ROMA – Paghi una multa da un milione 160 mila euro. Ma intanto ti dividi, con gli altri operatori di telefonia e di Internet, una torta da almeno un miliardo 190 milioni, come maggiore fatturato. Benvenuti all’affare del secolo. I vincitori di questo superenalotto miliardario sono le società che hanno imposto ai loro clienti una bolletta ogni 28 giorni, invece di quella tradizionale mensile. Le quattro società sott’accusa (Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb) saranno quasi certamente multate dal Garante per le Comunicazioni (l’AgCom) per aver abbandonato la fatturazione mensile. Ma il Garante, che ha le armi parecchio spuntate, potrà sanzionare ognuna di queste aziende per un massimo di un milione 160 mila euro. La legge, tanto garantista, non permette di andare oltre questo modesto importo e per giunta rinvia la data della multa al 2018.

Bollette ogni 28 giorni, Agcom e operatori tlc in guerra: la videoscheda

Intanto però il Garante ha cominciato a calcolare quanti soldi le società guadagnano in più nel corso di un anno grazie alla nuova bolletta parametrata sui 28 giorni. Lo studio interno del Garante, ancora riservato e in via di perfezionamento, anticipa cifre impressionanti. Rivela che le aziende ricavano “quasi 900 milioni in più” – in un anno dai loro clienti della rete fissa. Sono quelli che usano il telefono tradizionale e soprattutto Internet. A questi 900 milioni bisogna aggiungerne altri 290 che pure sono fatturato aggiunto. I 290 milioni sono usciti, in questo caso, dalle tasche dagli italiani che hanno una sim per cellulare con un abbonamento annesso. Per loro, l’esborso aggiunto si è concretizzato nel 2016 rispetto al 2015.
Ed eccoci al miliardo e 190 milioni di maggiori ricavi (900 più 290). La cifra peraltro non tiene conto delle sim ricaricabili alle quali per prime è stata applicata la stessa manovra tariffaria. La bolletta ogni 28 giorni per la telefonia fissa, per Internet, per le sim con abbonamento e per milioni di sim ricaricabili – significa pagare 13 volte in un anno, invece delle vecchie dodici. Avvicinato a un convegno dell’Università Luiss di Roma, Antonio Nicita si schermisce. Dice l’economista, che è uno dei cinque componenti del Garante per le Comunicazioni: “Lei mi sta citando stime sul maggiore fatturato delle aziende che sono contenute in una nostra analisi ancora non pubblica. Si tratta di calcoli che mi sembrano fondati, ma il nostro lavoro dovrà essere approfondito e affinato. Vorrei aggiungere, nell’attesa, alcune cose”.
“Abbiamo notato”, spiega Nicita, “che la bolletta emessa su 28 giorni non ha comportato una fuga dei clienti dalle aziende malgrado queste siano responsabili di un così marcato aumento dei prezzi. Ci troviamo di fronte a un caso di “anelasticità al prezzo” in un contesto oligopolistico”, cioè in un habitat dove dettano legge poche imprese fortissime. “Sembra che i consumatori non abbiano compreso a pieno i significati e le implicazioni della manovra tariffaria; non hanno colto cioè che sono stati investiti da una crescita significativa dei prezzi. E sono rimasti fermi, senza reagire in alcuna maniera”.
Il Garante per le Comunicazioni, dunque, non contesta l’aumento dei prezzi in sé. Piuttosto prende di mira quest’assenza di trasparenza nelle società e di consapevolezza nei clienti, bersaglio di una modifica in corsa dei tempi di fatturazione. “Non basta comunicare alle persone che qualcosa è cambiato nelle modalità di pagamento”, si accalora Antonio Nicita, “quello che conta è l’efficacia della comunicazione in termini di comprensione. Il consumatore – soprattutto se ha firmato un contratto con rinnovo automatico – tende a essere distratto e pigro. E in un certo senso ha il diritto di essere così. Proprio per questo deve essere informato in modo puntualissimo dalle imprese, altrimenti siamo al limite dell’inganno. Il nostro ruolo come garanti? Vogliamo tenere vivo il tema e scuotere le famiglie perché tornino pienamente consapevoli della situazione che stanno vivendo. E guardiamo con fiducia al Parlamento perché ci doti di armi più efficaci e appuntite”.