conosciuto, sempre pieno di gente, giorno e notte. Per decenni è stato punto di incontro per gli studenti universitari di Lesbo. Molti di loro ci lavoravano.
Finché un giorno, così, dal nulla, è iniziato tutto. Barche, gommoni, tende, persone… una grande confusione e nessuno ci capiva niente. Era il 2015 quando la crisi dei profughi provenienti dalla Siria in guerra si è riversata sull’isola. Ogni giorno arrivavano sulle coste di Lesbo dalle 1000 alle 2000 persone. Il campo di Moria esplodeva e chi arrivava, a qualsiasi ora del giorno, non poteva far altro che trovarsi una tenda e accamparsi da qualche parte. Aspettavano di essere registrati, lasciando le proprie impronte digitali per poi ripartire con il traghetto verso Atene e continuare poi lungo la rotta balcanica, percorsa da milioni di persone prima che venissero chiuse le frontiere degli stati est europei.
Il novanta per cento dei richiedenti asilo proveniva dalla Siria, ma non solo. C’era anche una minoranza di altre nazionalità (iracheni, iraniani ed afghani). Chi aveva bisogno di acqua, di cibo, di un caffè o solo di caricare il telefono per informare la famiglia del proprio arrivo cercava un posto d’appoggio. I bar ed i ristoranti sul porto di Mitilene, in questi anni di totale emergenza e di pochi aiuti europei, avevano due scelte, che poi sono le stesse che ancora oggi ognuno di noi ha: accogliere o non accogliere. E così sono spuntati cartelli in arabo sulle vetrine di chi aveva deciso di dare ospitalità e cartelli in greco con scritto ‘riservato’ su tutti i tavolini dei locali che, invece, avevano scelto l’altra via. In tutta Mitilene i locali che accettavano i richiedenti asilo non erano più di tre o quattro. Hottspott era uno di questi. La musica si è un po’ abbassata, lo spazio del palco è stato riempito con più sedie e tavolini e Niki si è data da fare per comprare prolunghe per consentire ai migranti di ricaricare i cellulari. Le persone potevano ordinare da bere, utilizzare il bagno, caricare il telefono e riposarsi un attimo. Nel frattempo Niki e suo marito hanno messo a disposizione la loro cucina per preparare zuppe calde da distribuire, con l’aiuto di volontari, per le strade e nelle piazze alle persone accampate.
Hottspott, essendo così vicino al porto, per molti è stato il primo contatto con la realtà greca. Per due anni Niki è stata testimone di storie e racconti di ogni tipo. Mi racconta di quando un ragazzo iracheno è entrato nel suo bar sconvolto e si è confidato con lei. Aveva paura del mare, non sapeva nuotare – mi spiega Niki – e non aveva capito che per arrivare qui doveva attraversare il mare. Il trafficante quella notte gli aveva detto che doveva salire sulla barca. Lui, terrorizzato, ha detto che gli avrebbe lasciato i soldi ma che non sarebbe potuto in nessun modo salire su quella barca. I trafficanti turchi allora gli hanno puntato una pistola alla testa e gli hanno detto “o sali o ti ammazziamo”. Con le lacrime agli occhi e ancora tremante, la prima persona che aveva incontrato in Grecia era stata proprio Niki che a ricordare questo momento ha ancora la pelle d’oca.
Androniki mi racconta anche di Favor, una ragazza ventenne nigeriana che ha ospitato per qualche giorno in casa sua. Favor scappava da un matrimonio forzato con un uomo di 70 anni. Niki ricorda bene come era vestita quando è entrata nel suo bar per la prima volta. Ricorda il suo zainetto dentro il quale aveva solo due bottiglie di Coca Cola e pochi indumenti. Ricorda quando Favor le ha chiesto di dormire insieme e si sono strette in un abbraccio per tutta la notte. Ricorda la richiesta che le fece per ringraziarla dell’ospitalità: comprarle del manzo e del riso per preparare la colazione per lei e per suo marito. Oggi Favor vive in Svizzera ma purtroppo non sono più in contatto.
Con la chiusura della rotta balcanica e con l’accordo del marzo 2016 tra l’Unione Europea e la Turchia, i richiedenti asilo in partenza dalle coste turche sono diminuiti e gli arrivi quotidiani a Lesbo sono passati dal migliaio a neanche un centinaio al giorno. Niki era riuscita a mantenere in piedi il suo locale per due anni, nonostante il ciclone che l’ha attraversata, ma impegnata com’era a fare il possibile per aiutare in questa situazione, non si era mai chiesta quale sarebbe stato e se ci sarebbe stato un ‘dopo’.
Da un giorno all’altro, così come il ciclone era arrivato, se n’è andato. Hottspott è rimasto vuoto per lungo tempo: a molti habitué non era andata a genio la scelta di Niki di accogliere i rifugiati, e ora quelle stesse persone sedevano nei tavolini ‘riservati’ dei bar accanto. Non sono più tornati. C’è stato una sorta di boicottaggio da parte dei clienti e dei colleghi nei confronti di quei pochi che avevano aperto macchinette da caffè, rubinetti, frigoriferi, bagni e cuori ai rifugiati. “Dopotutto su quest’isola siamo tutti figli o nipoti di rifugiati. – dice Niki-  Qui dai tempi delle crociate, poi con i genovesi, con i turchi… siamo sempre stati abituati a vivere con persone di ogni dove. Abbiamo una memoria davvero corta eh?”
Alla fine del 2016 Androniki ha dovuto chiudere il suo locale, dopo quasi 30 anni. Ha preso qualche tempo per riposarsi e poi ha aperto il negozietto vintage in cui l’ho trovata io il giorno dell’intervista. Non c’è più traccia di Hottspott. Qui non c’è caffè né musica, solo qualche oggetto retrò. Scorgo però sopra alla cassa un quadretto con incorniciata una banconota con sopra scritto ‘grazie’ in 4 lingue. Quei quattro grazie ne rappresentano migliaia e sono scolpiti oggi nella mente di Niki, elegante e sorridente signora cinquantenne greca, nata e cresciuta sull’isola dei rifugiati, Lesbo.

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