EXITO STYLE

CANCIOSCOMESSA

SVILUPPO ITALIA ovvero: la banda del buco

 
Franco Bechis per “Italia Oggi”
Alla fine ce l’ha fatta. Domenico Arcuri, il dinamico amministratore delegato di Sviluppo Italia (da qualche mese ribattezzata Agenzia), è riuscito a portare a lavorare con sé come dirigente il giovane e bravo Gabriele Visco. Per alcuni mesi nell’estate scorsa l’aveva chiamato come consulente (per 46 mila euro da luglio a settembre), poi il rapporto si era interrotto, rischiando di reinserire il manager in quell’esercito di bamboccioni mal sopportati dal ministro dell’economia Tommaso Padoa-Schioppa. Un rischio per fortuna scongiurato: ci sarà un bamboccione in meno. Anche se non troppo lontano da casa: Gabriele è il figlio di Vincenzo Visco. Sviluppo Italia è controllata al 100% dal ministero dell’economia.
Formalmente non scatta il conflitto di interessi, perché se l’azionista unico di Sviluppo Italia è lo stesso ministero di cui papà Visco è viceministro, la delega sugli indirizzi di gestione spetta al ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, che a sua volta ha affidato l’incarico al suo viceministro, Sergio D’Antoni. Sicuramente Gabriele Visco avrà le caratteristiche professionali necessarie all’incarico, e già dopo le prime polemiche sulla consulenza affidata Arcuri aveva spiegato di conoscere personalmente il giovane manager e di averne potuto apprezzare le qualità in passato quando si erano incontrati ognuno dei due lavorando per un’azienda privata. Ma certo non ci sono stati megafoni ad amplificare una notizia che qualche rilievo politico o per lo meno di costume, sembra avere. L’avrebbe in qualsiasi paese del mondo.
Per noi è stato difficile se non quasi impossibile verificarla nell’ultima settimana, anche se l’avevamo appresa casualmente da fonte assai qualificata. Stefano Sansonetti, il nostro giornalista che da settimane conduceva un’inchiesta sulle consulenze dello Stato e delle società controllate e sulla scarsa trasparenza che ancora le circonda, ha provato a percorrere la strada maestra, telefonando direttamente alla società. L’ufficio stampa ha sostenuto di non potere essere utile, non avendo possibilità di verificare questo tipo di informazioni. E si è dovuto aggirare in una selva di no comment, di mezze ammissioni, di affermazioni “non ufficiali”, perfino invitato a rivolgersi ai sindacati “che di solito queste cose le sanno”.
Non male per chi è tenuto dalla legge alla più assoluta trasparenza. Ma d’altra parte anche sulle consulenze Sviluppo Italia comunica un po’ quel che vuole. Qualcosa ha messo sul proprio sito Internet – come dice la legge – la capogruppo, molte società controllate e quasi tutte le società regionali invece rimandano a un chiarimento interpretativo sulle norme stabilite dalla finanziaria del 2007 su cui evidentemente non è riuscito in più di un anno a fornire lumi il ministero dell’Economia.
Alla fine sono stati assai più utili e trasparenti in questi giorni i vari centralinisti di Sviluppo Italia, che non solo hanno provato inutilmente a passare Gabriele Visco al telefono (non c’era come la maggiore parte dei dirigenti del gruppo), ma alla bisogna hanno fornito l’interno e perfino la qualifica in azienda come riportata sul loro elenco telefonico aziendale.
Se si basa sulla predisposizione dei centralinisti la trasparenza tanto vantata dal governo e dalla pubblica amministrazione, temo che le polemiche sulla casta e le successive promesse di cambiamento abbiano prodotto risultati assai scarsi. Basta leggersi le tre pagine di inchiesta che oggi pubblichiamo su cosa avviene negli Stati Uniti nel cuore della campagna elettorale per le presidenziali che stanotte ha avuto il suo primo significativo test nello Iowa. Mentre qui bisogna arrangiarsi alla meglio per strappare qualche notizia, negli Usa ogni minimo particolare del presidente in carica, del suo staff, dei suoi familiari, dei candidati alla successione con relativo staff e famiglia e in pari modo di ogni membro del congresso è esposto al pubblico non volontariamente, ma in base a una legge federale.
Non solo: tutto è verificato da una apposita commissione indipendente (la Fec) che rende immediatamente pubblici i risultati dell’esame. George W. Bush è stato costretto a dichiarare di avere ricevuto dal cantante Bono in regalo un banale Ipod così come ogni movimento finanziario (acquisto o vendita di azioni) compiuto da lui e da membri della sua famiglia. La senatrice Hillary Clinton è tenuta a pubblicare i nomi di tutti gli esponenti del suo staff che, recandosi in un qualunque posto dell’America per tenere una conferenza hanno ricevuto gratuitamente un passaggio aereo.
Ogni tre mesi viene aggiornata anche questa lista, con l’indicazione di chi ha usufruito del piccolo benefit, del valore economico dello stesso, con tanto di nome del benefattore. Qualsiasi membro del congresso americano, oltre a tutti i movimenti finanziari che direttamente o indirettamente lo riguardano, è obbligato a rendere pubbliche tutte le linee di credito concesse. Perfino se si tratta di una carta di credito rateale. Prima, durante e dopo le elezioni…
Dagospia 04 Gennaio 2008
http://www.osservatoriosullalegalita.org/03/inchiesta/00forest.htm
Scandalo Onlus a Genova: l’accusa è associazione a delinquere
Il sito del magazine Vita fornisce i primi aggiornamenti sulla triste vicenda avvenuta a Genova, che coinvolge il mondo della solidarietà e del sostegno a distanza.
Corrado Oppedisano, presidente del Centro di Cooperazione Sviluppo Italia, associazione che si occupa di iniziative a favore dei paesi del terzo mondo, nonché portavoce del Forum Sad, è stato arrestato questa mattina all’alba dai Carabinieri di Genova. Con lui sono stati arrestati il dirigente generale Simone Castellini e il tesoriere Marco Curzi. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata all’ appropriazione indebita di fondi destinati alla beneficenza per scopi umanitari.
E’ in corso una perquisizione della Guardia di finanza presso la sede dell’associazione. Dopo un’indagine durata un anno, gli inquirenti hanno dimostrato la presenza di un conto svizzero personale di 200mila euro (intestato al Curzi), presso cui confluiva parte dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo in Mozambico e in altri paesi dell’Africa.
«Questa notizia ci ha sconvolti, siamo in attesa di avere notizie più precise» afferma Vincenzo Curatola, portavoce del Forum Sad, il Forum nazionale del Sostegno a distanza di cui faceva parte il CCS e di cui Oppedisano è l’altro portavoce.
(fonte: Vita.it)
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IL GIORNALE
Centosessanta. Almeno fino a ieri, almeno quelle già comunicate. Tante sono, 160 appunto, le disdette finora giunte al «Centro coordinamento sviluppo», la Onlus umanitaria che si occupa di adozioni a distanza e che è stata di fatto «decapitata» da un’inchiesta giudiziaria che ha portato in carcere il presidente Corrado Oppedisano, il tesoriere Marco Curzi, e il segretario generale Simone Castellini con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla distrazione di fondi destinati ai bambini del Terzo mondo. L’associazione sta ricevendo chiamate di ogni tipo da parte di molti dei 23.000 «genitori adottivi» che hanno scelto di sostenere a distanza i bambini fidandosi dell’opera di questa Onlus che opera da 18 anni in cinque Paesi in via di sviluppo. «C’è chi ci chiama insultandoci e considerandoci tutti ladri – spiega Paola Brandolini, responsabile delle sede genovese -. Ma anche chi ha capito che non è l’associazione a essere marcia e ci invita a tenere duro in questo momento difficile.
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Lettera di Milena Gabanelli (“Report”) al “Sole 24 Ore”
Caro direttore, il 3 settembre scorso leggo sul suo giornale la bella intervista di Mariano Maugeri al nuovo amministratore delegato di Sviluppo Italia, Domenico Arcuri. Rimettere Sviluppo Italia sui suoi binari credo sia oggi una operazione molto complessa, ma non impossibile se affidata a uomini capaci e determinati.
Come giustamente dice Maugeri, il tempo ci dirà se Arcuri è l’uomo giusto. Certamente è un uomo che sa dove ha messo i piedi. Durante la conferenza stampa del 5 luglio ha detto di aver ereditato una farsa. Al suo giornale ha dichiarato «mentre accadeva tutto questo dov’erano la politica, il sindacato, i mass media? Nessuno ha tentato di capire cosa accadesse in una società che faceva acqua da tutte le parti con i soldi dei contribuenti».
Il punto è proprio questo: i soldi dei contribuenti. Il signor Arcuri certamente non ignora che qualche contributo all’informazione “Report” lo ha dato, poiché il viceministro con delega su Sviluppo Italia, Sergio D’Antoni, nel mese di marzo ha dichiarato alla nostra telecamera: «Ho visto la trasmissione, avete fatto un atto di denuncia. Ne abbiamo tenuto conto, tanto da provvedere alla
D’Antoni si riferiva alla nostra inchiesta trasmessa ad ottobre 2006, nella quale si documentavano gli orrori ereditati da Arcuri. Bene, il risultato di quella denuncia è stata una citazione per danni per 5 milioni di euro da parte di Sviluppo Italia. Qualche mese dopo cambiano i vertici, ma la causa va avanti.
D’Antoni sa come andavano le cose là dentro, e alla domanda «Abbiamo detto qualcosa di sbagliato?» la risposta è: «No, assolutamente». Allora, mi chiedo, per quale ragione il signor Arcuri permette che si continuino a spendere i soldi dei contribuenti per pagare gli avvocati in una causa contro la Rai e due giornaliste che non hanno fatto altro che il loro mestiere, ovvero fornire quelle informazioni che, sempre secondo Arcuri, latitavano.
È importante prendere posizione su questo punto, altrimenti si legittima il sospetto che fra nuova e vecchia dirigenza ci sia ancora un legame molto solido: il comportamento intimidatorio verso quella stampa che mette il naso dove non dovrebbe, salvo poi reclamarne l’assenza quando conviene.
Infine un fatto allarmante. Arcuri nell’intervista al suo giornale dichiara: “Pongo come condizione quella di continuare a lavorare con il ministro Bersani. Sappiate che quando farà le valigie, me ne andrò dietro di lui». Ma Arcuri è un manager e Bersani un politico! I loro destini dovrebbero essere subordinati solo ai risultati. A meno che Sviluppo Italia, nonostante gli intenti sbandierati, non abbia nessuna intenzione di diventare “impresa”, ma preferisca continuare a servire le clientele.
06 Settembre 2007
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Mariano Maugeri per il Sole 24 Ore
L’esordio era stato di quelli col botto, con frasi a effetto: «Ho ereditato una farsa, una società con una struttura così elefantiaca che al cospetto la General Motors si intimorisce». A Domenico Arcuri, una carriera in continua ascesa tra la Luiss di Roma (dove prima si è laureato e poi ha insegnato) e un lungo cursus honorum tra le società di consulenza Arthur Andersen e Deloitte, è toccato l’ingrato compito di trasformare in una vera azienda quel polpo dai mille tentacoli che è Sviluppo Italia, la società di proprietà del Tesoro che avrebbe dovuto avere due sole missioni: attrarre imprese straniere e favorire la nascita di nuove aziende. Troppo facile. In poco meno di un quinquennio Sviluppo Italia è diventata una conglomerata con 181 società e 492 amministratori.
Al 43enne Arcuri il compito di fare pulizia. Un’attività alla quale se n’è aggiunta un’altra silenziosa, quasi carsica: l’assunzione di nomi eccellenti, figli di ministri che secondo un galateo etico e di buon senso dovrebbero stare alla larga da una società pubblica.
Il primo a varcare le porte di via Calabria, quartier generale di Sviluppo Italia, è stato il nipote di Sergio Mattarella, deputato dell’Ulivo, ex ministro della Difesa e fratello di Piersanti, il presidente della Giunta regionale siciliana ucciso dalla mafia. Il suo nome è Bernardo, come il nonno paterno, che fu ministro della Repubblica nei Governi Pella, Fanfani e Scelba. Bernardo junior è stato assunto alla direzione Finanza con un contratto da dirigente. Arriva con lo stesso ruolo che ricopriva a Banca Nuova, il gruppo siciliano emanazione della Popolare di Vicenza, dov’era dirigente alla Pianificazione.
Altro nome eccellente è quello di Gabriele Visco, figlio di Vincenzo, attuale viceministro dell’Economia e, come tale, uno dei controllori di Sviluppo Italia, anche se tecnicamente la delega dell’Agenzia è nelle mani del ministero delle Attività produttive.
Gabriele è un esperto di telecomunicazioni, fino a qualche mese fa in forza a Telecom Italia, dove approdò ai tempi di Colaninno.
A volerlo è stato il solito Arcuri, da cui dipende direttamente, anche se per il momento non ha potuto offrirgli nulla di più di un contratto di consulenza. Due acquisti che creeranno qualche grattacapo al neo amministratore delegato e al presidente del consiglio di amministrazione Nicolò Piazza, palermitano purosangue prescelto dal viceministro SergioD’Antoni, il vero deus ex machina del riassetto di Sviluppo Italia.
Diversa sorte è stata riservata a Crescenzio Costa, figlio della seconda moglie del ministro per le Riforme e l’Innovazione, Luigi Nicolais.
Dopo 18 mesi di contratti a tempo determinato tra Roma e Napoli, il giovane Crescenzio è stato inserito tra i 319 interinali che Arcuri ha deciso di non rinnovare. Se sia stata la trappola del cognome a tradire il figlio acquisito di Nicolais nessuno sa dirlo. Certo è che Sviluppo Italia, indipendentemente dalle maggioranze che governano il Paese, sembra uno dei rifugi prediletti per i figli e nipoti di politici con tre quarti di nobiltà ministeriale.
16 Agosto 2007

Politica e spese-Il caso
Se «Sviluppo Italia» è «Sviluppo Parenti»
In Calabria l’agenzia conta 34 assunti tra figli, fratelli e consanguinei. Di destra e di sinistra
«Sviluppo Parenti»: tanto varrebbe chiamarla così, la società Sviluppo Italia. Almeno in Calabria. Tra i dipendenti di quella che doveva essere una specie di nuova Iri «ma più moderna, agile ed efficiente» per rilanciare il Sud attirando investimenti esteri, figurano infatti decine di figli, cognati, sorelle, cugini e parenti vari di politici, sindacalisti, giudici. Assunti senza concorso, per chiamata diretta. E decisi a sostenere bellicosamente d’essere stati assunti per brillanti meriti professionali.
Che la società, al di là della pomposità manageriale della «mission» dichiarata («L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa è impegnata nella ripresa di competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno») sia diventata un carrozzone non è una novità. Lo sostiene il Sole 24 Ore che ne ha chiesto la chiusura perché «sbaraccare sarebbe un segnale di svolta più forte di qualunque riforma annunciata». E lo ha ammesso perfino l’amministratore delegato Domenico Arcuri: «Ho ereditato una farsa, una società con una struttura così elefantiaca che al cospetto la General Motors si intimorisce». Basti ricordare che, in attesa del drastico riordino annunciato, il gruppo è oggi un arcipelago di 181 società dotato di 492 amministratori, in larga parte legatissimi alla politica. Nelle sole «controllate» siedono 168 consiglieri di amministrazione, 93 sindaci e 78 membri degli organismi di vigilanza per un totale di 339 persone. Quanto ai dipendenti, sono 1.719, organizzati in maniera folle: il 63% negli «staff» e solo il 37% nelle «linee», da dove vengono i ricavi. Per non parlare delle gerarchie che, come ha scritto sul quotidiano economico Nicoletta Picchio riprendendo la denuncia dello stesso Arcuri, sono eccentriche: «Un dirigente governa due quadri, tutti e tre comandano 5 impiegati».
C’è poi da stupirsi se, stando ai dati Luiss Lab, Sviluppo Italia ha attratto investimenti stranieri nel triennio 2003-2005 per un totale di 297 milioni di euro contro i 760 veicolati in un solo anno, nel 2005, dalla omologa di Dublino che potremmo chiamare «Sviluppo Irlanda»? Dentro un quadro come questo, che ha spinto i vertici a giurare su una svolta netta con una riduzione del personale degli «staff» dal 63 al 20 per cento, un taglio di 601 dipendenti e una radicale ristrutturazione delle strutture periferiche, la Calabria merita una messa a fuoco. Se la Sicilia ha due sedi a Palermo e Catania, la Puglia una più due «incubatori» e la Campania ancora una più due «incubatori», l’assai meno popolata Calabria ne ha cinque. Quattro sedi a Cosenza, Crotone, Reggio e Vibo Valentia più un «incubatore» a Catanzaro. Come mai? Tutto «merito», dicono affettuosi gli amici e critici gli avversari, di quello che è stato il patriarca calabrese della società: Francesco Samengo. La cui biografia merita qualche riga perché rappresenta plasticamente le contraddizioni della macchina pubblica. Venti anni fa venne infatti passato allo spiedo dagli ispettori mandati dall’allora governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi a capire come diavolo avesse fatto la «Carical» (Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania), a lungo feudo della Democrazia cristiana e pilastro d’una politica spendacciona e clientelare, a inabissarsi in una voragine di mille miliardi di debiti. Saltò fuori di tutto.
Mutui accordati per pagare assegni protestati. Altri accordati accendendo due o tre ipoteche sulla medesima casa. Conti in rosso da incubo tollerati in base a «una buona impressione soggettiva ». Fidi da tre miliardi di lire dati per «finanziamento campagna pesche e pomodori » a un tipo che assicurava (e nessuno controllò se fosse vero) che avrebbe avuto un contributo europeo. Prestiti astronomici concessi «in attesa incasso contributo della Regione Calabria» nonostante fosse stata accertata «l’inesistenza della contabilità interna» del cliente. Una gestione scellerata. Che sfociò in un tormentone processuale evaporato tra rinvii e assoluzioni, rinvii e prescrizioni. E in una causa civile, con richiesta di danni per 80 milioni di euro, contro vari amministratori tra i quali appunto Samengo. Allora ras della banca a Cassano Jonico. Dove una casalinga (Angelina Lione) era arrivata ad avere un mutuo dando in garanzia «costruzioni abusive» e a ottenere finanziamenti vari, secondo Bankitalia, «denunciando un patrimonio netto di 4,3 miliardi esistente solo nella sua mente». Altri, in Paesi seri, sarebbero stati spazzati via. Samengo no. E dopo qualche anno di apnea, grazie all’appoggio dell’Udc («io non ne so niente di niente», giurò Giulio Tremonti) si ritrovò nel 2002 promosso ai vertici nazionali di Sviluppo Italia da quello stesso Stato che da lui avanzava i soldi della Carical. Bene.
Ricostruito il quadro, il giornale La Provincia Cosentina ha sparato nei giorni scorsi a tutta pagina un’inchiesta di Gabriele Carchidi. Con un elenco di 34 «assunzioni clientelari riconducibili ai politici di destra e sinistra, uomini di legge e dirigenti ». Figli, nipoti, cognati, cugini… Ed ecco Nerina Pujia, figlia del potente ex parlamentare della Dc Carmelo. Carlo Caligiuri, figlio dell’ex consigliere regionale diessino Enzo. Cecilia Rhodio, figlia dell’ex presidente regionale democristiano Guido. Paola Santelli, sorella dell’ex sottosegretario alla Giustizia e oggi deputata azzurra Jole. Marco Aloise, candidato sindaco per An a Paola nel 2003. Luigi Camo, figlio dell’ex senatore ulivista Geppino, oggi presidente della Sorical. Giovanna Campanaro, nipote dell’ex deputata democristiana e oggi «loierista» Annamaria Nucci (ora assessore comunale a Cosenza) e dell’ex assessore regionale Giampaolo Chiappetta.
E poi ancora Andrea Costabile, nipote dell’ex assessore regionale e attuale senatore Udc Gino Trematerra. Ed Emilio De Bartolo, assessore comunale diessino di Rende, figlio dell’ex assessore ed ex preside della Facoltà di Economia all’Unical Giuseppe. E Giada Fedele, moglie del casiniano vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Occhiuto. E Sandro Mazzuca, assunto con la moglie Fausta D’Ambrosio per la felicità dello zio acquisito Pino Gentile, consigliere regionale azzurro. E Antonio Mingrone, nipote dell’ex deputato forzista G. Battista Caligiuri. EGiovanna Perfetti, figlia dell’ex consigliere regionale buttiglioniano Pasqualino. E via così. Qualcuno, seccato, s’è precipitato a precisare. Paola Santelli assicura che l’assunzione è precedente all’elezione della sorella Jole in Parlamento. Il senatore mussiano Nuccio Iovene che suo fratello Daniele lavorava da anni «alla Società per l’imprenditoria giovanile» assorbita da Sviluppo Italia. Altri hanno fatto spallucce. Macché scandalo, così fan tutti…
Gian Antonio Stella
04 agosto 2007

Risanare prima di tutto. E magari assumere anche qualche nome eccellente. Come quelli, segnalati dal Sole-24 Ore, di Gabriele Visco e Bernardo Mattarrella. Domenico Arcuri è stato chiamato alla guida di Sviluppo Italia, società privata del ministero del Tesoro con una missione da svolgere: fare pulizia, tagliare qua e là per mettere a dieta una struttura, quella della holding di Stato, “elefantica” per stessa ammissione del manager laureato alla Luiss.
Libertà di azione per l’ad di Sviluppo Italia dunque. Anche se scorrendo la lista dei nomi dei nuovi assunti qualche dubbio verrebbe. Uno si chiama Gabriele Visco, figlio di Vincenzo, viceministro dell’Economia e come tale uno dei controllori di Sviluppo Italia. Gabriele è un esperto di comunicazione e fino a pochi mesi fa lavorava in Telecom Italia. Per lui un ricco contratto di consulenza. L’altro si chiama Bernarndo Mattarrella, nipote di Sergio, parlamentare ulivista ed ex ministro della Difesa. Per lui un contratto da dirigente nella divisione Finanza, ruolo che prima ricopriva a Banca Nuova. I curricula ci sono: nulla da obiettare. Ma sono sempre figli, nipoti di ministri che dalla cosa pubblica dovrebbero tenersi ben lontani: non per demeriti, ma per bon ton. Qui invece succede il controllato assume addirittura il figlio del controllore. E poi i nostri governanti si lamentano se dei giornalisti li chiamano casta….
18-2-2000 La banda del buco
a SVILUPPO ITALIA ?
“L’industriale napoletano Umberto Di Capua, presidente di Abb-Italia e vicepresidente dell’Assolombarda, sarà il nuovo numero uno di Sviluppo Italia (la società, al 100% del Tesoro, che doveva far ripartire lo sviluppo nel Sud)”. (IlMessaggero, 17 Febbraio 2000).

Nel consiglio entrano anche Vincenzo De Bustis, amministratore della Banca del Salento (da poco assorbita dall’Mps di D’Alema), e Giuseppe Vita, (Deutche Bank), presidente della Sharing di Berlino.
“A questi si aggiungerà poi, con una
Sviluppo Italia
E’ la nuova “Cassa del Mezzogiorno” voluta da Bertinottiper dare l’ok alla legge Treu sul lavoro in affitto e alla finanziaria da 100.000 miliardi, organizzata da Ciampi, nominata da D’Alema appena dopo la caduta di Prodi.
speciale deroga alla norma istitutiva che lo vietava, un rappresentante del Dipartimento Sviluppo del ministero del Tesoro.
Restano al loro posto invece gli amministratoriDario Cossutta (figlio di Armando) e Carlo Borgomeo (ex-segretario della Cisl)”. 
Nei giorni scorsi si erano dimessi il presidente di Sviluppo Italia, Patrizio Bianchi, prodiano, il vice presidente della Confindustria ed ex-dirigente Fiat Carlo Callieri (papabile per il dopo-Fossa), e ancor prima Mariano D’Antonio.
§  Umberto Di Capua 
è presidente di Asea Brown Boveri(Abb) Italia, gruppo elettromeccanico svizzero-svedese, e fino a un mese fa ne era anche l’amministratore delegato
_____ Di Capua
, che assieme al nuovo incarico “pubblico” manterrà quello di presidente di Abb, ha recentemente sollecitato il governo a privatizzare e deregolamentare “tutti i settori (dall’energia elettrica ai telefoni al gas) in maniera molto determinata” (IlSole24ore,22-12-1999), insistendo in modo particolare sulle centrali dell’Enel.
_____ Non a caso “Abb Italia aveva manifestato nei mesi scorsi un interessamento per la dismissione dellecentrali elettriche dell’Enel, nell’ambito del processo di liberalizzazione del mercato”…
Di Capua ha stigmatizzato … i tempi lunghi del procedimento, ma ha ribadito l’interessamento per le centrali di Piacenza e Casella” (IlSole24ore,9-4-1999).
____ Umberto Di Capua e’ stato ininterrottamente amministratore delegato di Abb dal settembre 1990 al 13-1-2000, e ora ne è il presidente. precedentemente era stato per dieci anni a capo della Itt industrie riunite e ancora prima alla Sgs, alla Fiat e alla Ercole Marelli, dove e’ stato amministratore delegato.
____ Umberto Di Capua, in “quota” ai prodiani, è uno dei firmatari dell’appello pro-Romitidopo la condanna per tangenti inflitta all’ex-presidente della Fiat dal Tribunale di Torino;
durante tangentopoli Di Capua, chiamato in causa dal vice presidente di Abb Ivo Braglia, fuarrestato (1993), ma ne uscì indenne. Abb in alcuni processi patteggiò con i giudici il versamento di alcuni miliardi: per la MM, ad esempio, se la cavò con 1miliardo e 924milioni (L’Indipendente,15-3-96).
Mazzette
Confindustria e Sviluppo Italia
.”Le imprese a capitale estero che operano in Italiasono disponibili ad aiutare Sviluppo Italia(IlSole24ore,14-8-99).
Presidente di questi “benefattori”, riuniti nel “Comitato Tecnico Imprese Multinazionali diConfindustria“, è Domenico Ferraro, vice presidente di Alcatel Italia. 
“Ecco le proposte del Comitato: accompagnare i vertici di Sviluppo Italia … in tutte le sedi mondiali dove vengono date le indicazioni al grande capitale su dove investire …” (IlSole24ore,14-8-99).
Il 28-5-1993 Lomoro Giuseppe, braccio destro diParrella, confessa a San Vittore di aver ricevuto da varie aziende 60 miliardi di mazzette, finite poi nelle tasche dei partiti di tangentopoli, e fornisce aDi Pietro anche gli estremi delle operazioni bancarie. Tra gli altri (Pirelli, Olivetti, Sirti, Italtel, Aet, Marconi, Siemens, Ericson, Fatme, ..) parla di “Alcatel in persona di Ferraro prima e Gulemani poi complessivamente la somma di circa 7 miliardi con versamento estero su estero oltre a una parte in Italia“, e di “Telettra in persona di Palierie Viola complessivamente la somma di circa 3 miliardi e 300 milioni“.
Palieri, interrogato a Torino dal PM dott. Sandrelli il 27-1-’96, confermò mazzette a Lomoro in Svizzera per 5 miliardi.
La Telettra nel 1990 è passata dalla Fiat all‘Alcatel, ove Ferraro era amministratore delegato e Palieri presidente (dal ’91 al posto di Mattioli).
·         Domenico Ferraro attualmente è membro della Giunta della Confindustria e presidente dell’Associazione nazionale telecomunicazioni dell’Anie (vice presidente è Salvatore Randi che a suo tempo come Italtel versò a Lomoro “la somma di 3 miliardi e 800 milioni”).
Ferraro ad aprile ’99 è stato nominato “tesoriere dell’Anie, con delega specifica per il coordinamento degli affari finanziari del sistema Anie” ( ! ).
·         Raffaele Palieri dal ’91 al ’95 è statopresidente dell’Anie, l’associazione nazionale delle industrie elettrotecniche ed elettroniche della Confindustria che ha sede presso laFiera di Milano; vice-presidente eraUmberto Di Capua
·         Moltissime aziende dell’Anie erano coinvolte in tangentopoli, tanto da far pensare (mazzette Enel, FS, telefoni, ecc..) a un vero e proprio sistema pianificato dall’alto.
  • Giuseppe Vita

è a capo del consiglio di amministrazione della Schering, multinazionale farmaceutica tedesca, presso la sede centrale di BerlinoManterrà tale incarico.

____Vita, nato a Favara (AG) nel 1935, e’ entrato nell’allora gruppo chimico Schering nel ’64 e non lo ha piu’ lasciato salendo tutti i gradini della gerarchia aziendale. Diventòpresidente del gruppo Schering (nel giugno del 1989, dopo aver diretto la filiale di Milano) e amministratore delegato.
____ Giuseppe Vita nel maggio del 1998 è stato nominato presidente della Deutsche Bank in Italia;
è inoltre diventato membro del consiglio di sorveglianza della Continental Ag(pneumatici), della Bewag Ag (elettricita’ di Berlino), e della Herlitz. E’ stato anche membro della beirat (comitato di esperti dei vari settori industriali) di Commerzbank Ag, a Francoforte;
nel ’90 è stato nominato Cavaliere del lavoroda Cossiga.
§  Vincenzo De Bustis
Vincenzo De Bustis, dirigente romano, è dal ’94 direttore generale della Banca del Salento, assegnata 3 mesi fa al Montepaschidi Siena (controllato dai DS) dal “libero” mercato comandato da Re Fazio (governatore della banca di Lorsignori) nel quadro della spartizione tra Fiat, Cuccia-Romiti, Bazoli, Unicredit, Banca di Roma e MpS.

  • Carlo Borgomeo

Napoletano, 52 anni, dal 1986 è presidente dell’ Ig spa, societa’ pubblica per l’imprenditorialita’ giovanile, istituita sempre nel 1986 da De Michelis e da De Vito per gestire la legge 44 (agevolazioni per la nascita di nuove imprese promosse da giovani tra i 18 e i35 anni);
oggi si occupa anche della legge sul “prestito d’onore”, oltre a iniziative di “sostegno” alle piccole e medie imprese.
Borgomeo è -con Cossutta- amministratore delegato di Sviluppo Italia con la delega alla gestione del personale.

Deutche Bank Italia
Deutsche Bank Spa (Italia) e’ nata nel ’94 dopo che la Banca d’America e d’Italia (acquistata nell’86) ha rilevato il controllo della Banca Popolare di Lecco, che e’ stata incorporata. Deutche Bank Spa ha comprato nel ’95 Finanza e Futuro, società che gestisce fondi (anchepensione), e ha poi creato una serie di societa’ operanti in Borsa, come la Simdella banca, nei fondi immobiliari e nelramo vita.
Giuseppe Vita -che ne era già vice presidente- nel ’98 è stato nominatopresidente di Deutche Bank Italia, con Carl von Boehm-Bezing vice presidente e Gianni Testoni amministratore delegato.
La tedesca Deutche Bank, conpresidente Rolf Breuer, è la prima banca del mondo dopo l’acquisto con 20.000 miliardi di lire della Bankers Trust (ottava banca americana), e recentemente ha costituito la Db Investor a cui fanno capo partecipazioni azionarie del valore di 42.000 miliardi di lire (19.000 miliardi per il 12% di Daimler-Chryslerdella quale è prima azionista, 13.000 miliardi per il 9,4% di Allianz, 7.000 miliardi di lire per il 10% di Munich Re); è nel patto di sindacato della Fiat, mentre -pur avendo una grossa presenza in Comit– è esclusa dalla gestione di Banca Intesa perchè ora, insieme ad Agnelli, si contrappone a Cuccia.
Il consigliere del presidente del ConsiglioD’Alema per la finanza e la multimedialità èDavide Corritore,
amministratore delegato di Deutsche Bank Fondi fino al maggio ’98.
  • Dario Cossutta,
    figlio di Armando, nominato 1 anno fa nel consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia, dal luglio ’99 ha fatto l’amministratore unico di Investire Italia; un mese fa, dopo la recente riorganizzazione, è stato nominato -assieme a Carlo Borgomeo- amministratore delegato di Sviluppo Italia con la responsabilità di tutta la parte amministrativa e finanziaria.

_____ Dario Cossutta da più di 10 anni è direttore della “banca d’affari” della Comit di Cuccia e Romiti (e ora di Bazoli): compravendita di aziende e di pacchetti azionari a fini speculativi, collocamento di società in Borsa, privatizzazioni (tra le altre, è il regista della privatizzazione di Seat-Pagine Gialle, ora inglobata dalla Telecom di Colaninno: alla Seat solo i profitti del 1999 sono superiori al prezzo di “vendita” di due anni fa !!);
quand’era Pillitteri sindaco, è stato consigliere a Palazzo Marino prima per il PCI e poi per Rifondazione.
Sviluppo Italia, è tempo di chiudere, titolava IlSole24ore il 10-2-2000. Roberto Perotti, professore alla Columbia University di New York, scriveva:
“Finora tutti i programmi di Sviluppo Italia sono rimasti sulla carta. Ma non sempre saremo così fortunati … i suoi dirigenti potrebbero decidere finalmente di fare qualcosa. E allora sarebbero veramente dolori per tutti”.
Il giorno stesso Patrizio Bianchi si è dimesso da presidente di Sviluppo Italia, facendo ritorno all’Università di Bologna e alla Nomisma di Prodi.
Il ministro del Tesoro Giuliano Amato ha fatto capire che «è giunto il tempo di un Cda più manageriale, più legato alle imprese». Nel secondo ciclo, ha spiegato, «prenderà corpo» la missione di Sviluppo Italia «che è quella di elaborare progetti, venderli alle imprese e portarle nel Mezzogiorno per realizzarli». Ecco perciò la nomina di Di Capua, De Bustis e Vita per i quali secondo Amato non c’è incompatibilità con gli attuali incarichi privati !!
La “pubblica” Sviluppo Italia, che già lo scorso anno è stata gestita -tra gli altri- dal vice-presidente della Confindustria Callieri, è ora del tutto una filiale di Lorsignori.
cobasalfaromeo,18-2-2000
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Home  News  Calabria  Lo Scandalo di Sviluppo Italia arriva in Parlamento. –
Scritto da Vincenzo Antolino
giovedì 16 agosto 2007
La scandalosa gestione di Sviluppo Italia Calabria resta al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica ma continua ad essere ignorata da gran parte del mondo politico e sindacale. Un silenzio eloquente che conferma come nel reclutamento dei figli di papà, che rappresentano il cento per cento del materiale umano dell’azienda, siano coinvolti tutti gli esponenti di primo e secondo piano della classe dirigente calabrese. A squarciare il velo del silenzio è stato ieri il deputato Francesco Caruso, eletto nella circoscrizione calabrese nella lista di Rifondazione Comunista . Nell’interrogazione dell’on. Caruso si fa riferimento all’ipotesi, che in qualche misura viene avallata, che prevede il passaggio di Sviluppo Italia Calabria alla Regione.Si tratterebbe di un abbinamento sciagurato che sommerebbe l’alta capacità affaristica degli amministratori regionali con l’alto tasso di nepotismo e clientele di Sviluppo Italia Calabria.Ne verrebbe fuori un carrozzone all’ennesima potenza. Una prospettiva che va decisamente scongiurata. Dalle vicende di Sviluppo Italia alla Principe – story e alla approvazione nel consiglio comunale di Rende di nuovi strumenti urbanistici. A votarli sono stati consiglieri che hanno consistenti interessi nel settore edilizio o come costruttori o come proprietari o parenti di proprietari di suoli edificatori. La Provincia Cosentina ha denunciato il grave conflitto d’interesse di assessori e consiglieri comunali suscitando la rabbiosa reazione dei Principe – boys. Sono arrivati anche annunci di querele che non ci spaventano. I giornalisti della Provincia Cosentina sono in grado di dimostrare che quella scritta nei giorni scorsi dal consiglio comunale di Rende è stata una pagina vergognosa. È confortante che a Rende, a differenza di quel che accade alla Regione e in altri importanti enti locali, ci sia una opposizione che sta dimostrando di non avere le mani legate e di essere in grado di contrastare il disegno egemonico dei Principe e dei loro seguaci. ( p.n.).
La scandalosa gestione di Sviluppo Italia arriva in parlamento. L’iniziativa è del deputato di Rifondazione Comunista Francesco Caruso, eletto nella circoscrizione calabrese.Il parlamentare denuncia  le operazioni clientelari che caratterizzano l’attività di Sviluppo Italia con particolare riferimento al reclutamento del personale composto da figli e parenti di deputati e senatori, amministratori e dirigenti regionali, magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine.
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Questa l’interrogazione dell’on. Caruso che riportiamo integralmente. 
Al Ministro dello Sviluppo Economico.Interrogazione a risposta scritta
Premesso che: Sviluppo Italia Calabria S.C.p.A. è una società partecipata dalla Regione Calabria, dalla Fincalabra, dalle Camere di Commercio e dalle più rappresentative associazioni di categoria della regione, che opera dal 1992 per lo sviluppo delle PMI calabresi.La società calabrese è un’isola dell’arcipelago di Sviluppo Italia di cui fanno parte 181 società dotato di 492 amministratori, in larga parte legatissimi alla politica. Nelle sole “controllate” siedono 168 consiglieri di amministrazione, 93 sindaci e 78 membri degli organismi di vigilanza per un totale di 339 persone. La società Sviluppo Italia ha riconosciuto retribuzioni particolarmente significative ai manager e ai dipendenti, avvalendosi, altresì, di numerose consulenze esterne; ha avuto partecipazioni rilevanti in società che effettuano investimenti di dubbia utilità ed acquisiscono permessi e finanziamenti con modalità non trasparenti : per fare solo un esempio ha destinato 45 milioni di euro alla creazione di un portale dedicato al turismo ( www.italia.it) , la cui realizzazione, per la struttura e la grafica del sito in oggetto, avrebbe un costo reale di mercato di poche centinaia di migliaia di euro.Alcune inchieste giornalistiche pubblicate nelle ultime settimane dal quotidiano “ La Provincia di Cosenza” e riprese dal Corriere della Sera in data 4 agosto in un articolo a firma di Gian Antonio Stella, evidenziano come la società Sviluppo Italia Calabria sia diventata un “carrozzone” nel quale negli anni sono stati assunti decine di figli, cognati, sorelle, cugini e parenti di politici, sindacalisti, giudici, senza concorso e per chiamata diretta.Si citano ad esempio Nerina PuJia, figlia del potente ex parlamentare della DC Carmelo. Carlo Caligiuri, figlio dell’ex consigliere regionale diessino Enzo. Cecilia Rhodio, figlia dell’ex presidente regionale democristiano Guido. Paola Santelli, sorella dell’ex sottosegretario alla giustizia e oggi deputata azzurra Jole. Marco Aloise, candidato sindaco per AN a Paola nel 2003. Luigi Camo, figlio dell’ex senatore ulivista Geppino, oggi presidente della Sorical. Giovanna Campanaro, nipote dell’ex deputata democristiana e oggi “loierista” Annamaria Nucci ( ora Assessore comunale a Cosenza) e dell’ex assessore regionale Giampaolo Chiappetta.E poi ancora Andrea Costabile, nipote dell’ex assessore regionale e attuale senatore Udc Gino Trematerra. Ed Emilio De Bartolo, assessore comunale diessino di Rende, figlio dell’ex assessore ed ex preside della Facoltà di Economia Giuseppe. E Giada Fedele, moglie del casiniano vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Occhiuto. E Sandro Mazzuca, assunto con la moglie Fausta D’Ambrosio per la felicità dello zio acquisito Pino Gentile, consigliere regionale azzurro. E Antonio Mingrone, nipote dell’ex deputato forzista G. Battista Caligiuri. E Giovanna Perfetti figlia dell’ex consigliere regionale buttiglioniano Pasqualino.
Il comma 461 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha obbligato la società Sviluppo Italia a predisporre, entro il 31 marzo 2007 un piano di riordino e dismissioni delle proprie partecipazioni societarie che dovrà determinare una riduzione del numero dei membri del cda che passerà a 3 e una dismissione delle partecipazioni non strategiche.Il piano di riordino approvato dal consiglio di amministrazione, la cui adozione era prevista per il 30 marzo 2007 ed invece è stato licenziato solo ai primi di luglio, punta alla creazione 3 newco – una per la finanza, una per le reti e la terza dedicata ai progetti – , un’importante campagna di dismissioni e una riduzione della struttura organizzativa.In particolare ai commi 460 – 463 della legge finanziaria, si specifica che le società regionali si procederà d’intesa con le regioni interessate anche tramite la cessione a titolo gratuito alle stesse regioni o altre amministrazioni pubbliche delle relative partecipazioni – :
CHIEDE Quali provvedimenti il Ministro intenda adottare affinché il passaggio di consegne dal ministero alla regione Calabria della società Sviluppo Italia Calabria non determini un aggravio delle logiche clientelari sulle spalle della suddetta società, data anche la presenza negli organi politici della regione Calabria di numerosi personaggi politici già implicati in inchieste giudiziarie e processi penali a seguito della gestione privatistica e clientelare della cosa pubblica.
Quali provvedimenti il Ministro intenda adottare affinché nel suddetto passaggio venga posta in essere una procedura attenta di verifica dei dirigenti della società Sviluppo Italia Calabria, tale da valorizzare e mantenere in organico i soggetti realmente detentori di requisiti di professionalità e competenza e al tempo stesso allontanare e licenziare i dirigenti il cui unico titolo di merito sia il vincolo di parentela o l’aggancio clientelare con il politico di turno. ( On. Francesco Caruso).
Ultimo aggiornamento ( domenica 23 settembre 2007 )
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L’UNITA’
Sviluppo Italia: «Stiamo cedendo le nostre partecipate»
Domenico Arcuri«Sviluppo Italia aveva 190 società tra controllate e partecipate e 490 tra consiglieri, sindaci e membri di organi di controllo». La nuova Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa «sta riducendo soltanto a tre le società controllate e a 12 le partecipate» confermando che «è stato avviato il piano di liquidazione della cessione delle partecipate». Lo ha detto l’amministratore delegato dell’agenzia, Domenico Arcuri, intervenendo al convegno “Mezzogiorno 2007-2013 – Partecipazione e responsabilità alla prova del cambiamento” organizzato a Napoli.
Arcuri ha sottolineato che «gli investimenti esteri destinati al Sud sono soltanto lo 0,6 per cento di quelli italiani, già pochi» e che «l’investitore estero deve avere: certezza dei tempi d’investimento, semplificazione delle procedure amministrative, con una conseguente riduzione del suo rapporto con la burocrazia, i territori preparati ad accogliere gli investimenti diretti esteri».
Arcuri ha affermato che «l’agenzia si pone in modo dialogante con le amministrazioni locali sperando che non considerino l’ex Sviluppo Italia come un tram dal quale si sale e si scende ma almeno come un duetto per la convergenza di comuni punti d’arrivo concreti nell’interesse dello sviluppo del Paese».
Pubblicato il: 24.09.07
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3-3-01 Sviluppo Italia: affari privati con soldi pubblici
Sviluppo Italia ,nuova “cassa del mezzogiorno” e braccio operativo del ministero del Tesoro, costituirà sei società regionali “per sviluppare l’occupazione al Sud”;
per ognuna di esse è stato nominato un amministratore delegato:
per la Campania Pierluigi Crudele, amministratore delegato di Finmatica
per la Sardegna Renato Soru, capo di Tiscali
per la Puglia Alessandro Laterza, padrone dell’omonima casa editrice, della Confindustria di Bari
per la Calabria Carmine Donzelli, editore
per la Sicilia Salvatore Umberto Brucato, amministratore delegato di diverse società siciliane
per il Molise Lucio Sepede, amministratore delegato di I & T (Informatica e telecomunicazioni).
Il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia è composto da:
presidente Umberto Di Capua, presidente di Abb-Italia e vicepresidente dell’Assolombarda
amministratore delegato Carlo Borgomeo, ex-Cisl
Vincenzo De Bustis, amministratore delegato del Monte de Paschi di Siena (Mps)
Giuseppe Vita, (Deutche Bank), presidente della Sharing di Berlino e della Deutsche Bank Italia
Renato Scognamiglio in rappresentanza del ministero del Tesoro, padrone al 100% di Sviluppo Italia
Marco Vitale, presidente dell’Aifi, l’associazione delle merchant bank italiane (l’Associazione italiana delle finanziarie di investimento in capitale di rischio), nominato 10 giorni fa al posto di Dario Cossutta, dimessosi nell’ottobre scorso.
Tutti gli amministratori pubblici nazionali e regionali di Sviluppo Italia di cui sopra manterranno tranquillamente i loro incarichi privati.
Berlusconi evidentemente ha fatto scuola !
 Truffa da 200 miliardi
“In alcune aziende non c’era traccia di giovani imprenditori o questi erano stati utilizzati solo per ottenere il via libera agli aiuti”…
La Procura di Roma ha messo sotto accusa 40 aziende per truffa nei confronti dello Stato e della Ue.
E Carlo Borgomeo, amministratore delegato di Sviluppo Italia e – all’epoca – presidente della società per l’Imprenditorialità giovanile (Ig Spa) è indagato per abuso d’ufficio per aver omesso i necessari controlli.
La Finanza ha evidenziato anche numerose violazioni fiscali per “presunte fatture false relative a operazioni inesistenti” (IlSole24ore,22-2-01).
Sviluppo Italia si è difesa come Romiti, e ha sottolineato che dal 1987 le giovani imprese finanziate dalla legge 44 sono state tante (1.089 aziende e 2.804 miliardi erogati).
Le biotecnologie di Sviluppo Italia
Secondo il presidente Umberto di Capua “Sviluppo Italia, l’agenzia governativa per lo sviluppo, punta sulle biotecnologie, favorendo progetti e l’insediamento di imprese sul territorio. … La nostra maggiore attenzione sarà dedicata al settore della farmaceutica e alle applicazioni nell’area farmaceutica” (IlSole24ore,2-8-00).
Giuseppe Vita, amministratore di Sviluppo Italia, è presidente della Sharing, uno dei principali gruppi farmaceutici del mondo.
La Sharing ha “intenzione di quotare la sua divisione biotecnologica in borsa” (IlSole24ore,21-3-00).
Lo scorso anno una società della Sharing, la Aventis Crop-Science, ha avuto una “disavventura” negli Usa:
“aveva infatti mescolato mais tradizionale con mais geneticamente modificato …” (IlSole24ore,8-2-01).
Anche i contratti di programma saranno trasferiti dal Tesoro a Sviluppo Italia: nei giorni scorsi il Parlamento ha dato il via libera definitivo.
cobasalfaromeo,3-3-01
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L’ex amministratore delegato di Sviluppo Italia, Massimo Caputi, il numero uno di ’Leonardo Capital Fund’, Stefano Roma, l’ad di ’Bper’, Guido Leoni e Andrea Nattino, dirigente della private banking di Banca Finnat sono indagati a Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla tentata scalata di Unipol a Bnl. Secondo quanto si e’ appreso il reato ipotizzato nei loro confronti e’ la manipolazione del mercato. Si tratta del filone di indagine sul cosiddetto ’contropatto’ avviato nei mesi scorsi, dopo accertamenti compiuti dai finanzieri del Nucleo valutario della Guardia di finanza di Roma, tranche nella quale sono indagati tra gli altri, Francesco Gaetano Caltagirone, Stefano Ricucci, Danilo Coppola e altri ’contropattisti’.
Caputi e’ attualmente azionista di riferimento della societa’ ’Feidos’ con il 94% delle quote. Roma e’ invece titolare del fondo ’Leonardo Capital Fund’, con sede legale nelle Isole Vergini Britanniche, ed ebbe, secondo gli inquirenti, un ruolo nel rastrellamento azionario che accompagno’ il tentativo di scalata di Unipol. Il filone di indagine, avviato dai pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, relativo al cosiddetto contropatto, ha svelato i retroscena sulla alleanza tra immobiliaristi e raider capitanata da Francesco Gaetano Caltagirone che rastrello’ e poi rivendette a Unipol oltre il 27% di Bnl.
Gli indagati dell’inchiesta romana sulla fallita scalata all’istituto di via Veneto sono ventinove: tra questi figurano gli ex vertici di Unipol, Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti, l’ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, l’ex responsabile della vigilanza di Palazzo Koch, Francesco Frasca e tutti gli esponenti del contropatto: oltre a Caltagirone, Danilo Coppola e Stefano Ricucci, ci sono Giuseppe Statuto, i fratelli Ettore e Tiberio Lonati, Vito Bonsignore, Giulio Grazioli.
Giampiero Nattino e signora
© Foto U.Pizzi
Tra gli altri indagati figurano anche alcuni banchieri: Guido Leoni di Banca Popolare dell’Emilia Romagna, l’ad di Banca Finnat Giampiero Nattino, il figlio Andrea. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, sono manipolazione del mercato, aggiotaggio informativo e ostacolo all’attivita’ di vigilanza. L’inchiesta comincio’ tre anni fa, dopo il ’risiko’ bancario per acquisire la Bnl (poi finita ai francesi di Bnp Paribas) tra l’istituto di credito basco Bbva (appoggiato da Generali e dalla Dorint di Diego Della Valle) e Unipol.
Furono indagati a Roma l’ex numero uno di via Stalingrado, Giovanni Consorte, il suo ex vice Ivano Sacchetti e il finanziere bresciano Emilio Gnutti. Poi le Fiamme Gialle del valutario di Roma ricostruiscono i movimenti di circa l’80% del capitale di Bnl tra la fine del 2003 e il 31 maggio del 2005. Movimenti che avrebbero fruttato plusvalenze milionarie. I magistrati capitolini hanno intanto chiesto questi giorni a chiedere una ulteriore proroga di sei mesi delle indagini
Dagospia 01 Febbraio 2008
SVILUPPO ITALIA
UN COLPO FATALE DI “SOLE” BRUCIA DOMENICO ARCURI – DE BORTOLI DURISSIMO CON NOMINE, SCELTE E OPERAZIONI DEL NUOVO AMMINISTRATORE DI SVILUPPO ITALIA – I TANTI AMICI DELLA DELOITTE NON SI DIMENTICANO…
Mariano Maugeri per “Il Sole 24 Ore”
Chiamatele, se volete, rimpatriate. Oppure, alla francese, rendez-vous: tra vecchi commilitoni, compagni di liceo o ex colleghi non fa differenza. A chi non piace celebrare gli amarcord di una promettente gavetta?
Domenico Arcuri, dalla natìa Melito Porto Salvo, costa ionica calabrese, di strada ne ha macinata. Consulente d’impresa, protagonista di quello che lui chiama memorabile turnaround della Deloitte dopo gli scandali delle certificazioni taroccate ai bilanci di Parmalat e Cirio, asceso proprio un anno fa al soglio di via Calabria, in Roma, sede di uno dei più inutili e costosi contenitori della Repubblica. Sviluppo Italia è una dépendance del Governo. Con ironia sicuramente involontaria è stata ribattezzata Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti. Basta stabilire che cosa attrae e per conto di chi.
Quando arriva a via Calabria, Arcuri spulcia i bilanci, setaccia gli elenchi dei consulenti, sbircia quello interminabile dei consiglieri di amministrazione delle società controllate, ed emette una sentenza senza appello: Sviluppo Italia è una banca finanziata dai contribuenti dove i pochi invitati a frequentarla si sono allenati nell’arte di servire generosamente se stessi e i loro amici. Nulla di sensazionale: inciuci, dilapidazioni di denaro pubblico, arricchimenti illeciti, nepotismo sfrenato e la gemmazione di tante piccole Sviluppo Italia quante sono le regioni italiane. Con quel capolavoro dei proci calabresi che prima hanno spolpato Sviluppo Italia Calabria e ora si azzannano nella disputa dell’osso.
Io cambierò tutto, promette Arcuri, come una specie di Ulisse jonico: disboscherò le società controllate, caccerò i consiglieri di amministrazione, assumerò i più capaci e onesti, volerò in giro per il mondo per catturare grandi investitori che disertano l’Italia. La squadra è uno dei capitoli più corposi della storia del nuovo leader dell’Agenzia nazionale. Prima di tutto, un dettaglio: Arcuri sostiene di aver ceduto la partecipazione dell’1,9%che deteneva in Deloitte consulting, la società di revisione contabile della quale era partner, in coincidenza con il nuovo incarico al vertice di Sviluppo Italia («Qui ci ho rimesso metà del mio stipendio. E l’ho fatto con la passione del civil servant », ci disse ringhiando una mattina dell’agosto scorso).
Un posto, la Deloitte, nella quale ha lasciato il cuore e tanti amici. Uno di loro si chiama Massimo Orengo, ex socio unico e amministratore di Orma associati, una società di consulenza acquistata nel luglio del 2006 da Deloitte consulting e di cui, all’indomani dell’acquisizione, Arcuri diventa amministratore delegato al posto di Orengo. E il povero Orengo, che ha ceduto le quote di Orma alla Deloitte? In Sviluppo Italia c’è posto per tutti: consulente con 135mila euro di stipendio. Altra società di cui Arcuri è stato socio (al 50%), nonché ex amministratore delegato nell’era antecedente all’avvento in via Calabria, è la Pars, società di consulenza informatica. Co-amministratore delegato in Pars fino a metà febbraio 2008 è Fabrizio Pascale, figlio dei famosissimo boiardo Ernesto, padre-padrone della Stet, la finanziaria dell’Iri che controllava Telecom prima della scalata della razza padana.
Società di telecomunicazioni dalla quale arriva Gabriele Visco, figlio del viceministro Vincenzo (si veda Il Sole 24 Ore del 14 agosto 2008). Fabrizio, oltre che socio, è un grande amico di Domenico. E Ulisse non dimentica mai gli amici. Il 6 febbraio Fabrizio Pascale viene nominato consigliere di Italia Navigando, società controllata da Sviluppo Italia. Pascale, in materia, è un esperto: è stato consigliere di amministrazione di Festival crociere, compagnia crocieristica dell’armatore greco-cipriota Gerges Poulides: società fallita, con il sequestro dei beni mobili e immobili di tutti gli amministratori, Pascale compreso.
Una disavventura cui gli amici dovevano porre rimedio. Arcuri medita di piazzare il socio Fabrizio al timone di Italia Navigando, una delle missioni cruciali per i destini di Sviluppo Italia, imbalsamata dopo l’addio dell’ex Ad Massimo Caputi, cioè da oltre due anni. Proprio perché a Italia Navigando si attribuiscono grandi potenzialità, nel frattempo arriva il nuovo presidente. C’è un amichetto di D’Alema, Ernesto Abaterusso, che il mare, almeno lui, lo conosce perché è nato a Patù, pochi chilometri da Santa Maria di Leuca. Abaterusso, oltre a essere stato un sanguigno deputato dei Ds, è consulente di un’azienda calzaturiera e nella sua carriera di parlamentare si è distinto per una proposta di legge intorno alle questioni marinare: «Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura ».
Tanto basta per assegnargli uno stipendio di 90mila euro all’anno. Dimenticavamo: la Giunta delle autorizzazioni a procedere della Camera ricevette una richiesta dai magistrati di Lecce: in un momento di eccitazione, al grido di “ladro e bastardo”, Abaterusso stava per sbattere il megafono che impugnava sulla faccia del direttore Inps di Casarano.
Ma torniamo in mare. Nelle migliori marinerie ci sono i capitani coraggiosi e gli uomini che devono raccontarne le gesta. Senza Omero Ulisse non sarebbe mai esistito. Appena arrivato, Arcuri disse che l’Ufficio comunicazione era un moloch, una struttura elefantiaca e inutile. Via, allora, Elisabetta Rotolo, prescelta dall’ex Ad Massimo Caputi (proprio questa settimana è stata perfezionata la transazione: 400mila euro di ristoro per l’inopinata cacciata) e porte spalancate a Stefano Andreani, portavoce di Giulio Andreotti ai tempi d’oro; nello stesso ufficio già c’era il siracusano Toi Bianca, fidatissimo portavoce dell’ex ministra forzista, Stefania Prestigiacomo, (8mila euro netti al mese e un libro con sottotitolo imperdibile: anche i portaborse, nel loro piccolo, si scrivono); dentro, ancora, il gran capo della comunicazione Alberto Faustini, amico di Enrico Letta ed ex uomo comunicazione di Lorenzo Dellai, potente presidente della Provincia di Trento; dentro la bella Deborah Pardo, ex collaboratrice trombata della rubrica Periscopio di Panorama; dentro Andrea Tognotti (65mila euro l’anno) ex addetto stampa presso il Dipartimento delle politiche di Sviluppo e coesione, appassionato e fervente cronista della marcia Perugia-Assisi.
Altro amico di vecchia data, pure lui un passato in Deloitte, è il caprese purosangue Giuseppe Arcucci, chiamato come dirigente, dopo aver subito dallo stesso Arcuri un duro rodaggio come consulente per 12.500 euro al mese: laurea in Bocconi e una passionaccia per la narrativa osé. Con Sabina Marchesi ha scritto Distrazione fatale, un sexy thriller. Chissà quali incitamenti narrativi ricaverà dall’esperienza nell’Agenzia di Stato. Di ritratti potrebbe tratteggiarne a decine. Ad Arcuri piacciono i giornalisti dalla penna brillante. Se poi vantano padrini bipartisan, tanto meglio.
Qualche contatto altolocato lo garantisce anche Paolo Torresani, ex dinosauro della comunicazione Iri, ex uomo-stampa di Biagione Agnes, che provvidenzialmente ha risciacquato i panni delle partecipazioni statali centrifugandoli tra i circoli del Buon governo del senatore Marcello dell’Utri (ognuno ha la lavatrice che si merita).
In questo tragicomico Minculpop omerico, mancava una bella fanciulla, un simbolo della bellezza mediterranea. Per non scontentare nessuno, Ulisse ha scelto la sua Nausicaa tra i figli dei dipendenti dell’Agenzia di Stato. Maria Chiara Augenti, 24 anni, napoletana. Una parte nel film “Tre metri sopra il cielo” e una partecipazione nella soap opera “Un posto al Sole” le sono valsi un contratto da consulente per le pubbliche relazioni nell’Agenzia di Stato ( con la delicatezza di metterla a libro paga di una società esterna). Anche lei tra gli onesti e competenti del nuovo corso.
Tra gennaio e febbraio sembrava scomparsa dai corridoi di Sviluppo Italia: «Sta girando un nuovo film», rassicurava la mamma, dipendente dell’Ufficio legale. Alla fine dei ciak, Nausicaa-Augenti è riapparsa in via Calabria, dispensando sorrisi e cinguettando al grande capo. Nessuna «distrazione fatale» da parte della Augenti, giurano i colleghi. Per la pletora di Omero, Ulisse-Arcuri e la sua ciurma di rimpatriati, invece, non ce la sentiamo di garantire.
Publicado hace 27th February 2016 por Aldo Vincent

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