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Ambrosini: "Chiuse in un armadio le carte dell'ammanco nei conti di Finpiemonte"

Parla il presidente della finanziaria regionale che ha denunciato in Procura le presunte irregolarità delle quali sarebbe accusato il predecessore Gatti

È stato Stefano Ambrosini, da agosto presidente di Finpiemonte, a portare in procura i documenti che incastrerebbero Fabrizio Gatti nello scandalo dei bonifici personali dal conto svizzero della finanziaria della Regione. Ed era stato lui a assistere Gatti nella vicenda del salvataggio della Gem, società con la quale l’ex presidente di Finpiemonte ha portato avanti l’operazione immobiliare, finita male, della palestra di Collegno.
Professore, era a conoscenza dei problemi di Gatti dopo la chiusura del concordato per la Gem?
«Al di là della stima, io non sono mai stato il suo avvocato di fiducia. In un’unica (oggi devo dire malaugurata) occasione ho affiancato il collega Andrea Bernardini, che già da tempo se ne occupava, nella consulenza per la ristrutturazione dei debiti della Gem. Peraltro ho affidato la pratica, non esattamente importantissima, a un mio collaboratore, che insieme a Bernardini l’ha condotta in porto».
Per il salvataggio di Gem, si era fatta avanti Gesi, la società che fa riferimento a Pio Piccini, l’uomo del crac Agile Eutelia. Quanti soldi aveva promesso?
«Mi pare 6 milioni e mezzo».
Le risulta che poi l’abbia poi fatto?
«Dopo il via libera in Tribunale nessuno ci ha più chiesto nulla».
Come è possibile che in un anno e mezzo nessuno sia sia accorto dell’ammanco dai conti di Finpiemonte e lei l’abbia scoperto in due mesi?
«In realtà già a giugno, mi riferisce il direttore generale Cristina Perlo, gli uffici di Finpiemonte, evidentemente già insospettiti, hanno chiesto il rientro delle giacenze dalla Svizzera, reiterando la richiesta nei mesi successivi. A ottobre vengo informato e decido di scrivere direttamente al presidente di Vontobel per ottenere l’immediata chiusura del conto corrente e l’accredito delle somme che ritenevamo giacenti. Mi rispondono che in realtà non esiste un conto, bensì una gestione patrimoniale orientata a investimenti rischiosi! Dispongo allora un’immediata indagine attraverso l’internal auditing, la cui responsabile trova, riposti in un armadio, gli estratti conto “fantasma” da cui, per la prima volta, emergono gli ormai famosi bonifici senza giustificazione. Confido al direttore Perlo i sospetti emersi quel giorno stesso relativamente a Gesi e Gem, dopodiché presento la denuncia».

Ambrosini: "Chiuse in un armadio le carte dell'ammanco nei conti di Finpiemonte"

Gli uffici non avrebbero dovuto accorgersi dell’ammanco?
«Credo ci siano state negligenze, ma voglio escludere, fino a prova contraria, complicità dall’interno».
Può dirci quale nome è indicato in calce ai bonifici?
«La magistratura se ne sta occupando».
Sono emerse altre irregolarità?
«C’è un’indagine in corso che appurerà sino in fondo l’accaduto».
Che idea si era fatto sull’opportunità dell’investimento di Finpiemonte in Svizzera prima di scoprire la “frode”?
«Mi era stato riferito dal direttore generale, in perfetta buona fede, che quella banca era l’unica a garantire il 2 per cento sulla liquidità. Almeno così pensavano in Finpiemonte».
Nel passaggio di consegne Gatti aveva accennato a un rapporto tra Gem e Finpiemonte?
«Assolutamente no. Si è parlato di problemi gestionali e delle prospettive per la società, specie nella sua nuova veste di intermediario».
Che opinione aveva avuto di Gatti nella vicenda della palestra?
«Non saprei dire, anche perché in quel periodo lo incontravano assai più spesso di me gli altri consulenti. In un’occasione, però, ebbi la netta impressione che fosse sottoposto a una pressione fortissima e fu quando gli dicemmo che occorreva un investitore capiente e seriamente intenzionato, altrimenti non avremmo potuto presentare il piano e raggiungere un accordo con i creditori».
Quando è stato nominato ai vertici di Finpiemonte, ha parlato con Chiamparino e De Santis dei suoi rapporti con Gatti?
«Non c’era nulla di cui parlare, perché nessuno sapeva niente– né avrebbe potuto sapere – di un possibile rapporto fra Gem e Finpiemonte. Il fatto poi che io fossi stato, oltre un anno prima, uno dei consulenti di Gem era di pubblico dominio, ma nessuno ha mai eccepito nulla, perché non c’era alcun conflitto d’interessi».
Forse però il suo ruolo nella vicenda Gem potrebbe minare l’autorevolezza della denuncia?
«Lo escludo».
La Lega ha chiesto le dimissioni sue e del cda: cosa pensate di fare?
«Continuare a svolgere il nostro lavoro con il consueto impegno e serietà e, soprattutto, con la serenità di chi ha la coscienza completamente a posto».

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