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Boxe, è morto Jake LaMotta: il leggendario 'Toro Scatenato'

Boxe, è morto Jake LaMotta: il leggendario 'Toro Scatenato'
Uno degli incontri tra LaMotta e Robison (ap)

 

All’età di 96 anni scompare l’ex campione del mondo dei pesi medi, un mito del ring. Memorabili le sua sfide contro Sugar Ray Robinson

ROMA – Giorno di San Valentino del 1951: è la fotografia per i posteri della vita di Jake LaMotta, il leggendario ‘Toro Scatenato’ che Martin Scorsese e Robert De Niro hanno trasformato in un quadro di celluloide. LaMotta, morto oggi a 96 anni, affrontava Sugar Ray Robinson, il suo avversario di sempre. Round spietati, selvaggi, in uno di quei giorni in cui Sugar Ray (secondo Carmen Basilio, altra leggenda dell’epoca, pugile eccezionale quanto gran figlio di puttana) si trasformava in un giustiziere. Alla tredicedima ripresa il pubblico della boxe, solitamente privo di scrupoli, implorava la sospensione del match: LaMotta all’angolo, e Sugar a martoriarne il volto di colpi. Poi finalmente l’arbitro diede lo stop. E per tutti, ricordando la strage compiuta da Al Capone il 14 febbraio dei 1929, quel match diventò il ‘massacro del giorno di San Valentino’. Jake in quel momento non era più campione del mondo dei pesi medi, ma in un moto d’orgoglio si avvicinò all’avversario e gli sussurrò: “Neanche stavolta mi hai buttato giù…”. Sei sfide leggendarie. Jake ne vinse solo una, e sulla brutalità dell’avversario amava fare una battuta: “C’è tanta violenza nel mondo, e molta di questa l’ha perpretata Sugar Ray su di me…”
Una frase in cui c’è tutto LaMotta, un uomo a cui la vita non ha regalato nulla. La famiglia, originaria della Sicilia, si era trasferita nel Bronx: non certo un posto per educande, ma un ghetto in cui anche girare con un pezzo di pane presentava dei rischi. Sembra che un giorno il piccolo Jake ebbe di che lamentarsi con il padre: alcuni bad boys volevano sottragli da mangiare. L’uomo lo guardò con durezza e gli diede un punteruolo rompighiaccio: ‘difenditi ragazzo’. La strada segnata: criminale o pugile, il Bronx dell’epoca non prevedeva grosse alternative.

Per ‘fortuna’ il padre lo incitava a combattere per le strade: Jake di pugilato non sapeva granché, aveva però capito che per sopravvivere in quell’inferno doveva colpire più duro dell’altro. Poi il pugilato lo imparò, e in fretta. A 19 anni era già professionista, peso medio atipico: non alto, le braccia tozze e corte. Ma sul ring era un toro che si scatenava e faceva venir dubbi ai propri avversari, che meditavano su quali peccati avessero commesso per meritare una simile punizione.
Al Capone ormai era acqua passata, ma la malavita nel pugilato contava parecchio. Frankie Carbo era quello che decideva, e per arrivare alla chance mondiale LaMotta dovette accettare di perdere un match. Una sofferenza che sfogò sul ring contro un uomo che aveva affascinato la Francia con il suo matrimonio con l’usignolo Edith PIaf, Marcel Cerdan . Jake quel match lo vinse, ma la rinvincita non ci fu mai: il sogno di Cerdan fu spezzato da un incidente aereo.

Addio a Jake LaMotta, Toro scatenato: la sua storia nel cult con De Niro

“Voglio solo che la gente sappia che è stato un grande uomo, sensibile, forte, dolce, ironico e con occhi che danzavano”, sono le bellissime parole della sua ultima moglie, la sesta. Ormai il vecchio Jake era stato abbandonato dalla gelosia. Quel demone che lo aveva posseduto soprattutto con Vickie, la seconda moglie, miss America, la bionda dal fascino ambiguo per la quale Robert De Niro, nella sua magistrale interpretazione di ‘Toro Scatenato’ che gli valse l’Oscar, caricava i suoi occhi di un odio estemporaneo. Non sopportava gli sguardi degli altri su di lei, così come Tiberio Mitri, il primo divo della boxe italiana, non accettava che la sua donna (Fulvia Franco, miss Italia) si facesse largo nel cinema americano mentre lui preparava la sfida al Toro. Jake, Tiberio, Vickie e Fulvia: un intreccio di passioni che coinvolse anche l’Italia del dopoguerra in quel 12 luglio del 1950. ”Non puoi essere simpatico sul ring. Io prima di ogni match non facevo sesso per due mesi, potevo diventare un animale pericoloso…” diceva LaMotta. E pericoloso lo fu per davvero: Mitri stoicamente terminò in piedi, ma l’incontro per lui fu un calvario.
Destino di un guerriero inesauribile, sopravvissuto molti anni a Mitri, che nella freddezza di un’alba decise di ascoltare l’ultimo gong sulle rotaie, voltando le spalle ad un treno in arrivo. Sopravvissuto di molti anni a Robinson, la cui mente presto

si smarrì dietro pensieri volati chissà dove. LaMotta scende dal ring a 96 anni: ha combattuto 106 volte, 83 vittorie, 19 sconfitte e 4 pareggi. Nell’angolo di aldilà dedicato ai pugili il primo ad aspettarlo sarà probabilmente Sugar Ray Robinson: la stessa faccia sorridente e cattiva di quel giorno di San Valentino. Siamo certi che Jake gli si avvicinerà sussurradogli un a cosa: “Ehi Sugar, anche questa volta non mi hai buttato giù…”
 

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